Corte di Cassazione sentenza n. 23080 del 14 dicembre 2012
LAVORO (RAPPORTO DI) – AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE – CREDITO D’IMPOSTA – NUOVE ASSUNZIONI IN AREE DEPRESSE DEL PAESE – CALO DEI LIVELLI OCCUPAZIONALI – CAUSE INDIPENDENTI DALLA VOLONTA’ DEL DATORE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 79 del 30/6/2006, depositata in data 14/7/2006, la Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, Sezione staccata di Sassari, accoglieva, con compensazione delle spese di lite, l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, in data 5/4/2004, avverso la decisione n. 14/1/2003 della Commissione Tributaria Provinciale di Nuoro, che aveva accolto il ricorso proposto dalla T. contro un provvedimento, emesso dal Centro Operativo di Pescara, attraverso l’ufficio territoriale competente di M., in data 22/5/2002, di revoca parziale di un credito di imposta accordato, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 449/1997 (a fronte dell’assunzione, in piccola-media impresa, di “otto nuovi dipendenti”), in seguito a decremento del livello occupazionale, per dimissioni volontarie di due nuovi dipendenti e licenziamento di un terzo nuovo dipendente, non successivamente reintegrati, ed al conseguente venir meno di una delle condizioni previste dalla norma (il mantenimento del livello occupazionale raggiunto), con annullamento dell’atto per sua carenza di motivazione.
La Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, Sezione staccata di Sassari, accoglieva il gravame dell’Agenzia delle Entrate e dichiarava corretta e congruamente motivata la revoca come disposta dal Centro Operativo di Pescara, osservando che, a fronte della riduzione sopravvenuta del livello occupazionale raggiunto a seguito delle nuove assunzioni nel periodo agevolato, legittimamente era intervenuta la revoca parziale del credito di imposta, senza necessità di “particolare motivazione, nel senso che, al di fuori della norma, non bisognava stabilire particolari ragioni per la revoca del credito di imposta, se non la comunicazione” di avvio del procedimento di revoca con l’indicazione delle violazioni riscontrate, “tal quale è stata fatta al ricorrente da parte del Centro di Servizi”. Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione la società T., deducendo quattro motivi di ricorso per cassazione, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c. (Motivo 1, in relaziono agli artt. 57 D.Lgs. n. 546/1992 e 345 e 112 c.p.c., non avendo i giudici tributari pronunciato sulla questione, proposta dalla contribuente in sede di costituzione, di inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle Entrate per violazione del divieto di novum; Motivo 2, in relazione agli artt. 3, 7 legge n. 241/1990 e 8 DM 311/1998, Regolamento in materia di incentivi fiscali per le piccole e medie imprese, non avendo i giudici tributari considerato le carenze di motivazione dell’atto impugnato, nonché la mancata comunicazione al contribuente dell’avvio del procedimento; Motivo 3, in relazione agli artt. 4, comma 5 L.449/1997, così come modificato dall’art. 3 legge n. 448/1998, ed ad alcune circolari ministeriali, non avendo i giudici tributari considerato, da un lato, che nel periodo agevolato l’impresa aveva mantenuto, grazie a nuove assunzioni, il livello occupazionale raggiunto e, dall’altro lato, che il decremento verificatosi relativamente alla cessazione del rapporto di lavoro di tre unità, per dimissioni volontarie e licenziamento, eventi questi imprevedibili ed indipendenti dalla volontà del datore di lavoro, non poteva costituire causa di revoca del credito di imposta ovvero, in via subordinata, per non avere i giudici tributari, tenuto conto degli errori di calcolo nella determinazione da parte dell’Ufficio del credito di imposta da revocare), e per insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c.
(Motivo 4, avendo i giudici tributari fatto confusione tra la revoca del credito di imposta, ex art. 4 comma 5 legge n. 449/1997, e la decadenza dal diritto al credito di imposta per mancata regolarizzazione dell’istanza di credito di imposta).
Ha resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è infondato. La posizione dell’Ufficio territoriale di M. in appello è stata invero di mera difesa, a fronte dell’impugnazione dell’atto da parte del contribuente, concretandosi nella richiesta di rigetto del ricorso avversario. Non vi è stata, di conseguenza, proposizione di domande e eccezioni nuove in appello, essendosi limitata l’Agenzia delle Entrate a difendersi in tale giudizio, (cfr. Cass. Trib. 8316/2012 e 3338/2011: “In tema di contenzioso tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall’art. 57 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, riguarda le eccezioni in senso tecnico, ossia lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa o estintiva della pretesa fiscale, ma non limita la possibilità dell’Amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio, perché le difese, le argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono, a loro volta, eccezioni in senso tecnico.”).
Infondati sono, del pari, il secondo ed il terze motivo.
