COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE BRINDISI – Sentenza 08 ottobre 2013, n. 355
Tributi – Accertamento – Termine di decadenza – Raddoppio dei termini – Sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia penale – Sufficienza
Fatto
Con atto pervenuto tempestivamente F. M. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento in epigrafe indicato, con il quale la Agenzia delle Entrate di Brindisi aveva accertato per l’anno 2005 un reddito di capitali di euro 534.110,00, quale quota di reddito attribuibile per il possesso nello stesso anno di una partecipazione nella misura del 100% del capitale sociale della F. C. SRL, e, pertanto, in ragione della presunta distribuzione, pro quota, degli utili extrabilancio accertati alla società tenuto conto della “ristretta base azionaria”.
Società, quella di cui nell’anno in discussione era socio, nei cui confronti per l’anno de quo era stato emesso avviso di accertamento avente ad oggetto la pretesa impositiva di maggior reddito di impresa nella misura di euro 1.335.275,00.
Eccepiva:
-La nullità dell’avviso qui impugnato laddove avente presupposto in avviso di accertamento emesso nei confronti della società in conseguenza di illegittima acquisizione di documentazione. -La nullità dell’avviso qui impugnato laddove intervenuto oltre il termine decadenziale di cui all’art. 43, comma 1. DPR n. 600/1973.
-La nullità dell’avviso impugnato in ragione della estraneità del ricorrente alla applicazione della norma sul raddoppio dei termini per l’accertamento.
-La nullità dell’avviso impugnato laddove avente presupposto in avviso di accertamento emesso nei confronti di società estinta.
-La nullità del pvc redatto nei confronti della società laddove notificato a società estinta.
-La nullità dell’avviso impugnato laddove avente presupposto in avviso di accertamento notificalo a soggetto giuridico estinto.
-La nullità dell’avviso impugnato per violazione dell’art. 2727 cc.
-La nullità dell’avviso impugnato laddove avente presupposto in avviso di accertamento emesso nei confronti della società e non ancora definitivo.
-La nullità dell’avviso impugnato pur in difetto della percezione da parte di esso ricorrente di alcuna somma riconducibile pure a quella maggiore accertata alla società.
Concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, con vittoria di spese e compensi di lite.
Si costituiva in giudizio la AGENZIA DELLE ENTRATE-DIREZIONE PROVINCIALE DI BRINDISI, la quale confermava la correttezza e la legittimità del proprio operato, richiamando quanto alla tempestività la sentenza della Corte Costituzionale n. 247 del 25.07.2011 nonché l’insegnamento pacifico del giudice di legittimità, secondo quale la ristretta base azionaria è presupposto sufficiente a legittimamente presumere la distribuzione dei maggiori utili accertati alla società, salvo prova contraria del loro accantonamento o reinvestimento.
Concludeva per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese e compensi di lite.
Parte ricorrente deposita/a memorie illustrative.
In sede di pubblica udienza le parti presenti esponevano le rispettive argomentazioni difensive.
Motivi della decisione
Preliminarmente questa Commissione rileva che, con sentenza n. 17872/2011 del 30.06-03.11.2011 la CTP di Brindisi, Sezione 2, in parziale accoglimento del ricorso presentato dalla F. C. SRL UNI PERSONALE avverso l’avviso di accertamento di attribuzione alla società di maggiore reddito per l’anno 2005 (avviso nel quale quello di cui qui si discute, trova presupposto e fondamento) ha determinato, ai fini delle Imposte Dirette, dell’IVA e dell’IRAP, maggiori ricavi della società in Euro 560.607,00.
In detta sentenza sono stati affrontate e risolte tutte le problematiche relativi» alla assunta illegittimità dell’avviso emesso nei confronti della società, che, seppure reiterate nel ricorso introduttivo del presente giudizio, devono, pertanto, allo stato, ritenersi superate e non riproponibili in questa sede, pena la possibilità di contrasto di giudicati.
Tanto precisato, ritiene, pertanto, questa Commissione che la disamina del presente ricorso vada circoscritta ai soli motivi direttamente riguardanti lo stesso.
In primis, quindi, va affrontata la eccezione di nullità dell’avviso qui impugnato laddove notificato oltre i termini decadenziali di legge.
A tale riguardo, allora., vale ricordare che, con la nota sentenza n. 247/2011 la Corte Costituzionale, nell’affrontare e risolvere le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento al combinato disposto del 3 comma dell’art. 57 DPR n. 633/1972 e del comma 26 dell’art. 37 D.L. n. 223/2006. e queste dichiarando non fondate, ha rilevato che il censurato terzo comma dell’art. 57 DPR n. 633 del 1972 “prevede, quale unica condizione per il raddoppio dei termini, la sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento. A maggior ragione, la lettera della legge impedisce di interpretare le disposizioni denunciate nel senso che il raddoppio dei termini presuppone necessariamente un accertamento penale definitivo cerca la sussistenza del reato” (con la conseguenza che il mancato assolvimento dell’obbligo di denuncia contigua responsabilità personale del funzionario ma giammai circostanza ostativa al raddoppio dei termini).
