CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 settembre 2013, n. 20486
Reverse change – Omessa auto fatturazione – Detrazione Iva – Sussiste
Svolgimento del processo
L’agenzia delle Entrate di Torino ha notificato
alla società I.D. di B. V. & C. s.a.s. un avviso di accertamento in relazione alla mancata emissione di autofattura, ai sensi dell’art. 17 terzo comma DPR 633/1972, a seguito di prestazioni di consulenza tecnica e commerciale espletate nel 1999 nei suoi confronti da una società spagnola e da questa regolarmente fatturate.
Avverso l’avviso di accertamento la società presentava ricorso chiedendone l’annullamento alla Commissione Tributaria provinciale di Torino la quale, con sentenza nr. 113/24/05 del 18/1/2006, accoglieva il ricorso ritenendo la violazione di natura meramente formale.
Su ricorso in appello proposto dall’Ufficio delle Entrate, la Commissione tributaria regionale del Piemonte, con sentenza nr.49/31/07 depositata in data 9/11/2007, confermava la sentenza di primo grado. Avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Piemonte ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con tre motivi, ha resistito la società con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta nullità della sentenza per mancanza di motivazione ex art. 360 nr. 4 cpc in quanto il giudice di appello ha motivato la sentenza richiamandosi a quella di primo grado senza pronunciarsi sui motivi e le censure proposte.
La censura è infondata. Infatti la sentenza impugnata risulta conforme al disposto dell’art. 36 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in tema di contenzioso tributario, – secondo cui la sentenza deve contenere, fra l’altro, la “concisa esposizione dello svolgimento del processo” e “la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto” – ed infatti contiene il minimo indispensabile necessario a dar conto del rigetto dell’appello attraverso la concisa esposizione dei fatti rilevanti della causa, rendendo possibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo. Deve essere precisato che l’obbligo di esame e di motivazione del giudice non implica risposta ad ogni singola eccezione specie se la domanda non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logica e giuridica della pronuncia. A tale proposito è stato affermato che (Sez. 2, Sentenza n. 20311 del 04/10/2011) “per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.”
2. Con il secondo e terzo motivo di ricorso la ricorrente Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17 comma 3 e 7 comma 4, e D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 44, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 cpc nonché l’omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo consistente nella “neutralità dell’operazione” in relazione all’art. 360 n. 5 cpc in quanto la CTR ha affermato che non sussiste evasione d’imposta in caso di mancato adempimento all’obbligo di auto fatturazione e versamento del tributo e che l’operazione è fiscalmente neutra.
3. I due motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati. Infatti è stato più volte affermato da questa Corte che, nel meccanismo del reverse change, l’inosservanza da parte del contribuente delle formalità prescritte dalla normativa nazionale, ossia dell’obbligo dì emettere autofattura, non può privarlo del suo diritto a detrazione, giacché il principio di neutralità fiscale esige che la detrazione dell’IVA a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali siano stati soddisfatti, anche se taluni obblighi formali siano omessi dai soggetti passivi (essendo tali, in presenza di reverse change, i cessionari o committenti): in tal senso, Corte di giustizia UE, sent. 8.5.2008, in cause riunite C-95/07, C-96/07 le cui massime, per quanto interessa, sono le seguenti:
“L’inosservanza da parte di un soggetto passivo delle formalità imposte da uno Stato membro in applicazione dell’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva non può privarlo del suo diritto a detrazione posto che, in forza del principio di neutralità fiscale, la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto a monte deve essere accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi”; “I provvedimenti adottati dagli Stati membri affinché i soggetti passivi assolvano agli obblighi di dichiarazione e di pagamento o agli altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi, non possono essere utilizzati in modo tale da rimettere sistematicamente in questione il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto. Orbene, una prassi di rettifica e di accertamento che sanziona l’inosservanza, ad opera del soggetto passivo, degli obblighi contabili e di dichiarazione con un diniego del diritto a detrazione, eccede chiaramente quanto necessario per conseguire l’obiettivo di garantire il corretto adempimento di tali obblighi ai sensi dell’ art. 22, n. 7, della sesta direttiva, posto che il diritto comunitario non vieta agli stati membri di irrogare, se del caso, un’ ammenda o una sanzione pecuniaria proporzionata alla gravità dell’infrazione, allo scopo di sanzionare l’inosservanza dei detti obblighi”. Conseguentemente, secondo Cass. V sezione nr. 10819 del 5/5/2010 “qualora risulti che nel caso concreto furono adempiuti (sia pure in modo formalmente irregolare) gli obblighi sostanziali di assunzione del debito IVA, mediante annotazione della fattura nel registro degli acquisti, deve essere quindi riconosciuto il diritto alla detrazione e la contribuente non sarà tenuta a versare alcuna somma all’ erario a titolo d’imposta quale effetto dell’accertamento. In secondo luogo, qualora gli obblighi sostanziali siano stati assolti, sia pure in forma irregolare (non secondo il meccanismo dell’inversione contabile), la sanzione è dovuta nella misura stabilita, per tale ipotesi, dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 6, comma 9 bis, norma introdotta dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 155, entrata in vigore il 1.1.2008, applicabile al caso in esame, in virtù del principio dì legalità di cui alla disposizione contenuta nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, comma 3”.
Per quanto sopra deve essere respinto il ricorso proposto e l’Agenzia delle Entrate soccombente deve essere condannata alle spese di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano complessivamente in € 2.500,00.
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