Per quanto si evince dalla sentenza e dal ricorso (nel quale il contenuto dell’atto impugnato, di revoca parziale del credito d’imposta inizialmente accordato, non è peraltro ritrascritto), nella motivazione dell’atto di revoca parziale del credito di imposta, era evidenziato che la stessa era conseguente alla riduzione di tre unità lavorative per le quali si era richiesto il beneficio.
Ora, occorre prendere in esame il quadro normativo di riferimento.
L’agevolazione introdotta dall’art. 4 della L. 27.12.1997 n. 449 (recante misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) consisteva nel “riconoscimento” di un credilo d’imposta, a decorrere dall’1.1.1998, per l’incremento, tra l’altro, rispetto alla data del 30.9.1997, dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato, effettuato dalle piccole e medie imprese operanti in specifico ambito territoriale, nel periodo dall’1.10.1997 al 31.12.2000. Di contro, l’ultimo periodo del 1° comma dell’art. 8 del Regolamento approvato con Decreto del Ministro delle Finanze 3.8.1998 n. 311 attribuiva al Centro di Servizio delle Imposte Dirette di Pescara la competenza ad adottare il provvedimento di revoca, totale o parziale, del suindicato credito d’imposta, previa comunicazione all’impresa dell’avvio del procedimento, con l’indicazione delle violazioni riscontrate, relativamente alle quali l’impresa poteva fornire le proprie giustificazioni entro quindici giorni.
Recita l’art. 4 legge n. 449/1997, Incentivi per le piccole e medie imprese: “1. Alle piccole e medie imprese, come definite dal decreto del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato 18 settembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 1° ottobre 1997, in conformità alla disciplina comunitaria, che dal 1° ottobre 1997 al 31 dicembre 2000 assumono nuovi dipendenti è concesso, a partire dal periodo d’imposta in corso al 1 gennaio 1998, un credito di imposta per un importo pari a 10 milioni di lire per il primo nuovo dipendente ed a 8 milioni di lire per ciascuno dei successivi. Il credito di imposta non può comunque superare l’importo complessivo di lire 60 milioni annui in ciascuno dei tre periodi d’imposta successivi alla prima assunzione … 5. Le agevolazioni previste dal comma 1 si applicano a condizione che: a) l’impresa di cui al comma 1, anche di nuova costituzione, realizzi un incremento del numero di dipendenti a tempo pieno e indeterminato. Per le imprese già costituite al 30 settembre 1997, l’incremento è commisurato al numero di dipendenti esistenti a tale data;…c) il livello di occupazione raggiunto a seguito delle nuove assunzioni non subisca riduzioni nel corso del periodo agevolato”. Con il D.M. 3/8/1998 n. 311 all’ art. 8, si è disciplinata la revoca del credito di imposta, stabilendo che “il Centro di servizio delle imposte dirette e indirette di Pescara procede alla revoca totale o parziale del credito d’imposta, anche sulla base delle segnalazioni effettuate a seguito dei controlli di cui all’art. 7, quando non ricorrono i presupposti previsti dalla legge… Il Centro di servizio di Pescara, salva la facoltà di cui all’art. 7, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, comunica all’impresa cui è stato concesso il credito d’imposta l’avvio del procedimento di revoca del credito medesimo con l’indicazione delle violazioni riscontrate, relativamente alle quali l’impresa interessata può fornire le proprie giustificazioni entro quindici giorni dalla data di ricevimento della comunicazione dell’avvio del procedimento stesso.”. La lett. c) del comma 5 dell’art. 4 della legge n. 449 del 1997 prevede dunque che il livello di occupazione raggiunto a seguito delle nuove assunzioni non subisca riduzioni nel corso del periodo agevolate (un triennio). Pertanto, se, anche a seguito di atti non dipendenti dalla volontà del datore di lavoro, quali, ad esempio, il recesso (“dimissioni”) da parte del lavoratore, con riferimento ai lavoratori assunti nel periodo 1° ottobre 1997-31 dicembre 2000 (poi portato al 2001, per effetto della legge n. 448/2001), si verifica una riduzione del livello occupazionale raggiunto, ciò comporta, conseguentemente, una corrispondente revoca del credito, nel periodo d’imposta in cui detta riduzione è intervenuta, salvo che si verifichi la reintegrazione da parte dell’impresa del precedente livello occupazionale.
Orbene, secondo la ricorrente, la revoca del credito di imposta, fondata sulla tesi del decremento occupazionale (n. 3 unità), è illegittima, in quanto non tiene conto del fatto che, per effetto di antecedenti, assunzioni a tempo indeterminato, nonostante le tre cessazioni di rapporto, per recesso del lavoratore e licenziamento, si era mantenuto il livello di occupazione, nel rispetto della condizione prescritta dall’art. 4, c. 5°, lett. e) della legge n. 449/1997, non potendosi così ravvisare la circostanza di un’alterazione del riferimento numerico che dovrebbe essere stato indicato nel foglio della dichiarazione sostitutiva allegato alla richiesta del credito d’imposta.
