Corte di Cassazione sentenza n. 9618 del 02 maggio 2011
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – CONTRATTO COLLETTIVO – PROVA – CONTESTAZIONE DELL’ESISTENZA DA PARTE DEL CONVENUTO – POTERE-DOVERE DEL GIUDICE DI ACQUISIZIONE D’UFFICIO – AMMISSIBILITÀ – ESCLUSIONE
massima
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Al giudice è precluso l’esercizio dei poteri officiosi per l’acquisizione del contratto collettivo, quando la sussistenza di tale contratto sia stata contestata dal convenuto.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Potenza con sentenza n. 308 del 2006 accoglieva parzialmente la domanda proposta da L.P., volta ad ottenere il riconoscimento delle differenze retributive relative a rapporto di lavoro intercorso con F.C., titolare di impresa artigiana nel settore tessile – abbigliamento, e per l’effetto condannava il resistente al pagamento della somma di euro 20.956,56, oltre rivalutazione ed interessi.
Tale decisione, appellata dal C., è stata confermata dalla Corte di Appello di Potenza con sentenza n. 185 del 2007.
La Corte ha osservato che la mancata produzione del CCNL da parte della lavoratrice non costituiva ostacolo per il riconoscimento della pretesa, in quanto in sede di giudizio – ai fini della determinazione della retribuzione – il consulente tecnico di ufficio, cui era stato conferito l’incarico per procedere a rilievi contabili e a rielaborazione dati, aveva assolto al suo compito facendo riferimento alle previsioni del contratto collettivo.
La stessa Corte ha rigettato l’eccezione di nullità della perizia per avere fatto riferimento a documenti non prodotti dalle parti, avendo il consulente richiamato il contratto collettivo nazionale del lavoro, che costituisce la fonte del rapporto.
La Corte infine ha valutato le deposizioni testimoniali, traendone la convinzione che la P. all’atto dell’assunzione era in grado di usare la macchine per cucire.
Il C. ricorre per cassazione con due motivi.
Non si è costituita l’intimata lavoratrice.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 Cod. Civ, dell’art. 421 CPC e del contratto collettivo nazionale del lavoro.
In particolare sostiene che il giudice di appello ha fatto malgoverno delle richiamate norme e disposizioni collettive, e ciò in relazione alle censure rivolte contro la sentenza di primo grado riguardanti l’applicazione del CCNL del settore tessili abbigliamento artigiani, indicato nel ricorso originario, ma non prodotto.
Ciò premesso, il ricorrente aggiunge che nella delineata situazione normativa il giudice non avrebbe potuto decidere nel merito d elle pretese azionate dalla lavoratrice né demandare al consulente tecnico l’acquisizione del contratto collettivo, non essendo tale contratto fonte del diritto, ma un elemento costitutivo della domanda da provare secondo le regole generali dell’onere probatorio ex art. 2697 Cod. Civ.
Le censure così formulate sono fondate.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr Cass. n. 639 del 16 gennaio 2004; Cass. n. 4714 del 2000) è precluso al giudice l’esercizio dei poteri officiosi per l’acquisizione del contratto collettivo, quando la sussistenza di tale contratto sia stata contestata dal convenuto.
Alla stregua del richiamato orientamento non è condivisibile l’assunto del giudice di appello, che nel rigettare il primo motivo di appello proposto dal datore di lavoro, ha ritenuto che il difetto di produzione del contratto collettivo non comportasse la carenza di un elemento essenziale della domanda che ne rendesse incerta l’individuazione o infondata la pretesa.
Non è neppure condivisibile l’altro consequenziale assunto dello stesso giudice secondo cui, ai fini della determinazione della retribuzione spettante alla lavoratrice, l’acquisizione del contratto collettivo correttamente era stata effettuata dal consulente tecnico, avendo quest’ultimo ricevuto dallo stesso giudice l’incarico di procedere ai necessari rilevi contabili e alla rielaborazione dei dati con riferimento alle previsioni del contratto collettivo.
In sostanza va posto in evidenza che il giudice di appello inesattamente ha ritenuto che il primo giudice potesse far ricorso al potere officioso ex art. 421 CPC, acquisendo, sia pure per il tramite del consulente tecnico di ufficio, il contratto collettivo – non prodotto dalla parte ricorrente – e fondando la decisione sulle conclusioni del perito formulate proprio con riferimento a tale contratto.
2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto il giudice di appello ha rilevato – da un lato – che la lavoratrice era priva di esperienza specifica ed aveva imparato l’uso delle macchine per cucire in azienda; e – dall’altro lato – ha ritenuto di riconoscere alla stessa lavoratrice una retribuzione spettante, secondo il contratto invocato, soltanto ad operaia addetta alle macchine cucitrici.
Le esposte censure, che attengono al merito, possono ritenersi assorbite per effetto dell’accoglimento dei rilievi di cui al precedente motivo.
3. In conclusione il ricorso va accolto e per l’effetto l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Salerno, che procederà al riesame dalla causa e alla valutazione degli elementi probatori in atti, senza tener conto delle conclusioni della consulenza tecnica di ufficio con specifico riferimento al contratto collettivo.
Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese di giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Salerno.
Così deciso in Roma addì 31 marzo 2011
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