COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA – sezione 9 – Sentenza 4 marzo 2013, n. 40
ACCERTAMENTO – IVA – VIOLAZIONI E SANZIONI – PARTECIPAZIONE A “FRODE CAROSELLO” – NECESSITA’, DA PARTE DELL’UFFICIO DI PRODURRE ELEMENTI DI PROVA VALIDI OLTRE OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO – SUSSISTE
Con distinti ricorsi la società N.C. S.r.l., con sede in Orbetello (GR) via M. E. nella persona del proprio rappresentante legale sig. R. M., assistito e difeso dal Dott. R.C. con studio in Grosseto, Via S. N., come da mandato, ricorrevano contro l’avviso di accertamento anni 2005 e 2006 ai fini IVA IRES e IRAP a seguito P.V.C., della Guardia di Finanza di Orbetello.
L’accertamento scaturisce a seguito di una verifica fiscale fatta dalla Guardia di Finanza di Napoli alla C. S.r.l. con sede in Napoli esercente l’attività di commercio di autoveicoli.
Da tale accertamento emergeva che la ditta C. operava in veste di acquirente di auto in regime esenzione IVA e ritrasferiva le suddette a imponibile ribassato senza versare l’IVA e senza presentare alcuna dichiarazione.
Sulla base di detto accertamento la Guardia di Finanza di Orbetello procedeva al verbale di constatazione nei confronti della N. C. S.r.l. per i rapporti avuti negli anni 2005 e 2006 con la società accertata, riscontrando l’illegittimità delle deduzioni per gli acquisti fatti e per indebita detrazione IVA.
La Contribuente eccepisce carenza di motivazione per vizio proprio del procedimento, per inesistenza dei presupposti impositivi, per inefficacia del P.V.C., per mancato rispetto dei principi di correttezza, imparzialità, par buona fede, per violazione del diritto alla difesa, per inesistenza delle ipotesi fraudolente e chiede la nullità degli avvisi di accertamento omissis.
Con sentenze n. 174/2/10 e 175/10 del 26/05/10 la Commissione Tributaria Provinciale di Grosseto, accoglie il ricorso, spese compensate.
Avverso tale decisione propone appello l’ufficio, insistendo nei propri assunti e censurando la motivazione della Commissione Provinciale e ne chiede la riforma.
Controdeduce il Contribuente e con appello incidentale chiede la conferma della sentenza dei primi giudici.
OSSERVA
Preliminarmente la Commissione dispone la riunione, ex art. 29 del D.Lgs. 6/92, del ricorso rubricato con n. di RGA 505/11 al n. 504/11, per connessione soggettiva ed oggettiva.
Le argomentazioni della Commissione Tributaria Provinciale di Grosseto sono tutte condivisibili, va disatteso l’appello dell’Ufficio, e confermata la sentenza di primo grado.
Le eccezioni sollevate dall’Ufficio seno aleatorie e prive di elementi di prova per cui sono da considerarsi presunzioni semplici.
Il dubbio sollevato dall’Ufficio circa la partecipazione della società N. C. S.r.l. alla così detta “frode carosello” circa l’evasione dell’IVA non è stato provato oltre ogni ragionevole dubbio.
La ditta C. che non ha presentato alcuna dichiarazione par gli anni accertati non è da considerarsi ditta fantasma, ma semmai evasore totale essendo lo stesso regolarmente iscritto alla Camera di Commercio.
La tesi dell’ufficio che, nella fattispecie, sia stato messo in atto un comportamento fraudolento non trova riscontro» negli atti di causa allegati, né è emerso alcun elemento di prova che possa avvalorare tale tesi. L’onere dalla prova, nel caso specifico, non può essere posto a carico del Contribuente, perché esso è comunque a carico dell’Ente impositore che deve dimostrare, senza ombra di dubbio, la validità della pretesa fiscale.
Anche la presunzione che la N. C. S.r.l. abbia tratto vantaggio dal “modus operandi” non è stata dimostrata.
Dalla questione si è occupata anche la magistratura ordinaria in quanto, su segnalazione della Guardia di Finanza di Orbetello a carico del signor R.M., amministratore unico della N. C. S.r.l., il giudice dell’udienza preliminare, respingeva la richiesta della Procura di rinvio a giudizio con sentenza di non luogo a procedere perché gli elementi acquisiti nel corso delle indagini non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio ex art. 125 disp. Att. ccp. È pur vero che il giudizio penale non necessariamente debba coincidere con quello tributario ma, nel caso specifico, non può non tenersene conto.
Del resto è stato rilevato che un notevole ostacolo alla repressione penale alle “frodi carosello” è rappresentato dall’art. 9 del D.Lgs. n. 74 del 2000, che esclude la possibilità di incriminare a titolo di concorso di persone l’emittente e l’utilizzatore delle fatture, dato che, appunto, solo attraverso la dimostrazione dell’accordo preventivo tra i soggetti è possibile pervenire alla loro incriminazione.
Nel caso specifico, in punto di merito, va osservato come non sia stata raggiunta la prova che la N. C. S.r.l. abbia tratto vantaggi fiscali dall’intera operazione messa in atto. Si sosteneva, infatti, che la società C. S.r.l. aveva acquistato auto da un fornitore comunitario.