Nella specie, il periodo considerato (pag. 2 ricorso) è stato 10/8/1998 – 9/8/2001 e viene allegato dalla ricorrente che, rispetto al livello occupazionale incrementato per effetto delle nuove assunzioni, nel 1998, non vi è comunque stata, tra il 2000 ed il 2001, la riduzione del livello occupazionale, da parte dell’impresa. Tuttavia, nella sentenza, nella parte relativa allo svolgimento, si dà atto che il credito di imposta era stato richiesto “nella misura di £ 46.000.000 in relazione all’assunzione a tempo indeterminato di otto nuovi dipendenti”, mentre nel ricorso si indicano fatti e periodi temporali diversi (numero dipendenti nel triennio in esame, differente, quattro, sei, sette, otto, sei, cinque), laddove l’accertamento di fatto, in difetto di prospettazione di vizi motivazionali della sentenza, è insindacabile in sede di legittimità. Sarebbe stato in sostanza necessario chiarire bene in ricorso di avere dedotte nel giudizio di merito che i nuovi assunti, dopo la richiesta di agevolazione fiscale (in quanto l’assunzione anteriore era irrilevante), non erano stati solo quegli otto ma di più.
Con riguardo poi alla violazione del disposto dell’art. 7 legge n. 241/1990 ed al mancato rilievo da parte dei giudici tributari del vizio dell’atto impugnato rappresentato dall’omessa comunicazione al contribuente dell’avvio del procedimento (cfr. Cass. S.U. 10367/2007: “La comunicazione prescritta dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990 costituisce attuazione del principio in forza del quale il procedimento amministrativo, quando è preordinato all’emanazione di provvedimenti che apportano limitazioni agli interessi dei privati, deve essere disciplinato in modo che i cittadini siano messi in grado di esporre le loro ragioni, sia a tutela dei propri interessi sia a titolo di collaborazione nell’interesse pubblico, prima che sia assunta la determinazione da parte dell’Amministrazione, sicché, ad eccezione dei procedimenti amministrativi diretti all’emanazione di atti normativi, generali, di pianificazione e di programmazione e dei procedimenti tributari, il principio di partecipazione ha una portata generale, non ammettendo deroghe se non nei casi espressamente previsti e che devono essere interpretati in modo rigoroso e dev’essere attuato sin dall’inizio del procedimento, mentre la mancata comunicazione può essere giustificata solo se l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 21 – octies della citata legge, dimostri che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato”), rileva la Corte che, nella sentenza impugnata, si afferma, proprio con riferimento alla revoca dell’incentivo fiscale quale disciplinata dal comma 5° dell’art. 4 legge n. 449/1997 e dall’art. 8 comma 1 D.M. n. 311/1998, che la revoca del credito di imposta non necessitava di particolare motivazione ovvero di particolari ragioni “al di fuori della norma”, vale a dire del venire meno dei presupposti indicati dalla normativa, “se non la comunicazione appunto tal quale è stata fatta al ricorrente da parte del Centro di Servizi”, aggiungendo che il contribuente ricorrente, “sulla base della ricevuta comunicazione con la quale gli è stato concesso il credito dì imposta ed avviato il procedimento di revoca del credito medesimo con le indicazioni delle violazioni riscontrate” avrebbe dovuto “fornire le proprie giustificazioni entro quindici giorni dalla data di ricevimento della comunicazione dell’ avvio del procedimento”, con accertamelo in fatto (in ordine alla intervenuta comunicazione al contribuente dell’avvio del procedimento) insindacabile in questa sede di legittimità.
Anche il quarto motivo è inammissibile ed infondato. In esso, non si lamenta in effetti un vizio di motivazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c., ma un’errata interpretazione di norma di diritto, in particolare l’art. 4 comma 5 legge n. 449/1997, assumendosi che la disposta revoca del credito di imposta era intervenuta non per mancata regolarizzazione della domanda ma per venire meno dei presupposti di legge. Il motivo comunque non è pertinente, in quanto la CTR non ha confuso le ipotesi normative distinte (decadenza e revoca) ed ha soltanto ritenuto sufficiente la motivazione espressa dall’Ente impositore, attraverso il riferimento al decremento del livello occupazionale, trattandosi di ipotesi di revoca contemplata proprio dal comma 5° dell’art. 4 legge n. 449/1997. La Corte rigetta pertanto il ricorso.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, in conformità del D.M. 140/2012, attuativo della prescrizione contenuta nell’art. 9, comma 2°, D.L. n. 1/2012, convertito dalla legge n. 271/2012 (Cass. S.U. 17405/2012), seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi € 1.200,00, a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito.
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