AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 227 del 1° marzo 2023
Cessione ramo d’azienda a società inattiva – Inutilizzo dei requisiti della cessionaria per l’esonero dalla prestazione della garanzia dei crediti IVA chiesti a rimborso – Art. 38-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA], ora [ALFA], nel prosieguo istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante è una società con unico socio costituita in data […] 2020 per l’esercizio dell’attività di realizzazione di […] e relative attività connesse. Secondo quanto riferito nell’istanza, la società è ad oggi inattiva, in quanto non ha posto in essere alcuna operazione.
La società controllante [BETA] a socio unico, esercente l’attività di fabbricazione di […], intende conferire nella società istante un ramo d’azienda produttivo o, possibilmente, l’intera azienda. A seguito dell’operazione di conferimento, l’istante proseguirà nell’attività operativa svolta dalla società [BETA] a socio unico con le medesime caratteristiche e stessa clientela, realizzando anch’essa operazioni attive non imponibili che genereranno periodicamente un credito IVA.
L’istante riferisce che la società conferente ha periodicamente presentato richiesta di rimborso IVA annuale e trimestrale per i crediti maturati, avvalendosi dell’esonero dalla prestazione della garanzia tramite apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione IVA e sul modello IVA/ TR, allegando, altresì, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la presenza delle condizioni individuate dall’articolo 38bis, comma 3, lett. a), b) e c) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito ”decreto IVA”)
Ciò posto, l’istante chiede conferma della possibilità di continuare ad avvalersi dell’esonero dalla prestazione della garanzia per i crediti IVA che genererà con riferimento alle operazioni relative al ramo di azienda oggetto di conferimento.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, la società istante ritiene, «pur ad oggi essendo inattiva, di poter chiedere a rimborso il credito iva annuale e trimestrale avvalendosi della facoltà di esonero dalla prestazione della garanzia, previo rispetto delle ulteriori condizioni richieste tra cui l’apposizione del visto di conformità e la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, in quanto soggetto che prosegue l’attività conferita da parte di società operativa da oltre due anni, peraltro in regime di continuità di valori e neutralità fiscale, rilevando dunque la condizione soggettiva del soggetto conferente l’azienda nella sua interezza o un ramo di essa, che genererà il credito iva non ricadendo dunque nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 38bis comma 4 lett. a) del D.P.R. 633/72».
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare si fa presente che l’istante, successivamente alla presentazione dell’interpello, ha variato la ragione sociale in [ALFA]. Pertanto, la risposta all’interpello presentato a nome di [ALFA] viene resa nei riguardi di [ALFA] e notificata al nuovo indirizzo pec […].
L’articolo 38bis, comma 3, del decreto IVA stabilisce che i rimborsi dei crediti IVA di ammontare superiore a 30.000 euro, richiesti da soggetti che non rientrano nelle ipotesi di rischio di cui al comma 4 del medesimo articolo, sono eseguiti senza obbligo di prestare garanzia, previa presentazione della dichiarazione annuale o dell’istanza di rimborso (da cui emerge il credito), recante il visto di conformità o la sottoscrizione alternativa di cui all’articolo 10, comma 7, primo e secondo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, corredata di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, resa a norma dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti la sussistenza di talune ben individuate condizioni in relazione alle caratteristiche soggettive del contribuente.
In particolare, ai sensi del comma 3 del citato articolo 38bis del decreto IVA, nella dichiarazione sostitutiva il contribuente deve attestare che:
«a) il patrimonio netto non è diminuito, rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40 per cento; la consistenza degli immobili non si è ridotta, rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40 per cento per cessioni non effettuate nella normale gestione dell’attività esercitata; l’attività stessa non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di aziende o rami di aziende compresi nelle suddette risultanze contabili;
b) non risultano cedute, se la richiesta di rimborso è presentata da società di capitali non quotate nei mercati regolamentati, nell’anno precedente la richiesta, azioni o quote della società stessa per un ammontare superiore al 50 per cento del capitale sociale;
c) sono stati eseguiti i versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi».
La Circolare del 30 dicembre 2014, n. 32/E, ha chiarito, al riguardo, che «le condizioni da attestare nella predetta dichiarazione sostitutiva riguardano la solidità patrimoniale, la continuità aziendale e la regolarità dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali».
