Corte di Cassazione sentenza n. 21633 del 19 ottobre 2011
AVVOCATO – ONORARI E COMPENSI – CRITERIO DI LIQUIDAZIONE ADOTTATO DAL GIUDICE
massima
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Il giudice, nel caso di liquidazione del compenso dell’avvocato, non può derogare ai minimi tariffari senza motivare la decisione.
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FATTO E DIRITTO
Con sentenza 28 novembre 2008 il tribunale di Roma accoglieva l’appello proposto dall’odierna ricorrente B.M. in ordine alla compensazione delle spese di lite sancita dal giudice di pace nell’accogliere l’opposizione avverso una cartella esattoriale.
Il tribunale rilevava che la compensazione delle spese non era stata motivata e provvedeva alla loro determinazione, in favore del difensore antistatario, liquidandole unitariamente per il doppio grado di giudizio in Euro 230.
B.M. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 28 settembre 2009 formulando i quesiti a conclusione dei due motivi di doglianza.
Il comune di Roma ha resistito con controricorso.
Ha eccepito che il giudice ha compensato in parte le spese di lite e che i minimi tariffari non hanno carattere inderogabile. Parte ricorrente ha depositato memoria. Il Collegio ha raccomandato una motivazione semplificata.
Il tribunale ha affermato in motivazione di voler liquidare le spese “avuto riguardo alla natura del procedimento”. Ma poi liquidato in 230 Euro complessive, “oltre oneri”, le spese “del doppio grado di lite”.
li primo motivo di ricorso fondatamente censura questa liquidazione perché contraria al disposto dell’art. 4 Cap. 1 delle tariffe allegate al d.m. 127/2004, in quanto inferiore ai minimi degli onorari ed ai diritti fissi ivi stabiliti.
Il secondo motivo lamenta l’ulteriore vizio della motivazione, costituito dalla mancata indicazione delle ragioni della riduzione adottata rispetto ai minimi tariffari.
Invano il controricorso oppone che il giudice di appello avrebbe compensato in parte le spese di lite.
Ciò non risulta affatto dalla motivazione, che era anzi, quanto al primo grado, espressamente tesa ad accogliere le doglianze della M. in ordine alla compensazione delle spese immotivatamente disposta dal primo giudice.
Quanto al secondo grado è chiaramente enunciato in sentenza il principio che le spese sarebbero state liquidate secondo soccombenza.
Le censure sono entrambe fondate, poiché la normativa sui minimi tariffari è ancora in vigore, non essendo stata abrogata dalle disposizioni dell’art. 2 della L. 248/06, che consentono un accordo derogatorio tra le parti, nella specie non sussistente.
Il Tribunale non poteva quindi ridurre il compenso oltre i minimi o avrebbe dovuto almeno offrire motivazione di detta riduzione, misurandosi con la notula prodotta dal difensore, per consentire il controllo in sede di impugnazione.
La decisione è invece del tutto apodittica, non essendosi soffermata sulle ragioni né della entità delle spese liquidate, né della congiunta liquidazione per i due gradi di giudizio, in contrasto con il dovere di rapportarsi ai singoli gradi in cui si è svolto il giudizio di merito (v Cass. 17059/07).
Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso.
La sentenza va cassata e la cognizione rimessa ad altro giudice del tribunale di Roma, che si atterrà al seguente principio di diritto:
In materia di liquidazione degli onorari agli avvocati, il giudice d’appello non può limitarsi ad una apodittica fissazione dei compenso spettante al professionista, ma deve determinare, soprattutto in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, l’ammontare del compenso dovuto al professionista, specificando il sistema di liquidazione adottato e la tariffa professionale applicabile alla controversia, distinguendo ciascuno dei gradi di giudizio di merito, onde consentire l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti e dalle tariffe, anche in relazione all’inderogabilità dei minimi tariffari.
Provvederà altresì alla liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altro giudice del tribunale di Roma.
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