CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 ottobre 2013, n. 23943
Lavoro – Previdenza e assistenza – Gestione commercianti – Cartella esattoriale INPS – Regime di doppia contribuzione – Requisiti di partecipazione prevalente e continuativa
Ragioni della decisione
E.C. e V.V. chiedono l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Firenze, pubblicata il 22 maggio 2012, che, riformando la sentenza del Tribunale di Livorno, accogliendo l’appello dell’INPS ha rigettato le loro opposizioni a cartelle esattoriali.
Il C. propose opposizione alla cartella esattoriale INPS n. 61 del 2008 con la quale l’Istituto richiedeva il pagamento di contributi IVS commercianti in forza dell’iscrizione di ufficio del medesimo alla suddetta gestione disposta con verbale di accertamento del 16 aprile 2007 in relazione all’attività prestata come consigliere della Va. srl, di cui era amministratore, ma non socio essendo egli socio della “Immobiliare fratelli V. srl” comproprietaria al 96,66% della Va. srl.
Il V. propose opposizione alla cartella esattoriale 61 del 2008 con la quale l’INPS richiedeva il pagamento dei contributi IVS commercianti in forza della iscrizione d’ufficio del medesimo alla suddetta gestione disposta con verbale del 16 aprile 2007. Anche egli è amministratore della V. srl, ma non socio, essendo socio della “Immobiliare fratelli V. srl”.
Entrambi sostenevano di non essere obbligati all’iscrizione nella gestione commercianti non essendo soci della V. srl e per insussistenza degli altri requisiti di partecipazione prevalente e continuativa, svolgendo solo attività dì amministratori.
Il C. ha poi ricevuto una terza cartella esattoriale n. 61 del 2009, proponendo ulteriore opposizione.
La tesi di fondo degli opponenti è che essi fossero solo amministratori della V. srl con conseguente obbligo (assolto) di iscrizione alla sola Gestione separata ex art. 335 del 1995.
La Corte d’appello ha riformato la decisione di primo grado applicando l’art. 12, comma 11, del d.l. 78/2010, ritenuto norma di interpretazione autentica e quindi retroattiva da Cass. s.u. 17076 del 2011.
Il ricorso del C. e V. è articolato in tre motivi.
L’INPS si è difeso con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato una memoria.
Con il primo motivo i ricorrenti denunziano violazione dell’art. 1 della legge 1397 del 1960, come modificato dall’art. 1, comma 203 della L. n. 662 del 1996.
Tale norma ha introdotto l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti dei soci di società a responsabilità limitata. Senonché -rilevano i ricorrenti- essi non sono soci della V. srl, ma sono soci della “Immobiliare fratelli V. srl” e quindi non partecipano agli utili della V. srl.
Con il secondo motivo denunziano violazione delle medesime norme sotto un diverso profilo, inerente all’art. 2380-bis c.c. La Corte sarebbe incorsa in tale violazione laddove ha affermato che le attività dei due ricorrenti non sarebbero riconducibili ai compiti di amministratori ma sarebbero qualificabili come “latu senso” commerciali in quanto “anche la mera attività organizzativa, che pure demandi ad altri il concreto esercizio di vendita è attività commerciale”. Al contrario l’ampia dizione delle competenze attribuite agli amministratori dall’art. 2380-bis c.c. estende la loro attività a tutti gli atti diretti al conseguimento dell’oggetto sociale e quindi vi rientrano anche la gestione ed il controllo dei negozi di vendita svolta dal C. e quella di gestione del magazzino svolta dal V.. Con la conclusione che a fronte di un’unica attività di amministratori non può che corrispondere un unico obbligo contributivo connesso a tale carica, quello di iscrizione nella Gestione separata ex L. 335 del 1995.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunziano un’ulteriore violazione dell’art. 1 della legge 1397 del 1960, come modificato dall’art. 1, comma 203 della L. n. 662 del 1996 e dell’art. 2697 c.c. per non avere la Corte verificato la sussistenza dei presupposti di abitualità e prevalenza delle asserite attività commerciali, che sarebbe stato onere dell’INPS dimostrare.
Il ricorso non è fondato.
Il comma 208 dell’art. 1 della legge 662 del 1996, così recita: “Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono iscritti nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente. Spetta all’Istituto nazionale della previdenza sociale decidere sulla iscrizione nell’assicurazione corrispondente all’attività prevalente. Avverso tale decisione, il soggetto interessato può proporre ricorso, entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento, al consiglio di amministrazione dell’Istituto, il quale decide in via definitiva, sentiti i comitati amministratori delle rispettive gestioni pensionistiche”. Sulla interpretazione di tale comma è intervenuto l’art. 12, comma 11, del d.l. 78/2010, convertito nella legge 122 del 2010, che così si esprime: “L’art. 1, comma 208 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’Inps. Restano, pertanto, esclusi dall’applicazione dell’art. 1, comma 208, legge n. 662/96 i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui all’art. 2,comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335”.
