Corte di Cassazione sentenza n. 21610 del 3 dicembre 2012
LAVORO (RAPPORTO DI) – RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO – ORARIO DI SERVIZIO – TURNI – GIORNATA FESTIVA INFRASETTIMANALE
massima
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Chi svolge la prestazione lavorativa con il sistema dei turni, funzionale all’esigenza di continuità del servizio, si applica ove la prestazione cada in giornata festiva infrasettimanale, che compensa il disagio con la maggiorazione del 30 per cento della retribuzione.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 22 ottobre 2009 la Corte di Appello di L’Aquila rigettava il gravame proposto da (OMISSIS), agente di polizia municipale turnista, avverso la sentenza del Tribunale di Teramo che, accogliendo l’opposizione proposta dal Comune di Teramo, aveva revocato il decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento del compenso aggiuntivo previsto dall’art. 24, comma 1, c.c.n.l. 14.9.2000 regioni e autonomie locali, per l’attività lavorativa prestata nella giornata della domenica, rivendicato dalla dipendente in cumulo con la maggiorazione già percepita per il lavoro prestato in turno nei giorni festivi ai sensi dell’art. 22 dello stesso contratto.
Osservava la Corte di appello che, alla stregua dell’interpretazione letterale delle disposizioni contrattuali, l’indennità prevista dall’art. 22 per il lavoro prestato nel turno è diretta a compensare interamente il disagio derivante dalla particolare articolazione dell’orario di lavoro, con la previsione di una maggiorazione oraria del 30% per il turno festivo diurno e del 50% per il turno festivo notturno; il riposo settimanale è quello in cui l’agente di polizia municipale, in base alla turnazione, non deve espletare la propria prestazione lavorativa non necessariamente coincidente con la domenica.
Per la prestazione lavorativa di domenica, in regime di turnazione, l’agente di polizia municipale usufruisce del compenso di cui all’art. 22 citato.
Nella diversa ipotesi, non riguardante la fattispecie dedotta in giudizio, che “per particolari esigenze di servizio”, non identificabili nell’articolazione del servizio per turni, il lavoratore venga chiamato a lavorare anche nel giorno (festivo o meno che sia) in cui secondo il turno gli spetterebbe il riposo settimanale, compete la maggiorazione di cui all’art. 24, comma 1, c.c.n.l., costituita dalla retribuzione giornaliera maggiorata del 50% con diritto al riposo compensativo.
Sulla base delle esposte considerazioni la Corte d’appello riteneva, quindi,irrilevante la verifica dei tabulati marca tempo, atteso che non riguardavano la prova che la prestazione lavorativa svolta la domenica coincidesse con la giornata destinata a riposo settimanale.
Avverso tale sentenza la lavoratrice propone ricorso articolato in tre motivi, cui resiste con controricorso il Comune di Teramo.
Le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 22 e dell’art. 24, commi 1 e 4, c.c.n.l. per il personale del comparto regioni e delle autonomie locali del 14.9.2000 e dell’art. 12 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Sostiene la ricorrente che dalla lettura sistematica delle disposizioni contrattuali non si ricava il principio della alternatività della maggiorazione prevista per i lavoratori turnisti che prestino attività in giorno festivo (ex art. 22 ccnl) rispetto a quella che, a norma dell’art. 24 ccnl, compensa il disagio del lavoro cadente nella festività infrasettimanale.
Argomenti a sostegno della cumulabilità delle due maggiorazioni devono trarsi dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 9097 del 17 aprile 2007, oltre che dal tenore testuale dell’art. 24 c.c.n.l., comma 4 che prevede la possibilità del cumulo del trattamento di cui al comma 1 con altro trattamento accessorio collegato alla prestazione lavorativa.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 24, commi 1 e 2, c.c.n.l. per il personale del comparto regioni e delle autonomie locali del 14.9.2000 e dell’art. 12 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere la Corte territoriale correttamente distinto il “riposo compensativo” dal “giorno festivo infrasettimanale”. Il primo spetta a recupero delle maggiori prestazioni rese settimanalmente, mentre il secondo attribuisce un’indennità per il lavoro cadente nel giorno festivo, ossia per una prestazione non identificabile in quella resa nel giorno destinato a riposo. Il riferimento, contenuto nella sentenza impugnata, alle particolari esigenze di servizio come connesse ad un evento eccezionale non trova alcun fondamento nel testo del contratto collettivo.
