Corte di Cassazione sentenza n. 6120 del 19 aprile 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNI SUL LAVORO – MALATTIE PROFESSIONALI: (NESSO CAUSALE): (REQUISITI) – RENDITA DA MALATTIA PROFESSIONALE
massima
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Nel giudizio instaurato per il riconoscimento di rendita per inabilità da malattia professionale, le analitiche e motivate conclusioni del consulente nominato, basate sull’esame della documentazione prodotta e su un’accurata visita obiettiva, costituiscono prova dell’esistenza del diritto e, qualora non inficiate da vizi logici, consentono la decisione della controversia.
Per conseguire il diritto ad una rendita da malattia professionale di cui al t.u. n. 1124 del 1965, solo in presenza di una malattia e di una lavorazione, riconducibili entrambe ad una specifica previsione tabellare, il lavoratore assicurato fruisce della presunzione della eziologia professionale mentre resta a carico dell’Inail l’onere di allegare e dimostrare – Cass. civ., Sez. lavoro, 10/12/2001, n. 15591 – che, nel caso concreto, la malattia ha una origine esclusivamente extralavorativa o comunque che le funzioni esercitate dal lavoratore non hanno avuto una idoneità sufficiente, neppure come concausa, a provocarla; per contro qualora si tratti di malattia non tabellata, l’onere di fornire la prova sia dell’esistenza della malattia, sia delle caratteristiche morbigene della lavorazione svolta, sia infine del rapporto eziologico fra questa e la malattia, spetta al lavoratore.
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FattoDiritto
1. La Corte di Appello di Reggio Calabria con sentenza n. 1286 del 2010 ha respinto l’appello proposto da (Omissis) nei confronti della decisione di primo grado, che aveva rigettato, in esito a c.t.u., la domanda dello stesso diretta ad ottenere la condanna delle (Omissis) alla corresponsione della rendita da malattia professionale (addensamento in sede intercleido ilare sx; fibrosi in sede interstiziale peri-ilare; reperto di bronchite cronica enfisematosa). In sede istruttoria era stata disposta integrazione del contraddittorio nei confronti dell’INAIL, quale ente succeduto nel rapporto in questione alle (Omissis) ex articolo 111 c.p.c..
La Corte ha ritenuto, sulla base degli accertamenti peritali rinnovati in sede di gravame, che la patologia bronco-polmonare anzidetta costituisse l’esito cronicizzato dell’episodio acuto (broncopolmonite al lobo superiore sinistro) di natura extralavorativa.
La stessa Corte ha aggiunto che le sostanze, con le quali il lavoratore era venuto a contatto indicate nel ricorso introduttivo, non avrebbero potuto determinare, in base al Decreto Ministeriale 27 aprile 2004, la specifica infermità denunziata dal (Omissis).
Contro la sentenza di appello (Omissis) ricorre per cassazione con cinque motivi, illustrati con memoria ex articolo 380 bis c.p.c., comma 2.
L’INAIL resiste con controricorso.
Non si è costituita la (Omissis) S.p.A. (già (Omissis) S.p.A.).
2. Il ricorrente denuncia violazione e falsa interpretazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 3, e segg. e del Decreto Ministeriale 27 aprile 2004, dell’articolo 41 c.p., degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, ribadendo i rilievi mossi contro la decisione di primo grado con riguardo al mancato riconoscimento della malattia professionale e alla riconducibilità della patologia a causa extralavorativa, e ciò anche in relazione alle tabelle ministeriali di riferimento.
Le doglianze così formulate sono infondate.
Dalla sentenza impugnata sono state poste in rilievo le seguenti circostanze:
– il (Omissis) si ricoverò nel marzo 1993 per un episodio acuto di broncopolmonite al lobo superiore sx di natura infettiva extralavorativa;
– nel settembre 1993 presentò domanda di rendita e si accertò che era affetto dalle patologie di addensamento in sede intercleido ilare sx; fibrosi in sede interstiziale peri-ilare; reperto di bronchite cronica enfisematosa;
– il ctu ha affermato che non sono conosciute le condizioni di salute del (Omissis) prima del ricovero del marzo 1993, da ciò arguendo che l’anzidetta patologia polmonare abbia costituito l’esito cronicizzato dell’episodio acuto che causò il ricovero.
Tali accertamenti compiuti dal CTU, sono stati fatti propri dalla Corte di appello, la quale ha ritenuto che le patologia e i postumi lamentati dal (Omissis) fossero riconducibili all’iniziale episodio acuto di broncopolmonite al lobo superiore sinistro, intervenuto nel 1993 e di natura infettiva, sufficiente da solo ad escludere la natura professionale di tali patologie e postumi.
La stessa Corte ha escluso, con accertamento in fatto, che le sostanze (acido solforico e rame), con le quali il lavoratore era venuto in contatto e indicate nel ricorso introduttivo, potessero determinare, in base al Decreto Ministeriale 27 aprile 2004, la specifica infermità denunziata dal (Omissis), e ha preso atto della non riconducibilità, rilevata dal consulente, delle malattie denunciate alle tabelle.
Trattasi in ogni caso di valutazione di merito, che poggia su motivazione adeguata e coerente, non censurabile in sede di legittimità, contro cui il ricorrente si limita ad opporre un diverso apprezzamento degli elementi già verificati, come già detto dal CTU, in concreto in termini probabilistici e denotanti la natura extralavorativa dell’affezione.
3. In conclusione, il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato. Nessuna pronuncia va emessa sulle spese, ricorrendo le condizioni di cui all’articolo 152 disp. att. c.p.c., nella formulazione precedente alle modifiche apportate dal Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 42 (convertito nella Legge n. 326 del 2003), che trovano applicazione ai giudizi iniziati dopo il 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore dell’anzidetto Decreto Legge n. 269), laddove nel caso di specie il ricorso introduttivo è stato depositato il 3 gennaio 1994.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
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