CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 settembre 2013, n. 21702
Previdenza – Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali – Indennità e rendita – Contributi o premi – Lavorazione non prevista dalle voci della tariffa – Inquadramento – Valutazione del rischio
Svolgimento del processo
Con ricorso del 20/11/97 la D.O.D.C. s.p.a convenne in giudizio l’Inail per sentir accertare che l’attività da essa svolta rientrava nella categoria 7130 del d.m. 18/6/88 e che il tasso medio di tariffa dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali da essa dovuti era pari al 33 per mille, oltre che per sentir dichiarare che era illegittima la richiesta dell’lnail di vederla condannata al pagamento della differenza sui premi per l’applicazione del diverso tasso del 100 per mille stabilito per la categoria 7111; conseguentemente la ricorrente chiese la condanna dello stesso istituto assicuratore a restituirle le somme eventualmente versate nelle more del giudizio. L’adito giudice del lavoro del Tribunale di Roma dichiarò che l’attività svolta dalla ricorrente rientrava nella categoria 7130 del d.m. 18/6/88 e che il tasso medio di tariffa dei premi era pari al 33 per mille; il medesimo giudice dichiarò, altresì, l’illegittimità della pretesa dell’lnail ad ottenere il pagamento dell’importo di lire 4.823.697.110 e lo condannò a restituire alla ricorrente la somma di lire 3.617.426.759.
La Corte d’appello di Roma, investita dall’impugnazione di tale decisione da parte dell’lnail, con sentenza non definitiva, depositata il 15/1/07, ha parzialmente accolto il gravame accertando che era applicabile, ai sensi dell’art. 8 delle modalità per l’applicazione della tariffa e per il pagamento dei premi, il tasso unico risultante dalla ponderazione dei tassi dedotti dalle parti in relazione alle tariffe ed ha disposto per la prosecuzione del giudizio.
Con sentenza definitiva, depositata il 13/10/09, la Corte territoriale ha dichiarato l’illegittimità della pretesa dell’lnail limitatamente alla somma di euro 429.643,03 per i premi e di euro 395.974,10 per le sanzioni, condannando l’istituto a restituire alla controparte l’importo di euro 636.290,00 in luogo di quello stabilito dal giudice di primo grado.
I giudici d’appello sono pervenuti alla suddetta decisione dopo aver osservato che l’attività di perforazione di pozzi profondi, espletata dall’appellata per conto di soggetti titolari di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi e risorse geotermiche, non era in sé attività di ricerca, né attività di coltivazione, né attività complementare ad una delle stesse, dato che la complementarietà presupponeva che l’esercente l’attività principale e quella complementare coincidessero, per cui trovava applicazione la disposizione del citato art. 8 che prevedeva la ponderazione su più voci di tariffa nel caso in cui l’attività principale, non prevista da una specifica voce di tariffa, non costituisse, come nella fattispecie, un complesso unitario di lavorazioni e fosse articolabile in più processi.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Inail che affida l’impugnazione ad un solo articolato motivo di censura.
Resiste con controricorso la D.O.D.C.. S.p.A. che propone, a sua volta, ricorso incidentale affidato a due motivi al cui accoglimento si oppone l’Inail. Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
Con un solo motivo l’Inail censura l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4 e 8 delle modalità per l’applicazione della tariffa di cui al DM del Ministero del Lavoro del 18/6/1988, nonché per errata applicazione del principio della ponderazione e per la conseguente mancata applicazione della voce di tariffa 7111 del predetto decreto ministeriale.
In sintesi, l’ente ricorrente sostiene che i giudici d’appello sono incorsi in errore nel ritenere applicabile l’art. 8 del D.M. 18/6/1988 che prevede la ponderazione su più voci di tariffa nel caso in cui l’attività principale, non contemplata da una specifica voce tariffaria, non costituisca un complesso unitario di lavorazioni e sia articolabile in più processi, mentre essi avrebbero dovuto tener conto dell’art. 4 dello stesso D.M. che prevede, invece, che la classificazione dell’attività da sottoporre a contribuzione venga effettuata attraverso l’analisi tecnica delle operazioni fondamentali che compongono la lavorazione stessa in modo da poterla ricondurre ad una determinata previsione tariffaria. Tanto premesso, l’ente assicuratore evidenzia che dall’accertamento tecnico d’ufficio era emerso che era pacifico che la società D.O. non coltivava miniere, in quanto provvedeva alle sole operazioni di prospezione mediante trivellazioni, attività, quest’ultima, riconducibile alla voce tariffaria 7110 (Prospezioni geologiche, geofisiche e ricerche minerarie), al cui interno era ricompresa la voce 7111 (ricerche minerarie e prospezioni geofisiche con metodi sismici, sondaggi e carotaggi meccanici, carotaggi geofisici). Precisa il ricorrente che le operazioni sussidiarie e complementari sono riconducibili alla lavorazione principale solo se svolte dallo stesso datore di lavoro, mentre nella fattispecie era pacifico, come accertato anche dallo stesso consulente d’ufficio, che l’intervento della società D. non riguardava le attività di sfruttamento del giacimento, bensì solo quelle di prospezione mediante trivellazioni. Era, perciò, da escludere che l’attività di trivellazione e perforazione svolta dalla società assicurata potesse essere ricondotta alla voce tariffaria 7130, non potendo ritenersi la stessa come complementare a quella di coltivazione delle miniere che era svolta da altre ditte. Quindi, secondo tale assunto difensivo, i giudici d’appello avevano errato a far riferimento alla finalità ultima alla quale era preordinata l’attività svolta dall’impresa D.O.D.C.. spa, anziché procedere all’analisi tecnica della lavorazione come richiesto dall’art. 4 del D.M. 19/6/1988, anche perché ciò che realmente rilevava ai fini delle tariffe assicurative era il rischio della lavorazione concretamente svolta e non la finalità ultima della stessa, cioè quella di ricerca o coltivazione e sviluppo delle miniere perseguita da altre imprese.