I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente involgendo l’interpretazione delle stesse norme, sono infondati.
La rivendicazione nei confronti del Comune è stata avanzata da dipendente appartenente alla polizia urbana che lavora con il sistema dei turni, funzionale all’esigenza di continuità del servizio; non è controversa l’articolazione dei turni secondo l’orario ordinario di lavoro; nel turno possono cadere giornate festive (domeniche e festività infrasettimanali).
L’istituto delle “turnazioni” è disciplinato dall’art. 22 del contratto, che – al comma 5 – così dispone: “Al personale turnista è corrisposta un’indennità che compensa interamente il disagio derivante dalla particolare articolazione dell’orario di lavoro i cui valori sono stabiliti come segue: turno diurno antimeridiano e pomeridiano (tra le 6 e le 22) maggiorazione oraria del 10% della retribuzione di cui all’art. 52, comma 2, lett. C); turno notturno o festivo, maggiorazione oraria del 30% …; turno festivo notturno, maggiorazione oraria del 50% della retribuzione”. Va allora ricordato che, nella ricerca della comune volontà delle parti stipulanti un contratto collettivo, criterio prioritario di ermeneutica è il senso letterale delle pattuizioni.
Nel caso in esame, la previsione di cui all’art. 22, comma 5, rende palese la volontà delle parti di attribuire al dipendente che presti attività in giorno festivo ricadente nel turno un’indennità con funzione interamente compensativa del disagio derivante dalla particolare articolazione dell’orario di lavoro.
L’attuale ricorrente ha regolarmente percepito le maggiorazioni anzidette e segnatamente quelle che competono per il lavoro in turno prestato in coincidenza di giorni festivi. Ella ha rivendicato, per le medesime prestazioni lavorative rese all’interno del normale orario di lavoro, il cumulo con il compenso previsto dall’art. 24 del contratto (Trattamento per attività prestata in giorno festivo – riposo compensativo), il cui testo così dispone:
“1. Al dipendente che per particolari esigenze di servizio non usufruisce del giorno di riposo settimanale deve essere corrisposta la retribuzione giornaliera di cui all’art. 52, comma 2, lett. b) maggiorata del 50%, con diritto al riposo compensativo da fruire di regola entro 15 giorni e comunque non oltre il bimestre successivo.
2. L’attività prestata in giorno festivo infrasettimanale da titolo, a richiesta del dipendente, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo.
3. L’attività prestata in giorno feriale non lavorativo, a seguito di articolazione di lavoro su cinque giorni, da titolo, a richiesta del dipendente, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario non festivo.
4. La maggiorazione di cui al comma 1 è cumulabile con altro trattamento accessorio collegato alla prestazione.
5. Anche in assenza di rotazione per turno, nel caso di lavoro ordinario notturno e festivo è dovuta una maggiorazione della retribuzione oraria di cui all’art. 52, comma 2, lett. b), nella misura del 20%; nel caso di lavoro ordinario festivo – notturno la maggiorazione dovuta è del 30%”.
Secondo l’interpretazione della Corte territoriale, l’articolazione del servizio per turni comporta la possibilità che la prestazione ordinaria di lavoro ricada anche nella giornata della domenica, essendo ciò connaturato alla fisiologia del sistema e, ove ciò accada, il lavoratore ha diritto alla sola maggiorazione di cui all’art. 22, comma 5.
Quella di cui all’art. 24, comma 1, rivendicata dal ricorrente, presuppone infatti che “per particolari esigenze del servizio”, ossia per esigenze che esulano dall’articolazione ordinaria del lavoro – e in tal senso da intendere come situazioni straordinarie o occasionali -, il lavoratore turnista sia chiamato a lavorare nel giorno destinato a riposo settimanale.
Pertanto, per l’attività prestata la domenica in regime di turnazione, il lavoratore non può rivendicare la maggiorazione di cui all’art. 24, ma solo quella di cui all’art. 22.
Tanto premesso, deve rilevarsi che questa Corte ha già affrontato la questione delle prestazioni lavorative svolte secondo turni nell’ambito del normale orario di lavoro da dipendenti della polizia municipale, giungendo ad escludere la cumulabilità della maggiorazione dovuta per il lavoro a turno dei giorni festivi, ai sensi del citato art. 22, con il compenso di cui al successivo art. 24 (Cass. n. 8458 del 2010; v. pure sent. n. 2888 del 2012).
