COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO –  sezione n. 29 – Sentenza 8 maggio 2013, n. 122

ACCERTAMENTO – SINTETICO – DICHIARAZIONE DELLA MADRE DEL CONTRIBUENTE – VALENZA INDIZIARIA – PROVA DELLA PROVENIENZA DELLA PROVVISTA TRAMITE PRODUZIONE DEL CONTO CORRENTE DELLA MADRE

massima

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La dichiarazione della madre del contribuente non costituisce di per sé piena prova della provenienza del denaro ma solo indizio da suffragare con altri elementi quali la produzione del conto corrente della madre.

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FATTO

In data 3 ottobre 2008 è stato notificato al sig. M.V. un atto di accertamento n. …/2008 relativo ad IRPEF per l’anno 2003 redatto ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973. L’ufficio, su segnalazione della Motorizzazione Civile, contestava un acquisto non congruente con gli scarsi redditi denunciati dal contribuente per l’anno in questione ed i precedenti. Avverso l’atto notificato il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma lamentando:

1. Durante la fase amministrativa il ricorrente ha dichiarato che l’acquisto dell’autovettura è avvenuto con l’utilizzazione dei propri risparmi e di donazioni materne.

2. Insufficienza della motivazione dell’atto. Durante la fase amministrativa il contribuente ha provato la provenienza del denaro necessario all’acquisto da propri familiari, ai sensi dell’art. 38, comma 6 del D.P.R. n. 600/1972, e segnatamente della madre di cui è a carico.

L’Ufficio si costituiva in giudizio eccependo:

1. La dichiarazione per cui l’acquisto è avvenuto mediante l’utilizzazione di risparmi di anni precedenti è inconferente, atteso che negli anni precedenti il contribuente ha dichiarato redditi talmente bassi, ed addirittura pari a zero un anno, da non permettere l’accumulo di risparmio.

2. I redditi della madre nel contribuente non ammontano cifre tali da giustificare l’acculo di risparmio necessario all’acquisto.

3. Non sono ammissibili nel giudizio tributario dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà.

Con la sentenza di cui in epigrafe, la Commissione tributaria Provinciale accoglieva respingeva il ricorso osservando:

1. Gli accertamenti ex art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973 si sottraggono all’obbligo di motivazione, spettando al contribuente l’onere della prova contraria che il reddito presunto in base al così detto redditometro in realtà sia derivato da entrate considerate dal medesimo art. 38.

2. Il reddito del contribuente e della di lui madre non sono sufficienti a giustificare l’accumulo di risparmio.

3. Non è ammissibile nel processo tributario come prova una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Avverso la detta sentenza propone appello il contribuente, con atto notificato nei termini ai sensi dell’art. 1 della legge 21 gennaio 1994, n. 53 e non depositato presso la Segreteria della Commissione Provinciale, lamentando:

1. Richiama in primo luogo l’orientamento della Suprema Corte circa la natura di presunzioni semplici delle rilevazioni compiute ex art. 38, suscettibili di prova contraria anche sino al punto di poter dimostrare l’inesistenza di un reddito.

2. Contesta quindi la motivazione della sentenza impugnata evidenziando che il reddito della madre appare congruo in relazione alla spesa e che tale reddito, per quanto imputato a soggetto diverso, deve considerarsi sostanzialmente reddito familiare atteso che il contribuente non è per sé produttore di reddito ma è totalmente a carico della madre, con la quale convive senza famiglia né prole.

3. Osserva che la sentenza non ha considerato tali circostanze addotte dall’appellante dimenticando l’orientamento della Cassazione secondo cui i dati presuntivi possono essere contestati dal contribuente con argomentazioni specifiche, come nella specie, che diviene onere dell’ufficio contestare.

4. Erroneità della sentenza nella parte in cui considera il reddito materno solo a decorrere dal 2002 atteso che l’art. 38 prescrive che la presunzione si formi sull’esame di due o più annualità. Ciò ha condotto ad obliterare immotivatamente le giustificazioni addotte dal contribuente circa l’accumulo in più anni di modeste forme di risparmio familiare che hanno determinato la provvista. Ritiene di potere dimostrare ciò con l’attestazione dell’istituto bancario dalla quale si rileva che la somma necessaria è stata prelevata dal conto corrente in un’unica tornata quasi esaurendo il conto stesso.

