COMMISSIONE TRIBUTARIA Regionale di Campobasso – Sentenza n. 239 sez. T del 2 settembre 2015
TRIBUTI – IMPOSTE SUI REDDITI ED IVA – ACCERTAMENTO – CESSIONE DI TERRENO – OPERAZIONE ANTIECONOMICA – SPESE DI MIGLIORAMENTO ECCEDENTI IL PREZZO DI CESSIONE – DISCONOSCIMENTO DELLE SPESE – RECUPERO A TASSAZIONE – SUSSISTE
Svolgimento del processo
Il sig. B., legale rappresentante della Immobiliare G. srl, rapp. e dif dal rag. G.G., in data 21/05/2009, presentava ricorso avverso l’avviso di accertamento n. R1W030100195/2008, comportante recupero a tassazione da maggiori importi per Irpeg, Irap e IVA, anno di imposta 2003. Il ricorrente, nella qualità, oltre ad eccepire una presunta inesistenza della notifica dell’atto impugnato, deduce l’erroneità dell’operato dell’ufficio il quale avrebbe immotivatamente provveduto al disconoscimento parziale degli importi dichiarati dalla società quali spese per la sistemazione e miglioramento di un terreno acquistato dalla Immobiliare G. e, poi, dalla stessa società rivenduto alla ditta M.. Chiedeva l’annullamento dell’avviso di accertamento con vittoria di spese e onorari e la pubblica udienza.
L’Agenzia delle Entrate, costituitasi in giudizio in data 29/06/2009, si è opposta all’accoglimento del ricorso ribadendo la legittimità del proprio operato. Sosteneva che l’Immobiliare G. srl, avendo acquistato il terreno per il prezzo di €.122.500,00, e dopo averlo livellato e migliorato affrontando spese dichiarate per complessivi €. 280.000,00, lo ha poi rivenduto al prezzo di € 240.000,00, importo notevolmente inferiore alla somma tra il prezzo esborsato per l’acquisto ( 122.500,00) e le spese che assume aver affrontate per le migliorie apportate (€ 280.000,30). L’Agenzia delle Entrate faceva effettuare una stima delle opere di miglioramento, che sono state correttamente valutate da parte dell’Agenzia per il Territorio, in complessivi € 78.760,00. L’ufficio conclude che la resistente ha motivatamente disconosciuto parte dei costi che l’Immobiliare G. assume di aver sostenuto per il miglioramento del terreno (effettuato, tra l’altro, da una società controllata dall’Immobiliare G. srl) e provveduto al conseguente recupero a tassazione. Chiede il rigetto del ricorso e la conferma dell’avviso di accertamento impugnato con condanna al pagamento delle spese di giudizio come da notula. Costituitosi il contraddittorio nei termini essenziali sopra succintamente esposti, la Commissione Tributaria provinciale di Campobasso, sez. 3, all’udienza del 3/11/2009, con sentenza n. 292 3 09 accoglieva il ricorso, annullava l’atto impugnato. Compensava le spese. L’Agenzia Entrate in data 14/01/2011 presentava appello, riteneva ingiusta la sentenza emessa, legittimo il proprio operato, si riportava integralmente a quanto espresso, chiedeva l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese del doppio grado di giudizio. La società ricorrente in data 23/02/2011 presentava controdeduzioni, si riportava a quanto espresso in prime cure, riteneva legittimo il proprio operato e chiedeva il rigetto dell’appello, la conferma della sentenza di primo grado con vittoria di spese e la pubblica udienza. All’odierna udienza, assenti le parti in causa, dopo l’esposizione dei fatti ad opera del Giudice relatore, la causa veniva riservata a decisione.
