COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – Sentenza 03 febbraio 2020, n. 18
Tributi – Accise – Omesso versamento – Avviso di irrogazione sanzioni – Esimente – Carenza di risorse finanziarie e avvio procedura concorsuale immediatamente successiva allo spirare del termine di versamento – Esclusione
Svolgimento del processo
La Commissione Tributaria Provinciale di Pordenone, con sentenza 133/01/18 pronunciata e depositata il 21.11.2018, ha accolto il ricorso della (…) s.p.a. avverso l’avviso di irrogazione sanzioni (per mancato conguaglio accise gas naturale 2016 e omesso versamento 1 rata 2017) alla stessa notificato in data 13.04.2018. Annullando per l’effetto l’avviso di irrogazione sanzioni, con condanna della resistente Agenzia delle Dogane al pagamento delle spese di lite, quantificate in euro 2.500,00 oltre accessori.
La Prima Commissione, a disaminata documentazione di causa, ha riscontrato – integrata la condotta omissiva e quindi riscontrato perfezionato l’elemento oggettivo – la carenza dell’elemento soggettivo. Ciò ritenendo verosimile che la società avesse omesso il versamento non già per dolo o colpa grave bensì perché priva di risorse cui attingere alla bisogna, vieppiù considerata la breve scansione temporale tra lo spirare del termine di pagamento e l’avvio di procedura concorsuale.
L’Ufficio (Agenzia delle Dogane/Ufficio di Pordenone) ha presentato appello dd. 1.02.2019 concludendo per la riforma integrale della sentenza e vittoria di spese per ambo i gradi, con istanza di sospensione (stante avvenuta notifica dalla società di un ‘atto di invito ad adempierè) e richiesta di discussione in pubblica udienza.
L’appello è articolato sui seguenti motivi:
1. violazione art. 5 D.lgs. 472/1997, per avere riscontrato carenza dell’elemento soggettivo nella condotta di omesso versamento dell’accisa – violazione e falsa applicazione art. 2697 c.c. in ordine alla ripartizione della prova sulla sussistenza della colpa;
2. violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c. nonché degli artt. 18 e 24 D.lgs. 546/1992;
3. omessa valutazione di fatti e circostanze rilevanti per la decisione della controversia con conseguente condanna dell’Ufficio alle spese di giudizio.
La società – in liquidazione – ha presentato controdeduzioni dd. 2.04.2019, concludendo per il rigetto dell’appello e per la conferma della sentenza appellata. Con vittoria di spese anche del grado.
All’udienza del 26.06.2019 il Collegio ha disposto la sospensione dell’esecutività della sentenza 133/01/18 limitatamente alla condanna alle spese, apparendo concreto il periculum in mora nel recupero dell’importo di euro 2.500,00 da parte dell’Ufficio, atteso lo scioglimento e messa in liquidazione della società contribuente. Con rinvio della causa all’udienza del 25.11.2019.
All’odierna pubblica udienza sono presenti ambo le parti, con conclusioni pari a quelle rese in atti.
La controversia viene ritenuta in decisione.