Inoltre, tra l’altro, ha comunque puntualizzato che “il raddoppio non consegue da una valutazione discrezionale e meramente soggettiva degli uffici tributari, ma opera soltanto nel caso in cui siano obiettivamente riscontrabili, da parte di un pubblico ufficiale, gli elementi richiesti dall’art. 331 cpp., per l’insorgenza dell’obbligo di denuncia penale….Quanto all’asserita incontrollabilità dell’ apprezzamento degli uffici tributari cerca la sussistenza del reato, va obiettato che il sistema processuale tributario consente, invece, il controllo giudiziario della legittimità di tale apprezzamento. Il giudice tributario, infatti, dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo al riguardo una valutazione orci per allora (c.d. “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto un uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento. E’ opportuno precisare che: a) in presenz<3 di una contestazione sollevata dal contribuente, l’onere di provare detti presupposti è a carico della amministrazione finanziaria, dovendo questa giustificare il più ampio potere accertativo attribuitole dal censurato terzo comma dell’art. 57 DPR n. 633 del 1972; b) ili correlativo tema di prova -e, quindi, l’oggetto della valutazione da effettuarsi da parte del giudice tributario – è circoscritto al riscontro dei presupposti dell’obbligo di denuncia penale e non riguarda l’accertamento del reato; c) gli eventuali limiti probatori propri del processo tributario hanno, pertanto, una ridotta incidenza nella specie e, comunque, non costituiscono oggetto delle sollevate questioni”.
Orbene: nella fattispecie concreta il ricorrente ha lamentato il difetto di indicazione nell’avviso impugnato dei presupposti giustificativi del raddoppio dei termini ovvero, in ogni caso, la estraneità della applicazione ad esso socio della norma in commento.
A riguardo allora questa Commissione rileva che la sussistenza nel caso di specie (e, pertanto, proprio rispetto alla posizione propria del socio) dei detti presupposti dell’obbligo di denuncia penale (circoscritta alla rilevanza di comportamenti riconducibili nella loro puntuale configurazione ad uno dei reati previsti dal D.Lgs.vo n. 74/2000) è evincibile (a prescindere, ripetesi, dal fatto che detta denuncia sia o meno effettivamente intervenuta) dalla entità dei maggiori redditi accertati rispetto a quelli dichiarati nell’anno di imposta in questione, facendosi riferimento, come va fatto, temporalmente, ai dati contenuti nell’accertamento.
Per l’effetto deve ritenersi legittimo il raddoppio dei termini e non inficiato da decadenza l’avviso qui impugnato.
Passando, poi, ad affrontare le eccezioni (correlate) di nullità dell’avviso impugnato laddove avente presupposto in avviso di accertamento emesso nei confronti della società e non ancora definitivo ovvero pur in difetto della percezione da parte di esso ricorrente di alcuna somma riconducibile pure a quella maggiore accertata alla società, si rileva ancora quanto segue.
Per quieta giurisprudenza del giudice di legittimità la presunzione di distribuzione degli utili ai soci della società a ristretta base sociale opera quando sia validamente accertata, a carico della società, la sussistenza di ricavi non contabilizzati ed accertata la ristretta base sociale (ex multis Cass. 19.6.2013 n. 15334; n. 29605/2013).
Non può ragionevolmente revocarsi in dubbio che la validità dell’accertamento di ricavi della società non contabilizzati non può essere confusa con la definitività dell’accertamento degli stessi, sicché deve piuttosto, correttamente, ritenersi presupposto legittimo di presunzione di distribuzione ai soci il fatto che si ritenga acclarata la esistenza di utili extrabilancio.
D’altro canto, diversamente opinando (ovvero dovendo procedersi nei confronti di soci all’esito della intervenuta definitività dell’avviso nei confronti della società) la attività della Amministrazione Finanziaria nei confronti del socio rischierebbe di essere compromessa e/o vanificata dall’intervento della decadenza per decorrenza dei termini per l’esercizio dell’azione di recupero (senza trascurare possibili atti di depauperamento del patrimonio del socio, potenzialmente sottratti ad azioni revocatone); inoltre, siffatto modus operandi condurrebbe a (inaccettabilmente) sostenere che maggiori redditi pure ritenuti validamente accertati nei confronti della società (con conseguenti iniziative di recupero degli stessi in corso di giudizio), viceversa non hanno significato e/o valenza rispetto al socio.
Tanto puntualizzato, nel caso che ci occupa, la esistenza di ricavi non contabilizzati risulta allo stato risulta giudizialmente confermata (seppure in misura ridotta rispetto alla originaria contestazione della Amministrazione Finanziaria) dalla CTP di Brindisi con sentenza n. 178211 del 30.06-03.11.2011, che ha determinato in Euro 560.607,00 i maggiori ricavi della società ai fini delle Imposte Dirette, dell’IVA e dell’IRAP nell’anno 2005, sicché , comunque, è con riferimento a detto ultimo importo che va rideterminato l’utile da ritenersi distribuito al socio ed accertato quale suo maggiore reddito non dichiarato.
Quanto alla ristretta base sociale valga solo rilevare come nell’anno di che trattasi il ricorrente fosse sodo unico della società F. C. Srl Unipersonale (fatto noto alla base della presunzione)) e come nel giudizio in oggetto il ricorrente non abbia addotto alcuno degli elementi che, per quieta giurisprudenza del giudice di legittimità, possono ritenersi idonei a superare la presunzione di distribuzione al socio dei maggiori utili attribuiti alla società ovvero la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione per essere stati, invece, accantonati dalla società o da essa reinvestiti.
Da qui l’accoglimento parziale del ricorso (limitatamente alla riduzione de maggiore reddito accertato al socio in conseguenza della rideterminazione del maggiore reddito della società quale affermata dalla citata sentenza della CTP di Brindisi n. 178211 del 30.06-03.11.2011 (che, ripetesi, ha determinato in Euro 560.607,00 i maggiori ricavi della società ai fini delle Imposte Dirette, dell’IVA e dell’IRAP nell’anno 2005).
Motivi di equità, in ragione della particolarità della fattispecie e del parziale accoglimento del ricorso, inducono, comunque, a dichiarare integralmente compensate fra le parli le spese del giudizio.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, cosi provvede:
1) – Accoglie parzialmente il ricorso per quanto di ragione.
2) – Spese compensate
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