Con interpretazione che qui si intende confermare, è stato osservato che, ove la prestazione cada in giornata festiva infrasettimanale, come in quella domenicale, si applica l’art. 22, comma 5, del contratto collettivo 14 settembre 2000 sulle autonomie locali – che compensa il disagio con la maggiorazione del 30% della retribuzione -, mentre il disposto dell’art. 24 – che ha ad oggetto l’attività prestata dai lavoratori dipendenti, in giorni festivi infrasettimanali, oltre l’orario contrattuale di lavoro – trova applicazione soltanto quando i predetti lavoratori siano chiamati a svolgere la propria attività, in via eccezionale od occasionale, nelle giornate di riposo settimanale che competono loro in base ai turni, ovvero in giornate festive infrasettimanali al di là dell’orario di lavoro. I primi tre commi dell’art. 24 prendono in considerazione situazioni accomunate dal fatto che l’attività lavorativa viene prestata in giorni non lavorativi, ossia l’ipotesi di eccedenza, in forza del lavoro prestato in giorno non lavorativo, rispetto al normale orario di lavoro. Essi non individuano situazioni relative al lavoro prestato entro il limite del normale orario, quale deve ritenersi quello reso – di regola e in via ordinaria – dai lavoratori turnisti, per i quali è stata dettata la speciale disciplina di cui all’art. 22. La clausola contenuta nell’art. 24, comma 5 riferendosi al caso del dipendente che, fuori delle ipotesi di turnazione, ordinariamente, in base al suo orario di lavoro, è tenuto ad effettuare prestazioni lavorative di notte o in giorno festivo settimanale e gli assicura una maggiorazione di retribuzione compensativa del disagio dimostra che l’articolo in questione non concerne la regolamentazione del lavoro secondo turni.
Ove si seguisse l’interpretazione proposta dalla ricorrente, tale previsione sarebbe stata superflua poichè qualunque lavoro ordinario festivo darebbe luogo al trattamento di cui al medesimo art. 24, comma 2.
Parte ricorrente richiama un’altra sentenza di questa Corte (S.U. sent. n. 9097 del 2007, vertente sull’interpretazione delle antecedenti disposizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 268 del 1987, artt. 13 e 17).
Al riguardo deve rilevarsi, in via assorbente, che, sebbene pronunciata dalle Sezioni Unite, la sentenza non reca alcun principio di diritto che costituisca un vincolo per questa Sezione semplice ex art. 374 c.p.c., comma 3. Il motivo avente ad oggetto la questione interpretativa (ulteriore rispetto a quello vertente sulla questione della giurisdizione) è stato respinto, con conferma della sentenza impugnata, che è stata ritenuta immune da vizi per essere “non specificamente censurata dal ricorrente” in quel giudizio.
Ne consegue che il percorso ricostruttivo riportato in tale precedente giurisprudenziale non è altro che quello mutuato dalla sentenza del giudice di merito, non efficacemente censurato dall’allora ricorrente per cassazione e come tale non vincolante per questa Corte.
In conclusione, deve affermarsi che, in relazione al lavoro prestato in giorni festivi, il lavoratore turnista ha diritto alla maggiorazione di cui all’art. 24 c.c.n.l., comma 1 quando ciò avvenga in coincidenza con il giorno destinato a riposo settimanale (in tal caso, la maggiorazione spetta in aggiunta al riposo compensativo); ha diritto alla corresponsione del compenso di cui all’art. 24, comma 2 (in alternativa al riposo compensativo) quando la prestazione sia resa in giorno festivo oltre il normale orario di lavoro; ha diritto al solo compenso di cui all’art. 22, comma 5, per la prestazione resa in giorno festivo in regime di turnazione ed entro il normale orario di lavoro.
Nel presente giudizio la ricorrente non ha rivendicato le maggiorazioni di cui all’art. 24 c.c.n.l. per prestazioni rese in giorno destinato a riposo settimanale; non ha lamentato la mancata fruizione del riposo compensativo; non ha dedotto il superamento del normale orario di lavoro. Infatti, ha avanzato la sua rivendicazione per la stessa prestazione lavorativa resa in turno, nel normale orario di lavoro, solo in quanto coincidente con una giornata festiva infrasettimanale, così intendendo infondatamente cumulare due benefici previsti per finalità e situazioni diverse.