Fatto e diritto
1. E’ constato che:
– la società (…) spa, avente sede legale in Roma, è(ra) soggetto economico che fornisce gas naturale in numerose province del territorio nazionale, procedendo alla fatturazione del gas ai consumatori finali;
– nel sistema fiscale delle accise sul gas naturale è(ra) soggetto obbligato al pagamento dell’imposta (art. 26, co. 7, TUA, con diritto di rivalsa sui consumatori finali), da attuarsi tramite versamenti in acconto a cadenza mensile con annuale finale conguaglio a debito/credito;
– la società aveva presentato in data 30.03.2017 la dichiarazione di consumo di gas naturale per la provincia di Pordenone relativa all’anno 2016, liquidando l’accisa dovuta in euro 32.693,54 (con acconti già corrisposti in ragione di euro 21.260,76);
– la società, alla scadenza del 31.03.2017 (termine ex art. 26, co. 13, TUA), non aveva versato né la somma di euro 11.432,78 (conguaglio 2016) né la somma di euro 4.629,92 (acconto marzo 2017) per accise, con complessivo omesso versamento di euro 16.062,70;
– il Consiglio di amministrazione della società, in data 3.04.2017, aveva valutato e deliberato di presentare mandato di concordato preventivo “con riserva” (controdeduzioni società, premessa in fatto, punto 3);
– la società, nella medesima data aveva depositato ricorso al Tribunale di Roma per l’ammissione a concordato preventivo, con richiesta di termine per presentazione proposta o per omologa di accordo di ristrutturazione del debito (c.d. concordato in bianco);
– il Tribunale aveva, con decreto dd 11.04.2017, concesso e assegnato alla società termine (scadente l’11.11.2017) per la definitiva proposta di concordato preventivo, con piano e documentazione completa; nominato il commissario giudiziale e ordinato il deposito di documento rappresentativo della situazione patrimoniale;
– con atto dd. 27.02.2018 il Consiglio di amministrazione di (…) s.p.a. aveva deliberato lo scioglimento della società, la revoca della domanda di concordato nonché, dal 3.05.2018, lo scioglimento e messa in liquidazione della società;
– con atto dd. 6.03.2018 la società aveva revocato la proposta di concordato preventivo e rinunciato alla relativa domanda presentata al Tribunale di Roma, senza peraltro avere mai depositato il piano concordatario;
– l’Ufficio, in data 6.04.2018 aveva emesso avviso di pagamento finalizzato al recupero dell’accisa per euro 16.062,70, con contestuale atto di irrogazione immediata della sanzione amministrativa pari al 30% dell’imposta non versata (pertanto in euro 4.818,81 ex art. 13, co. 1 D.lgs. 471/1997), ambo notificati in data 13.04.2018;
– la società aveva impugnato, con ricorso notificato il 12.06.2018, soltanto l’atto di irrogazione sanzioni amministrative senza contestare la pretesa tributaria, affidato ad un unico motivo, tale: “Sulla illegittimità dell’atto irrogativo di sanzione. Sulla previa ammissione di (…) s.p.a. alla procedura concorsuale. Sugli effetti del combinato disposto degli artt. 161, 167 e 169 L. Fall. Sulla assenza di profili di colpa nell’inadempimento dell’avviso di pagamento”;
– il Tribunale di Roma, con decreto 26.07.2018, aveva dichiarato il non luogo a provvedere in ordine alla domanda di concordato preventivo come proposto dalla spa e respinta la richiesta di fallimento come formulata dal Pubblico Ministero.
2. La Suprema Corte (Cass. 4960/2017), pronunciandosi in materia di ritardato (nella specie di gg. 4 rispetto al termine di legge allora vigente) versamento accise su gas naturale, ha enunciato il principio che: “In termini di sanzioni tributarie, dovendo la violazione meramente formale non punibile rispondere a due concorrenti requisiti – non arrecare pregiudizio all’azione di controllo, e, al contempo, non incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo – il ritardo nel versamento del tributo integra una violazione sostanziale e non formale della (vigente ratione temporis) L. 388/2000, art. 38, commi 6 e 7, ed è sanzionato dal D.Lgs n. 471 del 1997, art. 13, in quanto incide sul versamento del tributo ed arreca pregiudizio all’incasso erariale“.
3. Sulla questione nodale di cui è controversia (illegittimità della sanzione per omesso/mancato pagamento di debito d’imposta liquido ed esigibile in limine a istanza di concordato preventivo/inapplicabilità della sanzione in difetto dell’elemento soggettivo) sono state nel 2018 – come da ambo le parti analiticamente rappresentato – adottate da Commissioni Tributarie Provinciali di varie regioni numerose pronunzie di merito tutte innanzi a fattispecie identica a quella di cui è ora controversia, parte accoglienti le ragioni della contribuente (…) s.p.a. (controdeduzioni della società, elencazione a pag. 5), parte rigettanti le stesse (appello dell’Ufficio, elencazione a pag. 22).
Nel 2019 alcune Commissioni Tributarie Regionali (Piemonte 916/07/19; Abruzzo/Pescara 750/06/19, 751/06/19, 752/06/19) hanno, in riforma di avverse decisioni di prime cure, confermato l’accoglimento delle ragioni della contribuente.
