AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 11 gennaio 2022, n. 15
Cessione di un impianto sportivo natatorio ai comuni – Trattamento ai fini dell’IVA e delle altre imposte indirette
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA S.r.l. (di seguito, “Istante” o “Società”) chiede chiarimenti in merito alla disciplina fiscale applicabile all’assegnazione ai propri soci di un bene strumentale di sua proprietà e a suo tempo conferito dagli stessi soci.
Trattasi, in particolare, di un impianto natatorio (piscina), originariamente di proprietà dei 12 Comuni, soci dell’Istante.
Nel dicembre 1998, i 12 Comuni conferiscono la proprietà dell’impianto alla Società, incaricandola di curarne la gestione direttamente o mediante la stipula di apposite convenzioni con soggetti terzi.
Per garantire il funzionamento dell’impianto natatorio, l’Istante ha sempre fatto ricorso all’esternalizzazione del servizio tramite gare a evidenza pubblica per l’individuazione di gestori specializzati, garantendo, al contempo, la sola manutenzione straordinaria dell’impianto e svolgendo le necessarie azioni di vigilanza e controllo.
Nel 2009, al termine del ciclo vitale dell’impianto e nell’impossibilità di un utilizzo pubblico dello stesso da parte degli utenti, i Comuni-soci decidono di eseguire dei lavori di ristrutturazione e ampliamento dell’impianto per circa (…) euro. Tali interventi sono iniziati nel 2014 e si sono conclusi nell’agosto del 2015.
Al termine di detto investimento, la Società ha continuato a gestire l’impianto con le medesime modalità adottate nel corso degli anni precedenti, ossia assegnando l’impianto tramite gare a evidenza pubblica a società specializzate.
Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, è pervenuta alla Società una proposta di iniziativa privata per la gestione dell’impianto natatorio nell’ambito di un’operazione di project financing, che ha suscitato l’interesse sia dell’Organo amministrativo sia della propria compagine sociale.
Stante l’operazione sopra descritta, da eseguirsi nell’ambito di un progetto di riassetto aziendale generale, l’Istante ha intenzione di retrocedere la proprietà della piscina ai 12 Comuni-soci e di trasferire il relativo contratto di gestione nell’ambito di un project financing.
Ciò premesso, la Società chiede di sapere:
1) se l’operazione de quo possa qualificarsi come assegnazione di un bene immobile rilevante ai fini IVA oppure come cessione di azienda, non soggetta a IVA ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito, “Decreto IVA”);
2) ove l’operazione debba ritenersi rilevante agli effetti dell’IVA, se possa applicarsi l’esenzione di cui all’articolo 10, primo comma, n. 8- ter, del Decreto IVA, fatta salva la possibilità di opzione per il regime di imponibilità, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura fissa (200 euro) e delle imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale (3 per cento +1 per cento);
3) qualora l’assegnazione dell’impianto debba considerarsi esente da IVA, se debba essere o meno operata la rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis 2 del Decreto IVA ” per le annualità mancanti al compimento del decennio dall’ultimazione dei lavori di demolizione e ristrutturazione/ampliamento eseguiti dalla società nel biennio 2014/2015″.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
A parere dell’Istante, l’operazione de quo deve qualificarsi come “assegnazione di beni ai soci” ( quesito 1). Di conseguenza, trattandosi di un bene strumentale equiparabile a una nuova costruzione a seguito dei significativi lavori di demolizione e ristrutturazione/ampliamento che ne hanno modificato la struttura iniziale, e tenuto conto che sono trascorsi oltre 5 anni dall’ultimazione dei lavori, la Società ritiene che l’operazione di retrocessione in questione debba essere assoggettata a IVA in regime di esenzione ex articolo 10, primo comma, n. 8- ter, del Decreto IVA, oltre all’imposta di registro in misura fissa (200 euro) e alle imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale (3 per cento + 1 per cento), fatta salva, naturalmente, la possibilità di optare per il regime di imponibilità IVA (quesito 2).
In tale ultimo caso, ove i Comuni-soci cessionari agiscano in veste di soggetti passivi IVA, ad avviso dell’Istante dovrebbe trovare applicazione il meccanismo dell’inversione contabile (cd. reverse charge) di cui all’articolo 17, sesto comma, lettera a-bis), del Decreto IVA. La base imponibile pertanto dovrebbe determinarsi in base al criterio costituito ” dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni” ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lettera c), del Decreto IVA.