Detti requisiti, unitamente all’assenza di situazioni di rischio individuate dal comma 4 del medesimo articolo 38bis del decreto IVA, rappresentano le condizioni per ottenere il rimborso del credito IVA, di importo superiore a 30.000 euro, senza l’obbligo di prestare garanzia nelle forme previste dal successivo comma 5.
Al riguardo, ai sensi del citato comma 4 dell’articolo 38bis del decreto IVA, sono considerate ipotesi di ”rischio” e, dunque, sono obbligati alla prestazione della garanzia i soggetti passivi:
«a) […] che esercitano un’attività d’impresa da meno di due anni diversi dalle imprese startup innovative […];
b) […] ai quali, nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso, sono stati notificati avvisi di accertamento o di rettifica da cui risulti, per ciascun anno, una differenza tra gli importi accertati e quelli dell’imposta dovuta o del credito dichiarato superiore […];
c) […] che nelle ipotesi di cui al comma 3, presentano la dichiarazione o istanza da cui emerge il credito richiesto a rimborso priva del visto di conformità o della sottoscrizione alternativa, o non presentano la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà;
d) […] che richiedono il rimborso dell’eccedenza detraibile risultante all’atto della cessazione dell’attività».
Ciò posto, come emerge dalla normativa sopra illustrata, i requisiti per l’esonero dalla prestazione della garanzia sopra elencati [essere in attività, non aver ricevuto avvisi di accertamento o rettifica, …] si riferiscono al profilo soggettivo del richiedente il rimborso e non anche alla specifica attività cui si riferisce l’eccedenza di credito IVA, con la conseguenza che i medesimi requisiti non si trasferiscono automaticamente con l’attività acquisita a seguito di una operazione straordinaria (nel caso specifico la cessione del ramo di azienda).
D’altronde, la cessione di un’azienda (o di un ramo d’azienda) comporta per legge (art. 2558 c.c.) la cessione dei rapporti e (art. 2559 c.c.) dei crediti relativi al suo esercizio, ivi compresi i crediti d’imposta vantati dal cedente nei confronti dell’erario, ma non anche dei requisiti soggettivi del cedente. Tant’è che la stessa Corte di cassazione, nell’affermare la legittimità del passaggio dei crediti IVA tra cedente e cessionario nell’ambito di una operazione straordinaria, afferma che «rispetto all’originario credito Iva il cedente perde, per effetto del conferimento d’azienda, ogni legittimazione, mentre l’intera posizione resta traslata sul cessionario, che, dunque, può utilizzare il credito in detrazione ovvero chiederne il rimborso, non assumendo alcun rilievo ostativo atteso l’avvenuto trasferimento dell’intera posizione la diversità dei contribuenti», confermando, dunque, che resta la ”diversità soggettiva” tra le due parti (cfr. Corte di cassazione, ordinanza 31 luglio 2020, n. 16492).
Ciò detto, le condizioni poste dall’articolo 38bis del decreto IVA per beneficiare dell’esonero dall’obbligo di prestare la garanzia consentono di valutare il grado di ”affidabilità” del soggetto passivo che richiede il rimborso, cui l’Amministrazione dovrà rivolgersi nell’ipotesi in cui, successivamente, il medesimo risultasse in tutto o in parte non spettante.
Pertanto, diversamente da quanto ipotizzato dall’istante, nel caso prospettato, la circostanza che l’istante, per sua stessa ammissione, sia ad oggi una società inattiva, lascia presumere proprio la sussistenza dell’ipotesi di ”rischio” prevista dal comma 4, lettera a), dell’articolo 38bis del decreto IVA, che l’ufficio competente non potrà esimersi dal valutare in sede di lavorazione della richiesta di rimborso.
Al riguardo, con la circolare del 19 febbraio 2015, n. 6/E, è stato chiarito che «per esercizio dell’attività di impresa si intende l’effettivo svolgimento dell’attività stessa, che ha inizio con la prima operazione effettuata e non con la sola apertura della partita IVA».
La circolare del 22 luglio 2016, n. 33/E, ha in seguito precisato che «ai fini del computo dei due anni cui fa riferimento la norma, occorre verificare l’effettiva esistenza dell’organizzazione aziendale e l’effettivo esercizio d’impresa che, in taluni casi, può essere desunto anche dagli investimenti realizzati, dai lavori eseguiti, dai contratti, aventi data certa, stipulati, o dalle operazioni passive effettuate in funzione di future operazioni attive».
In conclusione, stante quanto sopra chiarito, la soluzione prospettata dall’istante non è condivisibile.