CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 ottobre 2013, n. 22869
Lavoro – Estinzione del rapporto – Abbandono del posto di lavoro – Dipendente straniero – Mancata presenza della lettera scritta ai fini doganali – Mancata concessione delle ferie
Svolgimento del processo
La Corte di appello di Brescia con sentenza del 5.5.2011 respingeva l’appello proposto da J.K. avverso la sentenza del Tribunale di Brescia del 17.9.2010 con la quale era stata rigettata la domanda del K. di accertamento dell’illegittimità del licenziamento (orale secondo la prospettazione del ricorrente) intimatogli il 30.11.2005 dalla datrice di lavoro B.B. s.r.l. con conseguente diritto alla dichiarazione di inefficacia dello stesso ed al risarcimento del danno.
La Corte territoriale rilevava che il rapporto doveva considerarsi come risolto su iniziativa del lavoratore. La sig.ra D.B., procuratrice della società, in sede di risposta all’interrogatorio libero, aveva escluso che la società avesse concesso al K. un periodo di ferie per il Dicembre 2005. La B. aveva precisato che, quando ciò avveniva,veniva consegnata al lavoratore una lettera scritta a fini doganali il che non era avvenuto nel caso di specie; la B. vista l’assenza del K. si era informata dai connazionali dello stesso che le avevano riferito che l’appellante si era recato in Africa e che non voleva tornare più in Italia a lavorare. Il teste B., sindacalista CGIL, aveva dichiarato che, incaricato di seguire la vicenda del K., si era informato presso l’azienda che aveva mostrato grande stupore per l’iniziativa del lavoratore per riavere il posto di lavoro.
La teste C., impiegata della società, aveva a sua volta dichiarato che ad un certo punto si era accorta che il K. non si era recato più a lavorare; quando poi questi era tornato a ritirare i documenti di lavoro le aveva precisato che era stata una sua iniziativa quella di andarsene dal posto di lavoro; inoltre c’era una precisa prassi di predisporre una documentazione ad hoc per il rientro nel paese d’origine per le ferie. Pertanto questo insieme di elementi portava a concludere che il rapporto fosse stato sciolto dallo stesso K. che non sì era presentato al lavoro ed aveva poi richiesto la restituzione dei documenti di lavoro; se il K. fosse stato autorizzato a prendere le ferie avrebbe senz’altro conservato la relativa documentazione di carattere doganale: infine la società, se il lavoratore si fosse assentato senza permesso avrebbe avuto la strada più semplice della contestazione disciplinare, invece di licenziarlo oralmente. Non era emersa alcuna prova di un licenziamento orale posto che la società aveva solo restituito i documenti e pagato il dovuto quanto era stata richiesta di farlo.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il K. con cinque motivi: resiste controparte con controricorso che ha anche eccepito la nullità della procura in quanto priva della data e del luogo dì sottoscrizione.
Motivi della decisione
Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di inammissibilità della procura rilasciata priva di data e dell’indicazione del luogo ove è stata rilasciata che va disattesa in quanto la procura indica chiaramente che è stata rilasciata per il giudizio di Cassazione e pertanto certamente ha una data successiva al giudizio di appello e precedente al momento della notifica del ricorso alla controparte, requisiti richiesti dalla stessa giurisprudenza citata dalla parte intimata che pertanto risultano soddisfatti.
Con il primo motivo si allega la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. nella parte in cui si limita a riportare il mero contenuto delle dichiarazioni testimoniali senza spiegare per quali ragioni ne trae una certa conclusione.
Il motivo è infondato in quanto la sentenza impugnata dopo aver riportato le dichiarazioni rese dai testi B., C. e dal legale rapp.te della società B. in sede di interrogatorio libero pone in stretta correlazione tali dichiarazioni con l’accertamento dell’inesistenza di un licenziamento orale in quanto le dette dichiarazioni nel loro complesso comprovano che fu il K. spontaneamente a lasciare il luogo dì lavoro e che non risponde al vero che gli fu concesso un periodo di ferie.
