Corte di Cassazione sentenza n. 2868 del 24 febbraio 2012
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO – QUALIFICHE – CARRIERA – PROMOZIONI – PROCEDURE SELETTIVE PER CORSI DI QUALIFICAZIONE MIRATI ALLA PROGRESSIONE DI CARRIERA – VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI BUONA FEDE E CORRETTEZZA – CONFIGURABILITA’ – SPECIFICO ONERE A CARICO DEL CONCORRENTE ESCLUSO
massima
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Il lavoratore il quale domandi il risarcimento del danno patito in conseguenza della violazione, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo di correttezza, buona fede e ragionevolezza nello svolgimento delle procedure concorsuali interne per l’attribuzione di determinate mansioni, non può limitarsi ad una generica doglianza circa la violazione dei suddetti princìpi, ma ha l’onere di indicare in modo puntuale sotto quale profilo alcuni candidati sarebbero stati valutati più favorevolmente.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Roma, con sentenza de 14.1.2008, respingeva l’appello proposto da P.D.G. avverso la decisione del Tribunale, di rigetto della domanda dell’O., coniuge defunto della appellante, intesa ad ottenere dalla società datrice di lavoro il risarcimento dei danni dallo stesso asseritamente subiti in virtù del comportamento tenuto dall’azienda convenuta, sua datrice di lavoro, in relazione al mancato espletamento di un concorso per l’assunzione di dirigenti tecnici ed amministrativi. Rilevava la Corte territoriale che, con delibera successiva a quella con cui erano stati banditi i concorsi dall’azienda, i concorsi erano stati annullati, era stato modificato il regolamento per l’assunzione dei dirigenti e, con ulteriori delibere, era stata elaborata una nuova procedura di assunzione dei dirigenti e dato avvio alla selezione secondo le nuove regole, con nota del 10.7.1995; che, in ogni caso, corretta doveva ritenersi la motivazione della sentenza di primo grado secondo cui l’O. non avrebbe potuto essere ammesso alla selezione, in quanto la segnalazione che lo riguardava era sicuramente inidonea allo scopo perché generica, fuori del termine ed incompleta, per cui anche la eventuale illegittimità della procedura non aveva avuto alcuna efficienza causale sulla sua esclusione dalla qualifica dirigenziale ed ancor prima dalla selezione; evidenziava che nulla l’O.aveva osservato al riguardo e che, comunque, la procedura era corretta; che, infine, anche ove volesse accedersi alla tesi secondo cui era preclusa all’azienda la revoca del bando, in ogni caso poteva essere risarcibile solo il danno emergente e quello consistente nella perdita di chance, rispetto ai quali nulla era stato dedotto ed allegato.
Avverso detta decisione propone ricorso la P., nella qualità di erede, affidando l’impugnazione ad unico motivo. Si costituisce, con controricorso, la Metroferro s.p.a., la quale ha anche depositato memoria illustrativa, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico articolato motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto e di procedura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in particolare, degli artt. 112, 113, 116, 277, 421 c.p.c. e degli artt. 1126, 1175, 1228 c.c. Assume l’assoluta carenza di motivazione della sentenza e la inesistenza della stessa, in quanto di mera adesione alla decisione del giudice di prime cure, pure a fronte di specifiche doglianze della parte appellante, relative alla contraddittorietà della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva affermato che l’accesso alla selezione era aperto a tutti e, poi, rilevato, invece, che la candidatura era rimessa alla segnalazione dei responsabili delle funzioni, conferendo, inoltre, rilevanza alla candidatura dell’ISFORT ed affermando per di più, erroneamente, che nulla l’appellante aveva al riguardo osservato. Censura la pronunzia della Corte territoriale nella parte in cui afferma che la procedura selettiva è corretta, laddove il giudice di primo grado aveva testualmente affermato che l’ammissione di candidature di partecipanti al corso ISFORT era fuori dalle regole fissate dalle delibere che prevedevano la proposta dei responsabili delle Funzioni/Divisioni. L’istruttoria svolta aveva dimostrato che anche la segnalazione del candidato Luciano Giudice, ammesso, era stata tardiva e la mancanza di efficienza causale della illegittimità della procedura, richiamata per l’esclusione dell’O., non era stata ugualmente richiamata per altri candidati, in base a principi di correttezza e buona fede. Sostiene che, ai sensi dell’art. 1228 c.c., la responsabilità dell’esclusione era da porre unicamente in capo al responsabile dello Staff Qualità, organo interno del Cotral, che non aveva rispettato termini e tempi per la procedura di segnalazione, onde ben poteva essere liquidato il danno ritenuto di giustizia, nei termini richiesti.
All’esito della parte argomentativa, la ricorrente formula quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., precisando che fatto controverso è 1) l’esclusione dell’O. dalla procedura di selezione dirigenziale operata dal Cotral in ragione della asserita tardività della segnalazione effettuata dal responsabile dello Staff Qualità;
la correttezza della procedura di selezione anche in ordine alla ammissione di altri dipendenti segnalati con le medesime modalità e tempi dell’O., ovvero 2) se il semplice richiamo alla decisione di primo grado, seguita dall’apodittica affermazione della correttezza della procedura, è inidoneo a giustificare la decisione di rigetto delle domande in ordine alla dedotta illegittimità dell’esclusione.