Ricostruendo questo articolato normativo le Sezioni unite, con la sentenza n. 17076 del 2011, hanno così statuito: “In tema di iscrizione assicurativa per lo svolgimento di attività autonome, l’art. 12, comma 11, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122 del 2010 – che prevede che l’art. 1, comma 208, legge n. 662 del 1996, si interpreta nel senso che le attività autonome per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’INPS, mentre restano esclusi dall’applicazione dell’art. 1, comma 208, legge n. 662 del 1996, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 – costituisce norma dichiaratamente ed effettivamente di interpretazione autentica, diretta a chiarire la portata della disposizione interpretata e, pertanto, non è, in quanto tale, lesiva del principio del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU, trattandosi di legittimo esercizio della funzione legislativa garantita dall’art. 70 Cost.”.
Da ultimo, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 15 del 23 gennaio 2012, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 11, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, sollevata, con ordinanza della Corte d’appello di Genova, in funzione di giudice del lavoro, in riferimento agli articoli 3, 24, primo comma, 102, 111, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. In conclusione, secondo l’interpretazione fornita dal legislatore con norma giudicata di interpretazione autentica e conforme al dettato costituzionale, non rientrano nella previsione legislativa i rapporti di lavoro per i quali è prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui all’art. 2 della legge 335 del 1995. In questi casi vi è un regime di doppia contribuzione. L’applicazione di questi principi comporta che per i ricorrenti sono dovuti tanto i contributi, a carico della società, relativi alla loro attività di amministratori (da versare alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 6132 del 2005), quanto i contributi dovuti, personalmente, quale soci che svolgono l’attività nella società, alla gestione commercianti. Questi contributi infatti sono dovuti anche dai soci di società a responsabilità limitata in base alla normativa prima richiamata (art. 1, comma 203, della legge 662 del 2006) con la quale il legislatore ha voluto evitare che/grazie allo schermo societario, la prestazione del socio di srl espletata nell’ambito dell’impresa commerciale sia sottratta alla contribuzione previdenziale obbligatoria e ha voluto superare la preesistente disparità di trattamento tra i titolari di imprese individuali o i soci di società di persone, da un lato e, dall’altro, i soci di società a responsabilità limitata.
La peculiarità del caso in esame, costituita dal fatto che i ricorrenti non sono soci della “V. srl”, bensì della “Immobiliare fratelli V. srl”, non incide sulla decisione, in quanto nel giudizio di merito si è accertato che la srl di cui i ricorrenti sono soci detiene il 96,66% del capitale sociale della V. srl. Da tale accertamento la Corte ha tratto la conseguenza, con giudizio di merito argomentato e adeguatamente motivato, che i ricorrenti controllano e conducono l’attività della Va. srl, di cui gestiscono l’attività commerciale consistente nella lavorazione e i vendita del pesce congelato. Di conseguenza deve essere condiviso il giudizio della Corte per cui l’espediente del controllo della società che si occupa della lavorazione e vendita del pesce congelato di cui i ricorrenti sono anche amministratori, per il tramite di una società immobiliare, di cui i ricorrenti sono soci non può valere a escludere l’applicabilità dell’art. 1 della legge 1397 del 1960 come modificato dall’art. 1, comma 203, della legge 662 del 1996.
Sono infine inammissibili gli altri due motivi di ricorso. Il secondo attiene ad una motivazione ausiliaria della decisione e rimane quindi assorbito, il terzo concerne una valutazione di merito, estranea al giudizio di legittimità.
Il ricorso pertanto deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità devono essere poste a carico della parte che perde il giudizio e vengono liquidate secondo i parametri previsti dal D.M. Giustizia, 20 luglio 2012, n. 140 (cfr. Cass. Sez. un. 17405 e 17406 del 2012).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore dell’INPS, che liquida in 3.300,00 euro per compensi professionali e 50,00 euro per esborsi, oltre accessori.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 ottobre 2019, n. 27335 - Il possesso della qualifica di amministratore di società di capitali, non comporta in capo a chi tale qualifica riveste, alcun rapporto di tipo contrattuale con la società stessa, di guisa che…
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 27411 depositata il 22 giugno 2023 - L'amministratore di diritto risponde, unitamente all'amministratore di fatto, per non avere impedito l'evento che aveva l'obbligo di impedire, essendo sufficiente,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 02 agosto 2021, n. 22082 - L'assicurazione per gli esercenti attività commerciali, che non opera nei confronti del socio o amministratore di s.r.l. in difetto dei requisiti congiunti di abitualità e prevalenza…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 02 agosto 2021, n. 22082 - L'assicurazione per gli esercenti attività commerciali, che non opera nei confronti del socio o amministratore di s.r.l. in difetto dei requisiti congiunti di abitualità e prevalenza…
- Regime impatriati - Soggetto dipendente di una holding che, al rientro in Italia è assunto da una delle società controllate dove dall'estero già riveste il ruolo di amministratore e continua a mantenere cariche amministrative assunte in costanza del…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 13839 depositata il 3 maggio 2022 - Nel caso in cui l'avviso di accertamento non sia stato correttamente notificato al legale rappresentante della società, tuttavia, il socio potrà fare valere le proprie ragioni nel…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…