La motivazione pertanto appare congrua, saldamente ancorata ai dati processuali e logicamente coerente, mentre le censure, oltre che di merito, non trovano riscontro nell’impostazione della motivazione del provvedimento impugnato.
Con il secondo motivo si allega l’insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo costituito dall’assenza di dichiarazioni testimoniali univoche circa le pretese dimissioni del lavoratore.
Anche il secondo motivo appare infondato in quanto come detto supra le dichiarazioni rese dai testi unitamente ad altri elementi come la mancanza di documentazione doganale per prassi predisposta per i lavoratori che rientrano nel paese d’origine per ferie hanno condotto la Corte territoriale ad escludere che al lavoratore fossero state concesse le ferie ed a stabilire che il posto di lavoro era in realtà stato spontaneamente abbandonato dal K.. La motivazione sul punto appare congrua e logicamente coerente; le censure appaiono di merito e dirette ad una “rivalutazione del fatto”, inammissibile in questa sede.
Con il terzo motivo si allega la motivazione contraddittoria su un fatto controverso e decisivo, costituito dall’assenza di dichiarazioni testimoniali univoche circa le pretese dimissioni del lavoratore.
Anche il terzo motivo appare infondato in quanto si tratta di una sostanziale reiterazione del motivo precedente.
La prova di un licenziamento “orale” dedotto dal K. non è stata offerta, mentre le dichiarazioni rese dai testi e quelle del legale rapp.te conducono unitamente ad altri elementi prima ricordati a ritenere che sia stato il lavoratore spontaneamente ad abbandonare il posto di lavoro, posto che è stato anche accertato che allo stesso non erano state concesse le ferie come allegato in ricorso. La motivazione non appare né insufficiente né contraddittoria visto che indica chiaramente gli elementi che conducono ad escludere che vi sia stato un licenziamento orale, mentre è emerso che fu il K. ad abbandonare il posto di lavoro.
Con il quarto motivo si deduce fa motivazione contraddittoria su un fatto controverso e decisivo costituito dall’assenza di riscontri probatori circa le pretese dimissioni del lavoratore per il fatto di aver presupposto una dichiarazione scritta del datore di lavoro circa la causa dell’assenza dal lavoro come necessaria per il rientro alla frontiera del lavoratore.
Infondato è anche il motivo che precede: la mancanza di una documentazione doganale è stato ritenuto un elemento comprovante la mancata fruizione nel periodo di assenza dal lavoro delle ferie che peraltro non risultano in alcun modo richieste alla luce del complesso delle risultanze probatorie. Si tratta di un mero elemento di riscontro di altre fonti probatorie che certamente- trattandosi di una prassi aziendale- il Giudice poteva tenere in considerazione. La motivazione appare quindi congrua e logicamente coerente; le censure di mero fatto.
Con l’ultimo motivo si allega la motivazione contraddittoria su un fatto controverso e decisivo, costituito dall’assenza di riscontri probatori circa le pretese dimissioni del lavoratore per il fatto di aver presupposto come necessaria una contestazione disciplinare scritta prima del licenziamento intimato in forma orale.
Anche l’ultimo motivo appare infondato.
La Corte territoriale ha osservato che il datore di lavoro, visto che il lavoratore si era assentato dal posto di lavoro senza giustificazioni di sorta, anziché intimare un recesso orale ben avrebbe potuto contestare l’assenza disciplinarmente. Si tratta di un elemento richiamato solo ad colorandum, che non costituisce in alcun modo il cuore argomentativo della decisione che invece è incentrata sugli altri elementi prima ricordati che portano ad escludere che sia stato intimato un recesso orale, atteso che il lavoratore spontaneamente aveva lasciato il posto di lavoro e non per fruire di ferie mai richieste. Pertanto il motivo aggredisce una parte della motivazione non determinante per la decisione.
Si deve quindi rigettare il proposto ricorso.
Le spese di lite del giudizio di legittimità-liquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 50,00 per spese, nonché in euro 3000,00 per compensi oltre accessori.
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