Il motivo non si conclude con la formulazione di quesito per la violazione di legge, donde l’inammissibilità della relativa censura. Ed invero, in caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati, il quesito deve essere proposto separatamente per ciascuno di essi. Tale principio è stato affermato da questa Corte anche con riferimento all’ipotesi di deduzione, con unico motivo, di violazioni di legge diverse, ritenendosi, che in tale caso, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinché non risulti elusa la “ratio” dell’art. 366 bis c.p.c., tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, dovendo la decisione della Corte di cassazione essere limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione (cfr. Cass. 9.3.2009 n. 5624).
Ciò premesso, deve osservarsi che, in relazione alle procedure concorsuali per l’assunzione o la promozione del personale, rimane sottratta a qualsiasi controllo del giudice e lasciata al potere discrezionale del datore di lavoro la regolamentazione delle specifiche e concrete modalità di espletamento del concorso, con i limiti costituiti dal rispetto dei canoni di comportamento secondo correttezza e buona fede, e sempre che le determinazioni dell’imprenditore rispondano a criteri di adeguatezza e ragionevolezza. L’esercizio dei poteri datoriali non risulta, pertanto, legittimo, se le singole prove concorsuali risultino prive di capacità di determinare una adeguata, obiettiva e razionale selezione dei candidati o si svolgano con modalità diverse da quelle pubblicizzate o portate a conoscenza dei candidati con il bando di concorso, o siano valutate con criteri che finiscano per agevolare alcuni candidati a discapito di altri (cfr. Cass. 29 gennaio 2003 n. 1382). Tuttavia, quando venga riservato al potere discrezionale del datore di lavoro la valutazione della professionalità del dipendente secondo specifici criteri, analiticamente catalogati, l’obbligo del datore di esercitare detto potere secondo i principi di correttezza e buona fede stabiliti dagli artt. 1175 e 1375 c.c. – con il correlativo diritto soggettivo dei lavoratori all’adempimento di questo obbligo strumentale, tutelabile in sede giurisdizionale – comporta la necessaria indicazione (sia pure in modo sommario) dei parametri che si assumono violati in riferimento ai candidati ingiustificatamente valutati in modo più favorevole (cfr. Cass. n. 23226 del 13.12.2004). È stato pure affermato, con richiamo a principio applicabile anche nel caso in esame in cui si lamenta l’esclusione dalla partecipazione procedura selettiva – con le dovute differenziazioni relative alla diversità della fase preliminare dell’ammissione – (v. Cass., sez. lav., 13 aprile 1996, n. 3494) che deve essere respinta la richiesta di risarcimento del danno fondata sul mancato rispetto, da parte del datore di lavoro, del preteso obbligo di indicare i criteri adottati nello scrutinio per merito comparativo nella procedura di concorso, e del preteso obbligo di motivazione della nomina del vincitore, là dove il ricorrente non precisi da quale norma o da quale clausola contrattuale tali obblighi discendano, e che tanto più i criteri di selezione, previsti pattiziamente o fissati unilateralmente dal bando di concorso, sono analitici e dettagliati, tanto meno è possibile un ricorso esplorativo fondato sulla generale, e quindi generica, allegazione della mancanza di motivazione, senza la specifica indicazione del criterio o dei criteri applicati dal datore di lavoro in violazione del canone di correttezza e buona fede in comparazione con altro o altri candidati ingiustificatamente preferiti.
Dalla sentenza impugnata non emerge che la ricorrente abbia specificamente allegato alcunché quanto all’ipotizzata violazione del canone di buona fede e correttezza ad opera della società e non risulta che i rilievi mossi alla decisione impugnata in ordine alla mancata considerazione, in particolare, della posizione del candidato G.L. abbiano costituito oggetto di specifica deduzione, sia in sede di gravame, sia, ancor prima, nel ricorso introduttivo, ancorando il dato fattuale alla precisa indicazione dei criteri posti nel bando ed asseritamente violati.
Alla luce delle esposte considerazioni, deve osservarsi, quanto alla dedotta carenza di motivazione, che non si esplicita il fatto controverso decisivo, confermandosi, anzi, la tardività del presupposto, cioè la segnalazione del responsabile dell’ufficio di appartenenza dell’aspirante alla selezione. In ordine, poi, al vizio motivazionale circa la correttezza della procedura per l’ammissione degli altri aspiranti, non si evidenziano quali siano stati gli errori e le disfunzioni che la inficiavano, dovendo ritenersi privi di specificità i rilievi relativi alla mancata valutazione di un’analoga tardività di segnalazione per altri dipendenti, rispetto ai quali non è specificato neanche in che termini la relativa partecipazione a Corso ISFORT abbia costituito in modo inammissibile elemento di valutazione preponderante da parte della società ai fini dell’ammissione alla procedura selettiva. Va, poi, considerato che la specifica questione non risulta neanche indicata quale oggetto di puntuale motivo di gravame, con specificazione dei termini della relativa deduzione nella detta sede, onde anche sotto tale profilo non è possibile ritenere che la sentenza sia insufficientemente motivata.
Il ricorso va, pertanto, complessivamente respinto, laddove alla soccombenza della ricorrente consegue, in applicazione dello stesso principio, la condanna della stessa al pagamento delle spese de presente giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, Euro 2500,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA.
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