CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 5246 depositata il 28 febbraio 2024
Tributi – Fattura su fornitura di materiali edili riconducibili ad operazioni inesistenti – Avviso di accertamento – Ex socio coobbligato – Raddoppiamento del termine per la ripresa a tassazione – Frode carosello – Accoglimento
Fatti di causa
Con atto impositivo notificato il 19 novembre 2015, l’Agenzia delle entrate di Caserta intimava al signor P.G. il pagamento della somma di Euro.12.425,00 quale ripresa a tassazione per la sua posizione di già socio della C.B. Snc di B.S. & C., relativi al periodo di imposta 2008.
L’avviso di accertamento scaturiva da un’indagine della Guardia di Finanza relativa a fatti risalenti al 2008 per emissione di fattura su fornitura di materiali edili riconducibili ad operazioni inesistenti in rapporto con la ditta M.M.E.di V.M., rivelatasi ditta non operativa, priva di reale sede operativa, in totale assenza di dipendenti nonché di beni, attrezzature e utenze idonee ad effettuare le prestazioni indicate nelle fatture stesse.
Non si ponevano problemi di litisconsorzio necessario, trattandosi di posizione di ex socio coobbligato. Per contro, anche in relazione a quanto maggiormente interessa il prosieguo del giudizio, la questione si incentrava sulla tempestività dell’avviso di accertamento e, in particolare, sulla disciplina del raddoppio dei termini in presenza di fatti astrattamente costituenti reato.
Ed infatti, sull’inapplicabilità dell’raddoppiamento in ragione della norma transitoria nonché in ragione dell’assenza di denuncia, si pronunciavano i collegi di merito che davano ragione alla parte contribuente.
Donde ricorre per Cassazione l’Agenzia delle entrate per il tramite del suo patrono ex lege, affidandosi ad un unico motivo di ricorso, mentre rimane intimata la parte contribuente.
Considerato
Viene proposto unico mezzo di ricorso in parametro all’articolo 360 numero 3 codice di procedura civile, per violazione falsa applicazione dell’articolo 43 DPR numero 600 del 1973 e dell’articolo 57 DPR numero 633 del 1972 e dell’articolo 2 del decreto legislativo numero 128 del 2015. Nella sostanza, si lamenta che il collegio di merito non abbia ritenuto applicabile il raddoppiamento del termine per la ripresa a tassazione, ritenendo non notificato in tempo il verbale di constatazione e in assenza di formale preventiva denuncia penale.
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
È infatti orientamento ormai consolidato di questa Suprema Corte di legittimità che per l’applicazione del raddoppio dei termini non sia necessaria né la formale preventiva denuncia, nemmeno sia rilevante l’eventuale prescrizione del reato, ma sia sufficiente l’astratta configurabilità di un’ipotesi avente rilevanza di reato, tale essendo sicuramente il caso della c.d. “frode carosello”.
Ed infatti, è stato ritenuto da tempo ed affinato di recente che in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dall’art. 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo applicabile “ratione temporis”, può operare anche se la notizia di reato è emersa dopo la scadenza del termine ordinario di decadenza (Cass. V, n. 36474/2021). Peraltro, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 128 del 2015, per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 53 e 97 Cost., nella parte in cui circoscrive l’ambito di operatività delle modifiche al regime del cd raddoppio dei termini per l’accertamento tributario ai soli avvisi notificati dopo l’entrata in vigore del citato D.Lgs., essendo espressione del ragionevole esercizio discrezionale del potere del legislatore la conservazione, pur a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 132 della l. n. 208 del 2015, della vigenza della disciplina transitoria di cui al succitato art. 2, comma 3 (Cass. V, n. 39416/2021).
Ma, altresì, in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini, previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente “ratione temporis”, presuppone la sussistenza dell’obbligo di presentazione di denuncia penale, a prescindere dall’esito del relativo procedimento penale e nonostante l’eventuale estinzione del reato per archiviazione della denuncia, rilevando solo l’astratta configurabilità di un illecito penale, atteso il regime del “doppio binario” tra giudizio penale e procedimento tributario (Cass. V, n. 27250/2022), per cui – infine – in tema di accertamento tributario, per il raddoppio dei termini ex artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, è sufficiente l’emersione di elementi da cui derivi l’obbligo di presentazione di denuncia penale e non rilevano i successivi esiti dell’accertamento né il fatto che gli atti impositivi siano fondati su elementi privi di rilevanza penale, salvo che non emerga un uso pretestuoso o strumentale della disposizione, al solo fine di fruire, ingiustificatamente, di un più ampio termine (Cass. T, n. 20409/2023).
Pertanto, il ricorso è fondato e merita accoglimento, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice di merito affinché esamini la fattispecie nella sua interezza, con particolare riguardo ai profili di completezza del contraddittorio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per la Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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