Infine, trattandosi di bene strumentale ex novo e non più configurabile quale impianto a suo tempo conferito dai Comuni-soci, pur avendo la Società posto in essere nel biennio 2014/2015 specifici interventi di demolizione e ristrutturazioni/ampliamento del precedente impianto natatorio, la stessa ritiene che nel caso di specie non si debba procedere alla rettifica della detrazione dell’IVA (per le annualità mancanti al compimento del decennio dall’ultimazione dei lavori) di cui all’articolo 19-bis 2, comma 8, del Decreto IVA, secondo cui ” Agli effetti del presente articolo i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerati beni ammortizzabili ed il periodo di rettifica è stabilito in dieci anni, decorrenti da quello di acquisto o di ultimazione”.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Quesito 1
L’articolo 2555 del codice civile qualifica l’azienda come ” il complesso dei beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
Con riferimento alla nozione di azienda, questa Amministrazione ha avuto modo di chiarire che la stessa deve essere intesa in senso ampio, comprensiva anche delle cessioni di complessi aziendali costituenti singoli rami d’impresa. Va precisato, comunque, che la cessione deve riguardare l’azienda o il complesso aziendale nel suo insieme, intesa quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridicoeconomici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa e non i singoli beni che compongono l’azienda stessa (cfr. circolare del 19 dicembre 1997, n. 320).
Anche la giurisprudenza di legittimità, nell’evidenziare che l’azienda è un complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, individua nell’organizzazione di tale complesso la sua connotazione essenziale (cfr. Corte di Cassazione, SS.UU., n. 5087 del 5 marzo 2014). Nell’ambito della cessione d’azienda, la suprema Corte ha avuto modo di precisare che si deve trattare di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività d’impresa, di per sé, idoneo a consentire l’inizio o la prosecuzione di quella determinata attività. Ne deriva che, se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda, deve tuttavia potere essere rilevato che, nel complesso di quelli ceduti, permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario (così, da ultimo, anche Corte di Cassazione, n. 9575 del 11 maggio 2016, che ha confermato Corte di Cassazione n. 21481 del 9 ottobre 2009; Corte di Cassazione n. 1913 del 30 gennaio 2007).
Alla luce di ciò, è necessario identificare i fattori rivelatori dell’esistenza dell’azienda o del ramo d’azienda, che si possono individuare nella “organizzazione”, nei “beni” e nel loro fine, ossia “per l’esercizio dell’impresa”. Questi elementi devono essere funzionalmente legati da un rapporto di complementarietà strumentale tale da costituire un ” unicum” destinato all’esercizio dell’impresa.
A tal riguardo, si evidenzia che non si possono fissare aprioristicamente, in via generale e astratta, quali e quanti beni e rapporti siano necessari per contraddistinguere un’azienda, poiché non assume esaustiva rilevanza il semplice complesso di “beni”, in sé e per sé stesso considerato: vanno obbligatoriamente considerati anche i “legami” giuridici e di fatto tra gli stessi, nonché la destinazione funzionale del loro insieme. Con riferimento al caso di specie, per stabilire che oggetto della retrocessione è un’azienda occorre valutare se l’impianto natatorio sia un insieme, organicamente finalizzato all’esercizio dell’attività d’impresa e autonomamente idoneo a consentire l’inizio o la continuazione di quella determinata attività da parte dei Comuni-soci.
Al riguardo si evidenzia che l’impianto, come risultante dai ” Lavori di ristrutturazione ed ampliamento” descritti nel Progetto Esecutivo allegato all’istanza, consta di una vasca polivalente (nuoto, acquafitness, attività ricreative), di una vasca per il nuoto e la pallanuoto, completa degli spazi e servizi accessori (spogliatoi, servizi e locali tecnici), di un ambito pubblico, di una hall di ingresso con punto di ristoro, di uffici controllo-logistica, di un ambito reception con funzione di accoglienza-controllo e di uffici per la gestione.
Al fine di soddisfare pienamente le esigenze dell’utenza, all’interno dell’impianto sono, altresì, previsti degli spazi utilizzabili per lo svolgimento dell’attività di fitness.