Il ricorso dell’lnail è fondato.
Invero, con riguardo alla determinazione del premio dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro secondo il sistema delle tariffe contributive approvate con decreto ministeriale, caratterizzato dalla classificazione tecnica delle lavorazioni suddivise in gruppi, per individuare la voce di tariffa applicabile occorre far riferimento alle caratteristiche tecniche delle lavorazioni svolte dall’impresa da assicurare in relazione al rischio ad esse proprio, senza che rilevi la finalità ultima alla quale le lavorazioni stesse possono essere preordinate a vantaggio di terzi. Orbene, nella fattispecie la Corte di merito avrebbe dovuto tener conto di quanto emerso dalla relazione tecnica d’ufficio in ordine al fatto che la società D.O.D.C.. S.p.a non coltivava miniere ma provvedeva alle operazioni di prospezione mediante trivellazioni, con la conseguenza che la stessa Corte avrebbe dovuto verificare la dedotta riconducibilità di tale attività alla indicata voce tariffaria n. 7110/7111 di cui al d.m. 18/6/1988.
E’ utile ricordare che questa Corte (Cass. Sez. lav. n. 10207 del 3/8/2000) ha già avuto occasione di affermare che “in tema di determinazione dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, ove si presenti una lavorazione non espressamente prevista dalla tariffa, l’inquadramento della stessa va effettuato attraverso l’analisi tecnica delle operazioni che la compongono, svolta con imprescindibile valutazione del rischio ad esse proprio, in modo da poter ricondurre la lavorazione ad una determinata previsione tariffaria (precisazione quest’ultima esplicitata dall’art. 4 del D.M. 6 giugno 1988), e il relativo accertamento compiuto dal giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici o giuridici. L’indicata analisi tecnica deve essere svolta con l’osservanza altresì del principio secondo cui nel concetto di lavorazione vanno comprese le operazioni complementari e sussidiarie svolte dal datore di lavoro in connessione operativa con l’attività principale e che, invece, è irrilevante la natura delle ulteriori attività, estranee all’ambito produttivo in esame, relative alla realizzazione del prodotto finale,” (in senso conf. v. anche Cass. Sez. lav. n. 11071 del 10/6/2004).
E’, altresì, fondato il rilievo per il quale non può applicarsi il criterio della ponderazione di cui all’art. 8 del citato D.M., poiché lo stesso non opera allorquando una ditta non svolge attività riconducibile a più di una voce tariffaria, mentre questa va individuata ai sensi dell’art. 4 dello stesso D.M. in base all’analisi tecnica della lavorazione effettuata (nel nostro caso trivellazione), senza che rilevi la finalità ultima della lavorazione, soprattutto quando svolta da ditta diversa.
In tal senso militano anche precedenti di questa Corte.
Da ultimo si è, infatti, statuito (Cass. Sez. Lav. n. 5649 del 7/3/2013) che “ai fini della classificazione delle lavorazioni per la determinazione dei premi dovuti dalle imprese all’INAIL per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, ove un’impresa svolga più lavorazioni, il giudice del merito, ai sensi dell’art. 2 del d.m. 18 giugno 1988, applicabile “ratione temporis”, deve in concreto accertare, tra le lavorazioni svolte, quale assuma la connotazione di lavorazione principale e, quindi, l’eventuale sussistenza della connessione funzionale tra lavorazioni complementari o sussidiarie e lavorazione principale e, solo all’esito positivo della predetta indagine, attribuire la voce tariffaria corrispondente alla lavorazione principale.”