4. La Corte di Cassazione (9440/2019, depositata il 4.04.2019) ha enunciato che:
1. L’obbligazione tributaria sorge con il verificarsi del presupposto di fatto al quale è ricollegata l’emersione del tributo, a fronte del quale la successiva attività accertativa dell’Amministrazione finanziaria attiene all’esercizio del diritto di credito e ha funzione ad essa strumentale (…). Ove il presupposto impositivo si sia verificato prima dell’apertura del concordato preventivo del debitore, i crediti medesimi devono ritenersi anteriori al concordato ai sensi della L. Fall. artt. 168 e 184 (Cass. SU, 4779/1987; Cass. 17637/2007). La natura concorsuale del credito rinviene, pertanto, dalla mera circostanza che il credito tributario si ricolleghi ad un presupposto di fatto verificatosi in epoca precedente l’apertura di una procedura concorsuale. Ne consegue che risulta irrilevante, al riguardo, la circostanza che all’atto dell’apertura del concorso non sia intervenuto alcun accertamento in ordine ai suddetti crediti.
2. Parimenti, non può farsi distinzione tra emersione dell’obbligazione tributaria ed applicazione della sanzione pecuniaria, ove il presupposto dell’irrogazione della sanzione (infrazione) sia precedente all’apertura della procedura concorsuale, benché l’atto di irrogazione della sanzione sia successivo all’apertura della procedura stessa. Le sanzioni pecuniarie, conseguenti alla violazione di leggi tributarie commesse in data antecedente al fallimento del contribuente danno luogo ad un credito dell’amministrazione finanziaria per il fatto stesso che si sia verificata una violazione della legge tributaria, sia che si verta in una fase fisiologica dell’impresa, sia che si verta nell’ambito di una procedura concorsuale, per cui si ritiene infondata l’eccezione per la quale, in costanza di procedura concorsuale, l’esigibilità delle sanzioni tributarie dovrebbe risultare congelata (Cass. 23322/2018; Cass. 7318/2017; Cass. 1375/1978).
(…) Deve, pertanto, ritenersi che l’apertura di una procedura di concordato preventivo non è ostativa né rispetto all’accertamento del credito tributario mediante iscrizione a ruolo ed emissione della cartella, né rispetto alla irrogazione di sanzione pecuniaria ed accessori, maturati sino all’apertura della procedura concorsuale.
Motivazioni della decisione
Il ricorso dell’Ufficio va accolto e, in riforma della sentenza di prime cure, la legittimità dell’avviso di irrogazione sanzioni confermata.
La Prima Commissione ha ravvisato l’insussistenza dell’elemento psicologico, nel caso della colpa (D.lgs. 472/97, art. 5). Ha in particolare rappresentato che la società ha sempre versato le accise dovute alle scadenze anteriori al 31.03.2017; che l’avvio della procedura concorsuale è apparsa immediatamente successiva allo spirare del termine di versamento, che il Tribunale di Roma ha poi ammesso alla procedura concorsuale, ritenendone sussistenti i presupposti. Ciò stante, ha considerato che il tale insieme di circostanze è venuto a configurare un panorama presuntivo grave e concordante, onde ritenere verosimile l’omissione del versamento non già per dolo o colpa ma per carenza di risorse finanziarie cui attingere, vieppiù considerato che la breve scansione temporale tra lo spirare del termine di pagamento (31.03.2017) e l’avvio della procedura concorsuale (ricorso presentato al Tribunale di Roma in data 3.04.2017) aveva evocato un’oggettiva pregressa situazione di dissesto economico o di grave sofferenza della società.
La Prima Commissione ha altresì evidenziato che, anche – nella del tutto teorica – ipotesi che alla data del 31.03.2017 la (…) fosse stata munita di risorse economiche, onde effettuare il versamento, tale iniziativa, imputabile al legale rappresentante e stante l’imminente avvio della procedura concorsuale, avrebbe potuto presentare profili di responsabilità per violazione della par conditio creditorum mediante condotte preferenziali.
