COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Abruzzo sentenza n. 321 sez. 4 depositata il 7 agosto 2015
Massima
Con l’ordinanza in commento i giudici abruzzesi hanno dichiarato inammissibile il ricorso per ottemperanza proposto dal contribuente, in quanto l’accesso a detta procedura presuppone l’esistenza di una sentenza esecutiva, contenente specifiche prescrizioni a carico dell’Ufficio soccombente. In proposito, la Suprema Corte (cfr. Cass., sentt. n. 282826 del 2013; n. 1947 del 2008) ha specificato che il giudizio di ottemperanza in ambito tributario presuppone l’accoglimento, in via definitiva, del ricorso volto ad ottenere il rimborso di un tributo, e non anche le ipotesi in cui il giudice si sia limitato ad accertare l’illegittimità dell’atto impositivo impugnato. Nel caso di specie, dunque, essendo la sentenza avverso la quale è stata chiesta l’ottemperanza di mero annullamento, manca l’essenziale requisito dell’esecutività.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
In forza di iscrizione a ruolo eseguita dall’Agenzia delle Entrate Ufficio dell’Aquila in esito a controllo automatizzato della dichiarazione Modello Unico 2006 per il periodo di imposta 2005, l’Equitalia Gerit S.p.A. emise, nei confronti della Abruzzo .. S.p.A., cartella di pagamento per il recupero a tassazione della somma di ? 717.101,99 (oltre ad ? 33.345,24 per compensi di riscossione) inerente a crediti di imposta ex art. 63 della legge n. 289 del 2002 che non erano stati trascritti dalla contribuente nel quadro RU della dichiarazione. Il ricorso proposto dalla società al fine di sentir dichiarare “illegittima” la cartella di pagamento venne dapprima respinto dalla Commissione Tributaria Provinciale dell’Aquila, ma venne poi accolto dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Aquila con sentenza n. 52/IV/2011, depositata il 27 settembre 2011 e divenuta irrevocabile per mancata impugnazione, sul rilievo che una precedente sentenza, passata in giudicato, aveva “riconosciuto il diritto del contribuente al credito di imposta in questione, e ciò anche per il periodo qui considerato, circostanza questa che … comporta che nulla al ridetto titolo l’A.F. può richiedere al contribuente”. Con ricorso depositato il 25 febbraio 2015 la Abruzzo .S.p.A. premesso che, nonostante l’accoglimento del suo ricorso, l’Equitalia Centro S.p.A. le aveva fatto pervenire “intimazione di pagamento” della somma di ? 42.587,69, facente parte di quella di ? 717.101,99 che era stata oggetto della sentenza n. 52/IV/2011 – ha chiesto a questa Commissione Tributaria Regionale, ai sensi dell’art. 70 del D.Lvo n. 546 del 1992, l’ottemperanza del giudicato, con la nomina di un commissario ad acta, la condanna dell’Ufficio al risarcimento dei danni da lite temeraria e la pubblicazione della sentenza su un quotidiano locale. L’Agenzia delle Entrate Ufficio dell’Aquila si è costituita in giudizio ed ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso per ottemperanza. Il ricorso è, in effetti, inammissibile. Secondo un principio costantemente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione (v. sentt. n. 28286 del 2013; n. 1947 del 2008) sulla base di una lettura sistematica dell’art. 70 del D.Lvo n. 546 del 1992 con il precedente art. 69 (nel quale è chiaro il riferimento alla “condanna” dell’Ufficio), il ricorso alla procedura di ottemperanza alla sentenza emessa dal giudice tributario è consentito unicamente in presenza di una pronuncia esecutiva, la quale, decidendo nel merito una controversia tra contribuente ed erario, abbia impartito specifiche prescrizioni da eseguire da parte di quest’ultimo. La disciplina prevista dall’art. 70, pertanto, si rivolge esclusivamente alle ipotesi in cui la sentenza del giudice tributario abbia accolto, in via definitiva, il ricorso volto ad ottenere il rimborso di un tributo corrisposto mediante versamento o ritenuta diretta, e non anche alle, ben diverse, ipotesi in cui, avendo il contribuente impugnato un atto impositivo, il giudice tributario si sia limitato ad accertare l’illegittimità di tale atto (cfr. la giurisprudenza prima citata). In tali ultime ipotesi, infatti, una volta ottenuta una sentenza che ha riconosciuto l’illegittimità parziale o totale di una pretesa fiscale, il contribuente che abbia adempiuto per effetto delle disposizioni che prevedono il pagamento in corso di causa di parte dei carichi tributati richiesti dall’Ufficio (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68) o che si sia vista nuovamente avanzare dall’Amministrazione finanziaria la pretesa dichiarata illegittima non può che proporre, in un caso, istanza di rimborso delle somme corrisposte, o diffidare l’Amministrazione, nell’altro caso, dal mettere in esecuzione la sua pretesa, e quindi promuovere, qualora le sue istanze abbiano avuto esito negativo, un’azione dinanzi al giudice tributario per far valere il suo diritto al rimborso e sollecitare la condanna dell’Amministrazione al pagamento dei relativi importi ovvero per far dichiarare l’illegittimità del rinnovo della pretesa tributaria. Nella specie, il giudizio introdotto dalla Abruzzo S.p.A. in opposizione al recupero a tassazione disposto dall’Ufficio aveva ad oggetto non già un preteso diritto a rimborso della contribuente né una richiesta di condanna dell’Amministrazione ad un rimborso del genere, bensì, esclusivamente, l’accertamento della dedotta illegittimità del predetto recupero. E d’altra parte, come risulta chiaramente dalla sua motivazione, la sentenza n. 52/IV/2011 di cui è stata chiesta l’ottemperanza, pur avendo nel suo dispositivo solo pronunciato, sinteticamente, l’accoglimento dell’appello della società, non aveva in realtà assunto alcun contenuto precettivo, essendosi limitata, in coerenza con la natura di mero annullamento dell’azione promossa dalla Abruzzo .S.p.A., esclusivamente ad accertare la illegittimità del recupero a tassazione operato dall’Ufficio (“nulla al ridetto titolo l’A.F. può richiedere alla contribuente”), senza occuparsi di questioni di eventuali rimborsi di somme in favore della medesima contribuente. Non ricorre, pertanto, nella specie, il presupposto di ammissibilità della procedura di ottemperanza di giudicato previsto dalla legge, presupposto che è costituito, come si è visto, da una sentenza esecutiva che abbia già risolto le questioni di merito e che contenga specifiche prescrizioni da eseguire da parte dell’Ufficio. In una tale situazione la Abruzzo .. S.p.A., di fronte all'”intimazione di pagamento” fattale pervenire dall’Equitalia Centro S.p.A. successivamente al passaggio in giudicato della sentenza n. 52/IV/2011, anziché proporre il giudizio di ottemperanza di tale sentenza, avrebbe dunque dovuto impugnare dinanzi al giudice tributario l'”intimazione”, al fine di veder accertare la asserita inesistenza, per effetto della medesima sentenza, di una sua obbligazione nei confronti del fisco e la conseguente illegittimità del nuovo atto emanato dall’Ufficio. La domanda di ottemperanza proposta dalla Abruzzo .. S.p.A. col ricorso del 25 febbraio 2015, in definitiva, deve essere dichiarata inammissibile.
Attesa la peculiarità della fattispecie, le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale dell’Aquila dichiara inammissibile la domanda di ottemperanza proposta dalla contribuente e compensa per intero tra le parti le spese del giudizio.
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