COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Puglia sez. 5 sentenza n. 968 depositata il 22 marzo 2017
Processo – forza espansiva del giudicato esterno – efficacia nelle controversie fra le medesime parti e per lo stesso rapporto giuridico – sussiste.
Massima:
Le sentenze delle commissioni tributarie passate in giudicato hanno effetto vincolante anche nei giudizi successivi tra le medesime parti ed aventi ad oggetto l’identico rapporto giuridico, per la forza espansiva del c.d. giudicato esterno, la cui rilevanza nel processo tributario costituisce espressione del principio del ” ne bis in idem “.
Testo:
La SOCIETA’ XXX S.r.l., in persona del legale rappresentante protempore, difesa dall’avv. L. Q., presentava in data 10/3/2014 quattro distinti ricorsi alla C.T.P. di Bari avverso gli avvisi di accertamento in epigrafe indicati del Comune di Bitonto (BA) sezione tributi, per l’ICI degli anni dal 2008 al 2011 inclusi, oltre sanzioni ed interessi, relativi ad un capannone e ad altri cinque piccoli immobili in agro di Bitonto, contestando di dovere l’importo richiesto per vari motivi, in particolare per il difetto di motivazione degli avvisi, per l’inesistenza del presupposto impositivo trattandosi di pertinenza di una cava e, in via subordinata, per la mancata applicazione della riduzione al 50% dell’ICI dovuta per inutilizzabilità del capannone ed infine per la violazione degli artt. 7 e 12 del D. Lgs. 472/97 con conseguente richiesta di dichiarare la nullità delle sanzioni irrogate. Si costituiva in giudizio contestando la fondatezza delle ragioni del ricorrente la Ce.R.In sri (società concessionaria per l’accertamento e la riscossione dei tributi del Comune di Bitonto) e la CTP di Bari respingeva il ricorso con compensazione delle spese con la sentenza depositata il 17/12/2014, odiernamente impugnata.
La XXX S.r.l. fondava il proprio appello:
– sui difetto di motivazione degli avvisi di accertamento impugnati poiché mancanti della indicazione degli elementi essenziali assunti a sostegno della pretesa tributaria, “frettolosamente liquidato” dai Giudici di primo grado, i quali avevano erroneamente ritenuto sussistente la motivazione del mancato riconoscimento dell’invocata esenzione e dell’insussistenza dell’inagibilità degli immobili;
-sulla manifesta infondatezza della sentenza sul punto dell’inesistenza del presupposto impositivo, poiché le cave non sono contemplate fra i beni immobili soggetti all’pplicazione dell’ICI e pertanto anche le pertinenze delle stesse, come quelle in questione, non potevano essere assoggettate all’imposta, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di primo grado, essendo inconferente la circostanza valorizzata dagli stessi magistrati, che la cava fosse chiusa dal 1994, visto che il vincolo di pertinenzialità non viene meno per effetto del mancato utilizzo;
-sulla manifesta infondatezza della sentenza in ordine alla mancata riduzione del 50% dell’ICI per inutilizzabilità degli immobili, poiché, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di primo grado, la inutilizzabilità deve ritenersi dimostrata dalla chiusura della cava (pacificamente risalente al 1994) mentre non ha rilievo il fatto (erroneamente valorizzato dalla sentenza) dell’omessa presentazione al Comune di istanza di declaratoria di inagibilità ed inutilizzabilità, per diversa finalità, degli immobili in oggetto;
-sulla manifesta infondatezza della sentenza sulla questione della nullità delle sanzioni per violazione degli artt. 7 e 12 del D. Lgs. 472/97, in relazione alla quale la sentenza afferma senza dimostrano l’insussistenza dei presupposti di fatto per l’applicazione della norma.
Chiedeva, pertanto, in via principale la riforma della decisione di primo grado con l’annullamento dei citati avvisi ovvero, quanto meno, la riduzione degli stessi e in via di estremo subordine, di dichiarare la nullità delle sanzioni erogate ex D. Lgs. n. 546/92, con vittoria di spese.