L’ipotesi del cumulo non è sostenibile nemmeno alla luce dell’art. 24, comma 4 il quale fa riferimento alla possibilità che la maggiorazione di cui al comma 1 concorra con altri trattamenti accessori collegati alla prestazione. Presupposto di tale previsione è che il lavoratore versi nell’ipotesi regolata dal comma 1 e dunque che abbia lavorato in giorno destinato a riposo settimanale. Conseguentemente, la possibilità del cumulo non può in alcun modo riferirsi alle ipotesi disciplinate dall’art. 22, comma 5, il quale, lo si è ricordato, regola le prestazioni rese dal lavoratore turnista entro il normale orario di lavoro, vale a dire situazioni ontologicamente diverse da quella che l’art. 24, comma 4, presuppone a suo fondamento.
In merito al secondo motivo di ricorso, specificamente diretto a censurare l’interpretazione dei primi due commi dell’art. 24 c.c.n.l., deve rilevarsene l’infondatezza per tutto quanto già osservato circa l’interpretazione complessiva del testo contrattuale.
Prima ancora, tuttavia,la censura è inammissibile nella parte in cui tende a fornire una ricostruzione delle questioni parzialmente divergente da quella sottesa alla domanda originaria.
Questa – come risulta dalla sentenza impugnata – aveva ad oggetto il riconoscimento della maggiorazione di cui all’art. 24, comma 1 la cui allegazione involgeva la questione della mancata fruizione del riposo settimanale, come correttamente ritenuto dal giudice di appello.
Le argomentazioni addotte a sostegno del secondo motivo del ricorso per cassazione si incentrano, invece, sull’interpretazione del comma 2 dello stesso articolo, relativo alla prestazione lavorativa resa in giorno festivo infrasettimanale e che prevede un trattamento mai richiesto {compenso per lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo).
Con il terzo motivo di ricorso, infine, si lamenta l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere i giudici di appello arbitrariamente identificato le “particolari esigenze di servizio” di cui all’art. 24, comma 1, c.c.n.l. in situazioni di carattere eccezionale, muovendo da presupposti privi di fondamento normativo.
Il motivo è inammissibile.
Esso si risolve,infatti, in una critica al significato che il giudice di merito ha attribuito al testo contrattuale e quindi non verte su un fatto controverso, ma sull’interpretazione di una norma che il giudice di legittimità ha il potere di interpretare direttamente. Infatti ove il ricorso per cassazione abbia ad oggetto la violazione dei contratti e accordi collettivi nazionali del pubblico impiego contrattualizzato (ai sensi del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, art. 63, comma 5), sono inammissibili le censure relative al vizio di motivazione nell’interpretazione della clausola controversa, stante l’irrilevanza della motivazione della sentenza impugnata a fronte del potere del giudice di legittimità di leggere direttamente il testo contrattuale e di enunciarne il significato (Cass. n. 8254 del 7 aprile 2010). Compito al quale si è proceduto in risposta ai primi due motivi di ricorso.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio sono poste a carico della parte soccombente ex art. 91 c.p.c.
Deve farsi applicazione del nuovo sistema di liquidazione dei compensi agli avvocati di cui al Decreto Ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9 conv., con modificazioni, in Legge 24 marzo 2012, n. 27. Tale Decreto n. 140 del 2012, art. 41 aprendo il Capo 7 relativo alla disciplina transitoria, stabilisce che le disposizioni regolamentari introdotte si applicano alle liquidazioni successive all’entrata in vigore del Decreto stesso, avvenuta il 23 agosto 2012.
Tenuto conto dello scaglione di riferimento della causa; considerati i parametri generali indicati nell’art. 4 del Decreto Ministeriale e delle tre fasi previste per il giudizio di cassazione (fase di studio, fase introduttiva e fase decisoria) nella allegata Tabella A, i compensi sono liquidati nella misura omnicomprensiva di euro 1.100,00 e di euro 40,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 1.100,00 per compensi e euro 40,00 per esborsi, oltre I.V.A. e C.P.A.
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