Nulla quaestio, in piena condivisione delle controdeduzioni della società, che a far data dalla presentazione della domanda, il concordato preventivo. (ancorché con riserva e indipendentemente da successiva revoca) fosse venuto a dispiegare i suoi effetti e che la società: fosse tenuta a rispettare e soggiacere agli obblighi previsti dalla Legge fallimentare, e ciò sino alla pronuncia del Giudice delegato di non luogo a provvedere (intervenuta il 26.07.2018).
E alcun dubbio viene a sussistere, sempre a condivisione degli assunti della società, che (“come ognun sa”) il ricorso alla procedura prevista dall’art. 161 della L. Fall. determini che la presentazione della domanda di concordato in bianco produca gli effetti dell’art. 168 (il c.d. automatic stay), e che il combinato disposto degli artt. 161, 167 e 168 della L. Fall. (sempre: “come ognun sa”) sia strumentale a consentire all’impresa che a tale procedura accede di “congelare” la situazione debitoria ante concordato, al fine di soddisfarla in procedura nel rispetto della par conditio.
Ma tutto ciò in sede puntuale a nulla rileva, in quanto – e pacificamente – non si controverte in tema di (omessi) pagamenti in pendenza della procedura concordataria, con incontrovertita impossibilità – per effetto della stessa legge fallimentare – di poter procedere ad eseguire pagamenti al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema.
Il presupposto impositivo (sia per il conguaglio 2016, sia per la rata di marzo 2017) si è verificato prima dell’apertura del concordato preventivo, ragion per cui è circostanza di fatto che i relativi crediti erano ex lege già scaduti all’atto della domanda di pre-concordato (ancorché oggetto di avviso di pagamento emesso in epoca successiva).
Quanto all’atto sanzionatorio – indipendentemente da quando notificato, ancorché notificato in pendenza di procedura concorsuale – la legittimità dell’emanazione è indiscussa, in linea con quanto enunciato da Cass. 9440/2019 (conforme Cass. 9441/2019), stante l’essersi verificata violazione della normativa tributaria – momento genetico della sanzione – anteriormente alla (decisione di addivenire alla) domanda di ammissione al concordato stesso. Dal che – alla pari del credito per imposte non versate – la sanzione (costituente in forza di legge anch’essa credito per l’Erario) è venuta ora per allora a rientrare nel regime dei crediti concorsuali. Ed è pacifico che – in prosecuzione di procedura ovvero nel caso di fallimento – avrebbe seguito il regime della L. Fall.
La Suprema Corte (Cass. 12901/2019) ha rappresentato/ricordato come i principi in tema di ripartizione dell’onere probatorio in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo sono stati chiariti in Cass. Sez. U. 20930/2009, nel senso che una volta integrata e provata dall’autorità amministrativa la fattispecie tipica dell’illecito, grava sul trasgressore, in virtù della presunzione di colpa posta dalla L. 689/1981, art. 3, l’onere di provare di avere agito in assenza di colpevolezza.
La questione dell’assenza di colpevolezza (nel pagamento dei tributi) va, pertanto, valutata non con riferimento alla data di scadenza dei tributi stessi e secondo quanto rappresentato nel ricorso introduttivo.
In esso, così come confermato dalla società nelle controdeduzioni (pag. 16), era stata dedotto unicamente una mancanza di colpevolezza per la sola pendenza della procedura di concordato.
Stante il tale unico motivo non sussiste esigenza alcuna di ulteriore indagine in tema di colpevolezza a fronte di Pagina 3 violazione commessa allorquando l’impresa era ancora in bonis. Ciò stante che alla data di scadenza dell’obbligo di versamento la decisione di addivenire alla procedura concorsuale non era stata nemmeno assunta, dal che, e pertanto, la non evocabilità quale esimente della fase di pendenza della stessa.
L’intervenuta giurisprudenza di legittimità in epoca successiva alla presentazione del ricorso giustifica la compensazione delle spese di ambo i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie l’appello dell’Ufficio (Agenzia delle Dogane) e per l’effetto conferma la legittimità dell’avviso di irrogazione sanzioni per cui è causa. Compensa tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi.
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