Successivamente tale impresa avrebbe rivenduto le auto sul territorio nazionale a un imponibile sistematicamente inferiore a quello di acquisto applicando l’Iva al 20% regolarmente riscossa e non versata all’erario, con un guadagno pari alla differenza tra il prezzo di vendita comprensivo d’Iva e il prezzo di acquisto, mentre l’operatore nazionale avrebbe ottenuto un notevole vantaggio concorrenziale potendo immettere sul mercato le auto a un prezzo considerevolmente inferiore a quello normalmente praticato dagli altri operatori. Si fondava la presunzione di società interposta sulla mancanza di contabilità, nonostante un complesso giro di affari, su alcune irregolarità nell’emissione di fatture, sull’assenza di lavoratori dipendenti.
Si deduceva che N. C. S.r.l., da considerare “operatore effettivo”, sarebbe stato a piena conoscenza dell’attività dell’intermediario avendo conseguito un considerevole vantaggio stante che, pur avendo provveduto a tutti gli adempimenti tributari, in mancanza dell’interposizione sarebbe stato costretto ad acquistare i beni a un prezzo superiore perdendo il vantaggio concorrenziale.
Con tali presupposti si riteneva indeducibile l’Iva sugli acquisti ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 632 del 1972 e indeducibile, ai fini delle imposte dirette, il costo per l’acquisto dei mezzi.
La N. C. S.r.l., nel ritenere, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello per carenza di motivi e nel dare atto di sconoscere tutti i rapporti del suo dante causa, ha contestato integralmente la ricostruzione dell’agenzia documentando la reale esistenza dell’impresa che ha fornito le autovetture, la regolarità dei propri acquisti con il deposito di tutte le fatture, l’inesistenza di prezzi ridotti, allegando a ciascuna fattura la valutazione riportata nel listino dei prezzi, le modalità di pagamento allegando copia delle cedole dei relativi assegni emessi.
Alla stregua di tali elementi di fatto l’appello dell’ufficio è da considerare destituito di fondamento.
Nella fattispecie in esame è carente la prova dell’esistenza dei due elementi essenziali, e cioè dell’inesistenza dell’operazione e del fine evasivo.
Se la società C. S.r.l., ritualmente costituita e iscritta alla Camera di Commercio, ha acquistato le autovetture ed ha provveduto a emettere le fatture per le autovetture vendute, corredandole con il certificato di provenienza, è evidente che non può parlarsi di entità oggettivamente inesistente.
Se la contestata evasione fiscale è ravvisabile nel fatto che il venditore non avrebbe corrisposto all’erario l’Iva regolarmente riscossa, il fatto non è certo imputabile all’acquirente che non ha alcuna responsabilità, né solidarietà nell’obbligazione altrui.
Se l’acquirente ha ritualmente pagato l’Iva indicata in fattura, in relazione alla compravendita posta in essere, non è ravvisabile, agli effetti fiscali, quale beneficio lo stesso possa aver tratto dall’inadempimento altrui.
Sull’esistenza del fatto (differenza tra il prezzo di acquisto intracomunitario e prezzo di rivendita), costituente il presupposto del l’indiretto beneficio, non esiste alcuna prova.
A prescindere dal principio, più volte affermato (ved. Cass. n. 1319/2002), secondo il quale “è nullo l’avviso di accertamento motivato mediante richiamo a un processo verbale di constatazione, a sua volta contenente il rinvio alle risultanze di altro processo verbale di constatazione, redatto nei confronti di un terzo soggetto e non prodotto in giudizio”; se può essere vero che il richiamo, per relazione, di fatti estranei alla contestazione (perché riferiti a terzi) può essere idoneo a sorreggere la motivazione di un accertamento, non è certamente idoneo a dimostrare l’esistenza del fatto che costituisce il presupposto di un’autonoma contestazione, specialmente quando quel fatto potrebbe rappresentare un elemento di un’attività illecita.
Se è vero, come si deduce dagli atti, che la frode fiscale, imputata, ex post, alla società presunta intermediaria è conseguente all’accertamento del mancato versamento all’erario dell’imposta riscossa sulla fatture emesse, è evidente che la circostanza non poteva essere conosciuta o prevista dall’acquirente al momento della consegna del mezzo e del relativo documento fiscalmente regolare.
Non sussistendo alcuna prova su un presunto accordo simulatorio e sussistendo fatti e documenti sulla realità dalle operazioni, tenuto presente il disposto dell’art. 60 bis del D.P.R. n. 633 del 1972 introdotto con la L. n. 311 del 2004, ed il principio affermato dalla Corte di Giustizia europea secondo il quale “sussiste il diritto di dedurre l’Iva pagata a monte anche quando nella catena di cessioni si sia inserita, senza che il soggetto passivo lo sappia o possa saperlo, una operazione inficiata da frode all’Iva”, la contestazione sulla indetraibilità dell’Iva pagata sugli acquisti e della indeducibilità del costo di acquisto dei mezzi, è destituita di fondamento per cui la sentenza impugnata deve essere confermata.
Trattandosi di valutazione di fatto su elementi controversi si ritengono sussistenti giusti motivi per la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
Questa Commissione Regionale. Respinge l’appello dell’Ufficio.
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