Il Comune di Bitonto, ritualmente costituitosi, chiedeva il rigetto dell’appello eccependo in primo luogo l’inammissibilità del ricorso per violazione del principio del ne bis in idem in conformità con l’interpretazione prescelta dalla Corte di Cassazione, avendo il contribuente già provveduto ad impugnare un precedente avviso di accertamento di identico contenuto avente ad oggetto l’annualità 2007, con ricorso, proposto in data 22/12/2009, che era stato rigettato in primo grado con sentenza poi pienamente confermata dalla CTR della Puglia con la pronunzia n. 45/3/2012, passata in giudicato. In secondo luogo, contestava sia il difetto di motivazione degli avvisi, sia l’inesistenza del presupposto impositivo (correttamente motivati in primo grado) poiché, peraltro, in mancanza di sfruttamento del bene come cava, lo stesso deve ritenersi soggetto ad ICI in quanto unità immobiliare con potenzialità di autonomia funzionale e reddituale quale terreno agricolo (come tale soggetto all’imposta). Contestava, allo stesso modo, l’assenta infondatezza della sentenza in merito alla riduzione dell’imposta al 50%, beneficio concedibile esclusivamente al convenuto che proponesse idonea e documentata richiesta a comprova che il fabbricato è inagibile, documentazione invece mancante nel caso in questione, ed infine le deduzioni in ordine alla mancata applicazione delle disposizioni di favore del dLgs. 472/97, sia perché non si verte in ipotesi di omessa dichiarazione, sia perché l’omessa dichiarazione del possesso e del valore degli immobili, “non cessa allo scadere del termine … ma permane … e l’inosservanza determina per ciascun anno d’imposta, un’autonoma violazione punibile “ (Cass. 16484/16). Concludeva pertanto per il rigetto dell’appello con vittoria di spese.
In data 26 agosto 2015 si costituiva con nota di controdeduzioni anche CE.R.IN. srl la quale, fatte salve le controdeduzioni dell’Ente Impositore, contestava le ragioni dell’appellante, eccepiva la propria carenza di legittimazione nella controversia essendo cessata la concessione con il Comune di Bitonto per l’accertamento e la riscossione dei tributi, per cui tutti i poteri connessi a tale rapporto erano tornati nella sfera di azione del Comune già concedente. Nel merito, comunque, evidenziava l’infondatezza dell’impugnazione e concludeva chiedendo l’estromissione dal giudizio.
L’appello è infondato e deve essere respinto.
Risulta infatti fondata l’eccezione preliminare formulata dalla parte resistente in relazione alla sussistenza dell’effetto vincolante del precedente giudicato sulle questioni dedotte con l’odierno appello da parte del ricorrente. Dalla lettura degli atti del precedente procedimento fra le medesime parti conclusosi con la sentenza n. 45/3/12, già passata in giudicato, della Commissione Tributaria Regionale di Bari avente ad oggetto l’identico rapporto giuridico relativo però alla precedente annualità 2007, si evince che ricorrono tutti gli elementi per ritenere (in conformità con l’insegnamento della Suprema Corte (Cfr. Cass. S.U. n. 13916/2006) dettato al fine di scongiurare il pericolo di contrasto fra giudicati) che il giudicato sul primo ha effetto vincolante anche nel secondo, in merito a questioni di fatto o di diritto incidenti su un punto decisivo comune ad entrambe le cause, pur avendo petita diversi. Pertanto, poiché l’ oggetto del presente processo tributario è lo stesso rapporto giuridico del precedente, la citata sentenza n. 45/3/2012 della stessa Commissione Tributaria Regionale della Puglia, relativa al periodo 2007, estenderà i suoi effetti automaticamente alle successive annualità (dal 2008 al 2011) oggetto del presente procedimento per la capacità espansiva del c.d. giudicato esterno. Infatti, in entrambi i giudizi vi è identità delle circostanze fattuali, della qualificazione giuridica, delle argomentazioni logico giuridiche poste a base della pretesa tributaria e persino delle argomentazioni sulle quali il contribuente ha fondato la propria impugnazione, dal momento che tutte le argomentazioni proposte nel presente appello erano già state proposte nel precedente, relativo all’annualità 2007.
Alla luce delle precedenti considerazioni, non è necessario soffermarsi ad esaminare le pur condivisibili motivazioni nel merito della sentenza di primo grado, circa la sussistenza di una motivazione, stringata ma sufficiente nell’avviso di accertamento, circa la chiara sussistenza del presupposto impositivo, essendo la cava chiusa da oltre venti anni con conseguente assoggettabilità del terreno agricolo sovrastante, circa l’insussistenza del diritto ad agevolazioni di sorta non avendo mai dimostrato lo stato di inagibilità degli immobili secondo le procedure normativamente previste ed infine della corretta applicazione dei principi tributari in ordine alla determinazione delle sanzioni, irrogate nel minimo.
P.Q.M.
la Commissione Regionale rigetta l’appello e condanna l’appellante XXX. s.r.l. al rimborso in favore delle controparti costituite, delle spese processuali che liquida in ? 3.000,00 per ciascuna parte, oltre accessori di legge.
Bari, 30 Gennaio 2017
Depositato in segreteria il 22 marzo 2017.
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