Corte di Cassazione sentenza n. 6694 del 03 maggio 2012
RAPPORTO DI LAVORO – EXTRACOMUNITARI – PERMESSO DI SOGGIORNO PER MOTIVI FAMILIARI – FAMILIARE E’ IL NIPOTE MINORE DI ETA’
massima
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In tema di espulsione dello straniero, l’art. 19, comma 2, lett. c), del D. Lgs. 286/1998 (T.U. immigrazione) va interpretato nel senso che la convivenza deve essere determinata sulla base di una scelta volontaria, che deve escludersi possa essere espressa da un soggetto minore che non abbia la capacità di agire.
Il divieto di espulsione del cittadino straniero, che sia convivente con un parente entro il quarto grado di nazionalità italiana, contenuto nell’art. 19, comma 2, lett. c), del D. Lgs. 286/1998 (nella formulazione della norma “ratione temporis” applicabile), non può escludersi – Cass. civ., Sez. I, 23/09/2011, n. 19464 – solo perchè il parente cittadino italiano sia minore di età, sul rilievo che in tal caso la convivenza non possa essere ritenuta una scelta volontaria, potendo la volontà, posta a base della convivenza, essere manifestata validamente anche dai genitori o da altro rappresentante legale del minore medesimo.
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Ritenuto in fatto e in diritto
1. – La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: « 1. – Il Ministero dell’ interno ha proposto ricorso per cassazione – affidato a un solo motivo – contro il decreto depositato il 10.3.2011 con il quale la Corte di appello di Milano ha rigettato il reclamo proposto dalla predetta Amministrazione avverso il provvedimento del Tribunale che aveva accolto il ricorso proposto da R.P.R.P. contro il diniego di permesso di soggiorno, richiesto il 5.11.2008, per motivi familiari ai sensi degli artt. 28 lett. b)D.P.R. n. 394/1999 e 30d.lgs. n. 286/1998.
Secondo la corte del merito, poiché il cittadino straniero conviveva con il nipote, minore di età, avente cittadinanza italiana (il quale all’epoca della richiesta di permesso di soggiorno aveva quattro anni), era applicabile il divieto di espulsione di cui all’art. 19, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 296/1998, talché ai sensi degli artt. 28 lett. b) D.P.R. n. 394/1999 e 30 d.lgs. n. 286/1998 il Questore avrebbe dovuto rilasciare il permesso di soggiorno per motivi familiari, posto che nella concreta fattispecie il padre del minore aveva confermato “l’adesione al progetto di convivenza”.
L’intimato non ha svolto difese.
2. – L’Amministrazione ricorrente denuncia violazione di legge e invoca la giurisprudenza della S.C. secondo la quale la situazione di convivenza dello straniero con parente entro il quarto grado di cittadinanza italiana e minore di età non configura la condizione per il divieto di espulsione del primo prevista dell’art. 19, secondo comma, lettera c) del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, (nella formulazione vigente anteriormente alla modifica introdotto dall’art. 1, comma 22, lett. p), della legge 15 luglio 2009, n. 94), in quanto la predetta condizione non può che essere fondata su una scelta volontaria che deve escludersi possa essere espressa da un minore né porrebbe essere manifestata dagli esercenti la potestà genitoriale (principio applicato da Sez. 1, Sentenza n. 15246 del 04/07/2006 ad una fattispecie nella quale era invocata la convivenza dello straniero con parente entro il quarto grado di cittadinanza italiana di quattro anni).
Il ricorso appare manifestamente infondato.
Invero, il provvedimento impugnano è conforme alla giurisprudenza più recente di questa Sezione (Cass., 23 settembre 2011 n. 19464, la quale, dopo avere dato atto che nella fattispecie decisa la volontà di mantenere il rapporto di convivenza era stata manifestata sia dal minore che dai genitori dello stesso, ha ritenuto operante il divieto di cui all’art. 19 T.U.I.; in senso conforme cfr. Sez. I, c.c. del 14 novembre 2011 su ricorso R.G. 3291/2010, in corso di pubblicazione, in relazione a minore di sette mesi di età).
La dottrina ha evidenziato che la Convenzione di New York sul diritto del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con L. n. 176 del 1991, all’art. 12, introduce l’obbligo di tener conto delle opinioni del minore in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguardi solo se si tratti di “fanciullo capace di discernimento” e “tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità” prevedendo, peraltro, che il minore possa essere ascoltato non solo direttamente, ma anche tramite di un rappresentante o di un organo appropriato, compatibilmente con le regole della legislazione nazionale”.
Nella concreta fattispecie il parente di nazionalità italiana dello straniero espulso aveva, all’epoca, quattro anni e la volontà di mantenere la convivenza con il parente entro il quarto grado è stata espressa dal genitore del minore.
Ciò è quanto basta (rapporto di parentela entro il quarto grado e convivenza volontaria con il parente) per ritenere sussistente il divieto di cui all’art. 19 n. 2 lett. C) T.U.I., nel testo applicabile ratione temporis.
Il ricorso, dunque, può essere deciso in camera di consiglio.
2. – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso.
Nulla va disposto in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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