Motivi della sentenza
La Commissione, esaminati gli atti e valutate le argomentazioni, ritiene che l’appello è fondato e meritevole di accoglimento. L’Ufficio propone formale appello ai sensi degli articoli 52 e 53 del D.Lgs. n. 546/92, per error in judicando e per violazione e falsa applicazione dell’art. 39, c. 1, lett. d), DPR 600/73 e dell’art. 54 DPR 633/72. La sentenza di primo grado è ingiusta poiché, dopo aver riconosciuto che il ragionamento seguito dall’Ufficio e posto a base della rettifica era logico e coerente, ha ritenuto illegittima la ripresa a tassazione effettuata dall’Ufficio. Poiché l’organo collegiale ha considerato valida la tesi dell’Ufficio relativa all’evidente comportamento antieconomico posto in essere dalla società che avrebbe rivenduto ad un prezzo di € 240.000,00 un terreno per il quale aveva corrisposto un prezzo di acquisto di € 122.524,00 e sostenuto, per lavori di migliorie eseguiti sullo stesso, il costo per € 280.000,000, non poteva annullare sic et simpliciter la ripresa a tassazione operata dall’Agenzia, in assenza di qualsiasi plausibile spiegazione fornita dalla parte. Così facendo, ha deciso in maniera contrastante con quello che è l’orientamento, ormai consolidato, della giurisprudenza di legittimità che attribuisce grandissimo rilevo all’antieconomicità dei comportamenti delle imprese. La Suprema Corte di Cassazione ha ribadito che, in tema di imposte dei redditi, la rettifica della dichiarazione ai sensi dell’art. 39, c. 1, lettera d), DPR n. 600/73 può essere giustificata dal ricorso a presunzioni semplici purché fondate su dati di fatto gravi, precisi e concordanti. Per la Cassazione tali sono anche gli elementi ricavati dall’andamento generale dell’azienda e ove tale andamento risulti antieconomico ( perché determinate voci di costo sono spropositate rispetto ai ricavi), l’onere della prova si sposta sul contribuente in senso contrario (sent. n. 793 del 2003, n. 66/2005, n. 9572/2007 e n. 2436/2008).
Per i Giudici di legittimità, in presenza di un comportamento contrario ai canoni dell’economia, che il contribuente non spieghi in alcun modo, è legittimo l’accertamento induttivo ed il giudice di, merito per poter annullare tale accertamento deve specificare, con argomenti validi, le ragioni per le quali ritiene che l’antieconomicità del comportamento del contribuente non sia sintomatica di possibili violazioni di disposizioni tributarie (cfr. sent. n. 1409/2008). Nel caso de quo, la società non ha fornito nessuna spiegazione in merito al proprio comportamento, che oltre ad essere palesemente antieconomico, dà adito ad enormi dubbi visti i rapporti intercorrenti tra la società ricorrente e la C. snc che ha eseguito i lavori sul terreno. La C. snc è collegata all’Immobiliare G., avendo entrambe lo stesso rappresentante legale, il sig. B.G., che detiene, peraltro, il 100% delle quote dell’Immobiliare G. e il 99% delle quote della C. Di tali evidenti anomalie, che indubbiamente costituiscono di per sé una presunzione dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, i giudici di prime cure non hanno tenuto alcun conto, ma hanno solo asserito che il comportamento avuto dalla Immobiliare G. era legittimo poiché la stessa non aveva portato in detrazione i costi ma li aveva considerati quale incremento di valore del terreno acquistato dalla S.I.P.A.M. Il ragionamento è privo di significato, poiché, in considerazione dell’attività svolta dalla Immobiliare G., consistente nella “Vendita e valorizzazione di immobili”, il terreno costituiva un bene merce, e pertanto, non poteva essere patrimonializzato e, quindi, inserito, nel libro dei cespiti ammortizzabili. Inoltre, i giudici nulla hanno detto per ciò che concerne l’enorme divario tra il costo dei lavori fatturato dalla C. per € 280.000,00 e quello fissato dall’Agenzia del Territorio di Campobasso m € 78.770,00, circostanza per la quale la parte, poi, non ha mai fornito alcuna giustificazione. Non hanno, quindi, considerato che, anche nell’eventualità in cui il prezzo del terreno potesse essere patrimonializzato, la società ha detratto, comunque, l’IVA da un costo che solo in parte è stato effettivamente sostenuto. Il recupero dell’ufficio, di conseguenza, doveva essere riconosciuto legittimo. Le spese sono attribuite come da dispositivo. La circostanza è confermata e suffragata dalla documentazione regolarmente acquisita agli atti processuali e,
P.Q.M.
Accoglie l’appello e condanna la parte soccombente alle spese di questo grado di giudizio in € 1.000,00 oltre accessori di legge se dovuti.
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