CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 20409 depositata il 14 luglio 2023
Tributi – Avvisi di accertamento – IRES – IRAP – IVA – PVC – Accoglimento
Fatti di causa
1. Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso nel 2015 avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativi agli anni 2007 e 2008, nei confronti della (…) srl.
2. Impugnati gli atti, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Grosseto, riuniva i ricorsi e li accoglieva per intervenuta decadenza dal potere impositivo ritenendo insussistenti i presupposti per il raddoppio dei termini.
3. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello.
4. La Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Toscana rigettava l’appello, osservando che gli accertamenti impugnati non si fondavano sugli elementi in relazione ai quali era stata inoltrata denunzia di reato, contenuti nel PVC notificato il 22.4.2010 per gli anni dal 2005 al 2008, ma su rilievi analitici, contenuti nello stesso pvc, in relazione alle quali non erano state superate le soglie di punibilità penale, oltre che sulle indagini finanziarie successivamente svolte.
6. Rilevava la CTR che, poiché il superamento delle soglie di punibilità dipendeva dai rilievi di tipo indiretto che erano stati abbandonati dall’Ufficio, quella denunzia era irrilevante rispetto agli avvisi di accertamento emessi.
7. Contro questa sentenza, notificata il 31.10.2018, L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 30.9.2019, affidato ad un motivo.
8. La società non si è costituita con controricorso ma ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente deve rilevarsi l’infondatezza della eccezione di tardività del ricorso sollevata in memoria dalla resistente.
1.1. Trova applicazione la sospensione di mesi nove dei termini di impugnazione, con scadenza tra l’entrata in vigore del d.l. 23/10/2018, n. 119 (24/10/2018) e il 31 luglio 2019, prevista dall’art. 6 comma 11 del citato decreto, trattandosi di causa definibile secondo la predetta normativa. Notificata la sentenza in data 31.10.2019, il ricorso per cassazione, notificato il 30.9.2019, risulta in termini.
2. Passando al merito del ricorso, con l’unico motivo l’Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 43 d.p.r. n. 600 del 1973 e dell’art. 57 d.p.r. n. 633 del 1972 nonché dell’art. 37 commi 24, 25 e 26 D.L. n. 203 del 2006 (ndr art. 37 commi 24, 25 e 26 D.L. n. 223 del 2006) conv., con modificazioni, nella l. n. 248 del 2006, censurando la sentenza della CTR che aveva ritenuto che non sussistessero i presupposti per il raddoppio dei termini perché gli avvisi di accertamento emessi non si fondavano sui rilievi indiretti che perfezionavano i presupposti per la denuncia penale, in particolare sotto il profilo del superamento delle soglie.
2.1. Il motivo è fondato.
2.2. Va premesso che il raddoppio dei termini, previsto dagli artt. 43, comma 3, d.p.r. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, come modificati dall’art. 37, comma 24, d.l. n. 223/2006, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia di reato, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000 (Cass. n. 17586 del 2019), e, quindi, la ricorrenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale (Cass. n. 33793 del 2019).
2.3. L’emersione in sede di verifica delle condizioni di “denunciabilità” penale è sufficiente per determinare il raddoppio dei termini, che operano automaticamente in presenza del mero riscontro di quella condizione obiettiva (Corte Cost. n. 247 del 2011), cosicché non è richiesta l’effettiva presentazione della denuncia e, comunque, restano irrilevanti gli esiti del procedimento penale (Cass. n. 11171 del 2017; Cass. n. 20043 del 2015), così come non rileva che, successivamente al momento in cui è stata commessa la violazione ed effettuato l’accertamento, a seguito dell’annullamento di una parte della pretesa tributaria, sia venuta meno la soglia di punibilità e conseguentemente l’obbligo di denuncia penale, salvo che, in linea con quanto affermato dalla sentenza n. 247 del 2011 della Corte Costituzionale, l’Amministrazione finanziaria abbia fatto un uso pretestuoso o strumentale della disposizione, al solo fine di fruire, ingiustificatamente, di un più ampio termine (Cass. n. 13483 del 2016).
2.4. Infatti, il cd. raddoppio dei termini previsto dall’ art. 43 d.p.r. n. 600 del 1973, attiene solo alla commisurazione del termine di accertamento ed i termini prolungati sono anch’essi fissati direttamente dalla legge, non integrando quindi ipotesi di “riapertura” o proroga di termini scaduti né di reviviscenza di poteri di accertamento ormai esauriti, in quanto i termini “brevi” e quelli raddoppiati si riferiscono a fattispecie ab origine diverse, che non interferiscono tra loro ed alle quali si connettono diversi, unitari e distinti termini di accertamento (Cass. n. 23628 del 2017).
2.5. Se la ratio del raddoppio dei termini, di natura essenzialmente procedimentale, è quella di dare all’Ufficio un tempo maggiore per gli accertamenti nei casi più gravi in cui gli elementi emersi presentano rilievo penale, la possibilità che, proprio ad esito di quegli accertamenti e del contraddittorio endoprocedimentale, le iniziali emergenze vengano ridimensionate e l’atto impositivo si fondi su elementi privi di rilievo penale non può certamente implicare, a posteriori, il venir meno dei presupposti del raddoppio dei termini, salvo che non emerga un uso pretestuoso o strumentale della disposizione, al solo fine di fruire, ingiustificatamente, di un più ampio termine.
2.6. Alla luce di quanto sopra deve formularsi il seguente principio di diritto: In tema di accertamento tributario, per il raddoppio dei termini ex artt. 43, comma 3, d.p.r. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, è sufficiente l’emersione di elementi da cui derivi l’obbligo di presentazione di denuncia penale e non rilevano i successivi esiti dell’accertamento né il fatto che gli atti impositivi siano fondati su elementi privi di rilevanza penale, salvo che non emerga un uso pretestuoso o strumentale della disposizione, al solo fine di fruire, ingiustificatamente, di un più ampio termine.
3. Conclusivamente, accolto il ricorso, la sentenza deve essere cassata di conseguenza e la causa deve essere rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e cassa di conseguenza la sentenza impugnata; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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