5. Infine richiama cassazione 16 maggio 2007, n. 11221 la quale precisa che anche le dichiarazioni di terzi, con riferimento nella specie alle dichiarazioni della madre, devono essere accolte nel processo tributario con il medesimo valore indiziario con cui esse sono accolto se a carico del contribuente. Precisa che la dichiarazione del terzo non ha la natura di prova ma appunto di indizio a rafforzamento delle tesi giustificatorie autonomamente formulate.

Si costituisce in giudizio l’appellato eccependo:

1. Inammissibilità dell’appello per carenza dei motivi specifici di impugnazione.

2. Inidoneità della dichiarazione di terzo a costituire prova nel processo tributario nonché, nella specie, inidoneità a costituire anche un indizio a suffragio di elementi altrimenti non provati.

3. I redditi materni, anche negli anni precedenti il 2002, sono talmente esigui da non giustificare una capacità di risparmio dedotte le normali spese per il vivere.

4. Manca una prova circa l’esborso diretto da parte della madre della provvista.

DIRITTO

L’appello è assistito da puntuali doglianze circa la sentenza di primo grado, le quali solo apparentemente sono generiche, ma in realtà solo ripetitive dei motivi di primo grado che sono stati del tutto disattesi dal Giudice di prime cure. In tali casi, all’evidenza, l’appello non può che contenere le medesime doglianze del primo grado.

Quanto all’eccezione dell’Ufficio, ben conosce questo giudicante la giurisprudenza costante dalla Corte di Cassazione circa l’inidoneità delle dichiarazioni di terzo a costituire piena prova nel giudizio tributario. Tale giurisprudenza, però, non le ritiene del tutto prive di un valore giuridico, attribuendo anzi loro quello di principio di prova quando costituiscano indizi gravi, precisi e concordanti. Gli indizi costituiscono la così detta prova indiretta o critica (che si contrappone, dunque, alla prova diretta o rappresentativa: es.: la testimonianza), e consistono in un fatto certo dal quale, per inferenza logica basata su regole di esperienza consolidate ed affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto secondo lo schema del ed. sillogismo giudiziario (Cass., S.U., sent. 6682 del 4-6-92).

Perché l’esistenza di un fatto possa ritenersi provata in via indiretta occorre che gli indizi siano gravi, e cioè consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti; precisi, e cioè non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o anche più verosimile, e pertanto non equivoci, concordanti, e cioè che non contrastino tra loro o con ulteriori dati o elementi certi.

Le gravità, precisione e concordanza degli indizi è quindi questione di fatto che deve essere valutata volta per volta in funzione dei fatti dai quali essi scaturiscono.

Orbene, nella specie le dichiarazioni della madre del contribuente non costituiscono, per sé, piena prova della provenienza del denaro, ma possono essere assunte quali indizio suffragato da altri elementi.

In primo luogo il contribuente ha dimostrato la provenienza della provvista necessaria all’acquisto dell’auto in questione dal conto corrente della madre. Sarebbe spettato, quindi, all’ufficio provare l’impossibilità dell’accumulo di tale capitale.

Il contribuente ha quindi provato la convivenza, e dunque sussiste un indizio rilevante circa la generosità della madre nei confronti del figlio unico convivente.

Quanto alla capacità di risparmio ed all’impossibilità, secondo l’Ufficio, dell’accumulo di tali risorse atteso il basso reddito familiare, corretta appare la doglianza del contribuente nel lamentare che l’Ufficio avrebbe dovuto considerare la capacità di accumulazione almeno nel quadriennio precedente, ciò desumendosi dall’art. 38, comma 5 del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo allora in vigore, a mente del quale gli incrementi patrimoniali si presumono conseguiti con il reddito dell’anno di accertamento e dei quattro precedenti. L’appello, pertanto, è da accogliere.

Sussistono, comunque, giustificati motivi per la compensazione integrale delle spese, competenze ed onorari dei due gradi del giudizio, ai sensi dell’art. 92, comma secondo c.p.c.

P.Q.M.

Accoglie l’appello del contribuente.

Compensa integralmente tra le parti le spese, competenze ed onorari dei due gradi del giudizio.