Devono considerarsi, inoltre, parte integrante dell’impianto, in quanto indispensabili per garantire la regolare funzionalità dello stesso, gli arredi, gli accessori e le attrezzature specifiche dei vari ambienti di supporto all’attività sportiva (i.e. servizi, uffici, accoglienza, ristoro), le testate e i relativi blocchi di partenza, le attrezzature specifiche delle vasche attività (festoni falsa partenza e virata, elevatore disabili, tornelli di ingresso vasca ed ingresso spogliatoi), le tribunette vasca nuotopallanuoto.
Tanto premesso, sulla base degli elementi ricavabili dall’istanza e dalla documentazione ad essa allegata, si ritiene che l’insieme dei beni costituenti l’impianto sportivo de quo integri, di fatto, una struttura organizzativa aziendale, in quanto trattasi di una serie di elementi che, combinati tra loro, possono prefigurare un’organizzazione potenzialmente idonea, nel suo complesso, allo svolgimento di un’attività economica a sé stante.
I beni sopra indicati, infatti, appaiono ceduti nell’ambito di un progetto di riassetto aziendale generale ( project financing), con contestuale trasferimento del relativo contratto di gestione, e possono, dunque, essere ragionevolmente considerati suscettibili di una valutazione unitaria quale ” cessione di ramo di azienda”.
Gli elementi sopra evidenziati consentono, pertanto, di configurare nel caso in oggetto una cessione di ramo di azienda, in linea, peraltro, con la qualificazione data, al riguardo, dal consolidato orientamento della Corte di giustizia UE.
In particolare, con la sentenza del 27 novembre 2003, causa C-497/01, i giudici unionali hanno affermato che la nozione di ” trasferimento (…) di una universalità totale o parziale di beni”, pur non essendo definita dalla normativa IVA comunitaria, si riferisce a qualsiasi trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di quest’ultima, compresi gli elementi materiali e immateriali che insieme costituiscono un’impresa o una parte di impresa idonea a svolgere un’attività economica autonoma. A tal fine è, però, necessario che il cessionario abbia intenzione di gestire l’azienda o il ramo di azienda trasferita, ” e non semplicemente di liquidare immediatamente l’attività interessata nonché, eventualmente, vendere lo stock”.
Successivamente, nella sentenza del 10 novembre 2011, causa C-444/10, la Corte ha, altresì, precisato che ” affinché si configuri un trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa (…), occorre che il complesso degli elementi trasferiti sia sufficiente per consentire la prosecuzione di un’attività economica autonoma” (punto 26), che può essere anche diversa da quella esercitata dal cedente (causa C-497/01, cit., punto 45).
Ciò che effettivamente rileva ai fini della applicazione dell’IVA, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia, è, pertanto, la possibile prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del cessionario con un complesso di beni materiali e immateriali che permetta di svolgere un’attività economica autonoma e attuale, e che mantenga la sua identità funzionale anche successivamente al suo trasferimento.
Posto quanto sopra, nel caso di specie, sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi rappresentati, assunti acriticamente così come esposti nell’istanza di interpello, si ritiene che l’operazione descritta sia qualificabile come cessione di ramo di azienda e non come mera assegnazione di bene immobile, e, in quanto tale, sia esclusa dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del Decreto IVA.
Ciò premesso, occorre tener conto del fatto che, nel caso di specie, avente ad oggetto la cessione di un ramo di azienda, non è previsto il pagamento di un corrispettivo.
Pertanto, in relazione al trattamento fiscale da riservare, ai fini delle imposte indirette, alla predetta cessione, si ritiene applicabile la disciplina stabilita per gli atti di successione e donazione, estesa anche agli atti di cessione a titolo gratuito dall’articolo 2, comma 47, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 (cfr. Risposta n. 592 del 16 settembre 2021).
Difatti, tale articolo 2, comma 47, del d.l. n. 262 del 2006 prevede che “È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346”.
Si osserva, al riguardo, che con la reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni sono stati equiparati, dal punto di vista fiscale, gli atti a titolo gratuito (diversi dalle donazioni, in quanto privi dello spirito di liberalità) agli atti a titolo donativo (aventi spirito di liberalità).