Pertanto, il ricorso principale va accolto.
Col primo motivo del ricorso incidentale la difesa della società deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 352 e 420 c.p.c., nonché l’omessa e contraddittoria motivazione, assumendo che male ha fatto la Corte d’appello a non tenere in debita considerazione le conclusioni del consulente d’ufficio in ordine alla ritenuta irrilevanza, ai fini del rischio da assicurare, delle differenti tipologie dei pozzi perforati, dipendendo un tale rischio essenzialmente dall’attività di trivellazione di pozzi profondi e non dalla loro destinazione. Da tale rilievo la società deduce che non è condivisibile il risultato cui sono pervenuti i giudici di merito nel ritenere applicabile il criterio di cui all’art. 8 del D.M. 18/6/1988, in quanto sulla base del criterio dell’attività prevalentemente svolta, indicato dalla stessa Corte territoriale, doveva applicarsi la voce tariffaria n. 7130, sussistendo la medesima percentuale di rischio prevista da tale voce.
Tale motivo è infondato in quanto l’asserita erroneità della valutazione delle conclusioni peritali, da parte della Corte d’appello, non conduce, comunque, al risultato auspicato dalla difesa della società con riguardo all’applicazione dell’invocato principio della prevalenza dell’attività, dato il carattere dirimente delle ragioni sopra espresse a sostegno dell’accoglimento del ricorso principale dell’lnail.
Col secondo motivo del ricorso incidentale ci si duole della violazione e falsa applicazione del principio “solve et repete”, nonché dell’omessa e contraddittoria motivazione, in quanto si sostiene che l’ammontare delle sanzioni, così come rideterminato con la sentenza definitiva in base al tasso medio ponderato, non poteva essere conosciuto al momento della iniziale pretesa creditizia avanzata dall’lnail per la riscossione dei premi assicurativi e, pertanto, non poteva esservi un credito liquido ed esigibile atto a giustificare l’irrogazione di sanzioni pecuniarie in caso di inadempimento.
Anche tale motivo è infondato, atteso che è inconferente il richiamo alla regola del “solve et repete” al cospetto del principio correttamente applicato della automaticità delle sanzioni in caso di inadempimento.
Invero, come questa Corte ha già avuto occasione di statuire (Cass. Sez. lav. n. 17507 del 26/6/2008) “le sanzioni civili, quali le somme aggiuntive o gli interessi compensativi, previste per l’omesso o tardivo versamento dei contributi previdenziali, costituiscono una conseguenza automatica dell’inadempimento, in funzione di rafforzamento dell’obbligazione contributiva e di predeterminazione legale della misura del danno subito dall’Istituto previdenziale, prescindendo da qualsiasi indagine circa l’imputabilità e la colpa dell’inadempimento.
Conseguentemente, l’omesso o tardivo invio al domicilio dell’obbligato dei bollettini postali, destinati al pagamento dei contributi, non esclude, nel caso di omesso o tardivo adempimento dell’obbligazione contributiva, la soggezione dell’inadempiente alle sanzioni civili.” (in senso coni. v. Cass. Sez. lav. n. 14475 del 19/6/2009).
Pertanto, il ricorso incidentale va rigettato.
In definitiva, in conseguenza dell’accoglimento del solo ricorso principale va cassata la sentenza impugnata ed il procedimento va rinviato alla Corte d’appello di Roma che, in diversa composizione, si atterrà al principio sopra richiamato e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 30167 depositata il 12 luglio 2023 - In tema di infortuni sul lavoro, il compito di controllo del coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori sull'idoneità del piano operativo di sicurezza…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 ottobre 2020, n. 21702 - In tema di imposta di registro sugli atti giudiziari, alla sentenza di condanna ottenuta dal creditore sia nei confronti del debitore inadempiente che del fideiussore per il recupero di somme…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 ottobre 2020, n. 22156 - Il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile dichiarata in applicazione delle deduzioni introdotte dall'art. 1, comma 266, della legge n. 296/2006 (c.d. riduzione del cuneo…
- Corte di Cassazione sentenza n. 21956 depositata il 12 luglio 2022 - In tema di TARSU , nel caso in cui la rettifica venga operata sulla base di una variazione di superficie o di tariffa o di categoria, deve ritenersi sufficiente l'indicazione della…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 novembre 2020, n. 27085 - Riguardo al sistema tariffario per la determinazione dei premi dovuti all'INAIL, ove un'impresa svolga più attività e non sia possibile estrapolare dal risultato finale i singoli cicli di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 febbraio 2022, n. 5245 - Nel caso di variazione della lavorazione denunciata dal datore di lavoro, ai sensi del comma 1, che, fermo l'inquadramento, comporti una classificazione delle lavorazioni diversa da quella in…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…