In base al combinato disposto degli articoli 1 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (di seguito “TUS”) e 2, comma 47, del citato d.l. n. 262 del 2006, l’imposta sulle successioni e donazioni si applica anche al trasferimento di beni e diritti mediante atti a titolo gratuito che, come chiarito con Circolare 22 gennaio 2008, n.3/E, comprendono gli atti che non prevedono a carico del beneficiario alcuna controprestazione, ma sono privi dello spirito di liberalità tipico delle donazioni.
Nella fattispecie in esame, poiché la cessione del ramo di azienda avviene in favore dei Comuni, essa rientra tra le cessioni esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni, come previsto dall’articolo 3 del TUS, a mente del quale ” Non sono soggetti all’imposta i trasferimenti a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, (…)”.
Inoltre, in presenza di beni immobili, con riferimento all’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (di seguito “TUIC”), si osserva che non sono soggette ad imposta ipotecaria le formalità relative ai trasferimenti di cui al menzionato articolo 3, comma 1, del TUS.
Pertanto, la presente cessione non è da assoggettare ad imposta ipotecaria in relazione alle formalità eseguite nell’interesse dei Comuni (cfr. risoluzione 5 novembre 2007, n. 311).
In ordine all’applicazione dell’imposta catastale, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del medesimo TUIC, si fa presente che non sono soggette ad imposta catastale le volture relative agli stessi trasferimenti di cui al predetto articolo 3, comma 1, del TUS.
Quesito 2
Il presente quesito resta assorbito dalla soluzione fornita in relazione al quesito 1.
Quesito 3
Ai sensi dell’articolo 19- bis 2, comma 7, del Decreto IVA “ Se i beni ammortizzabili sono acquisiti in dipendenza di fusione, di scissione, di cessione o conferimento di aziende, compresi i complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa, le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano con riferimento alla data in cui i beni sono stati acquistati dalla società incorporata o dalle società partecipanti alla fusione, dalla società scissa o dal soggetto cedente o conferente. I soggetti cedenti o conferenti sono obbligati a fornire ai cessionari o conferitari i dati rilevanti ai fini delle rettifiche“.
Con particolare riguardo ai beni immobili, il comma 8, secondo periodo, del citato articolo 19-bis 2 dispone che ” Agli effetti del presente articolo i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerati beni ammortizzabili ed il periodo di rettifica è stabilito in dieci anni, decorrenti da quello di acquisto o di ultimazione”.
La rettifica della detrazione riguarda i fabbricati o porzioni di fabbricati acquistati ovvero oggetto di un diritto reale di godimento.
Nel caso in esame giova richiamare i principi costantemente affermati dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria riguardo ai beni immobili estromessi dall’impresa per i quali l’imposta non è stata detratta all’atto del relativo acquisto, anche se sugli stessi sono stati eseguiti interventi di manutenzione, riparazione e recupero per i quali, invece, si è provveduto a detrarre la relativa imposta (circolare n. 40/E del 2002; risoluzione n. 194/E del 2002).
In tali casi, come precisato dalla Corte di Giustizia CE con le sentenze del 17 maggio 2001 [causa C-322/99 e C-323/99 (…)], il contribuente dovrà, in relazione all’imposta afferente a tali spese, operare la rettifica della detrazione a norma dell’art. 19-bis2, qualora le stesse siano incrementative del valore dell’immobile e non abbiano esaurito la loro utilità all’atto dell’estromissione (cfr. circolare n. 40/E del 2002, par. 1.4.11 e risoluzione n. 194/E del 2002).
Alla luce di quanto sopra, si ritiene che in relazione al caso de quo si debba procedere alla rettifica della detrazione relativa all’IVA assolta per le spese di ampliamento e ristrutturazione dell’impianto effettuate negli anni 2014 e 2015. Trattasi, infatti, di spese che, ai fini della disciplina della rettifica della detrazione in esame, devono considerarsi relative a beni ammortizzabili dell’Istante e, come tali, sono soggette alla medesima disciplina applicabile ai beni ammortizzabili di cui incrementano il valore, ai sensi dei commi 2 e 8, secondo periodo, dell’articolo 19-bis 2, del Decreto IVA. Per tali spese, occorre considerare il dies a quo del periodo decennale di osservazione fiscale coincidente con quello dell’ultimazione degli interventi (cfr. Risposta n. 131 del 2019).
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