Commissione Tributaria Regionale per la Basilicata sez. 10 sentenza n. 277 depositata il 18 gennaio 2018
IMPRESA FAMILIARE – MAGGIOR IMPONIBILE – IMPUTAZIONE – COLLABORATORE FAMILIARE – CONDIZIONI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, il signor CL impugnava l’avviso di accertamento n. X , con il quale l’Agenzia delle Entrate accertava, per l’anno 2008, un maggior reddito imponibile pari ad euro 105.492,00 in luogo di quello dichiarato di 55.824,00, con conseguenti maggiori imposte IRPEF, addizionale regionale IRPEF e maggiore addizionale comunale ed un valore della produzione imponibile ai fini IRAP pari ad euro 262.773,00 in luogo di quello dichiarato di 213.105,00 e, conseguentemente, maggiore imposta IRAP.
La predetta Commissione tributaria con la sentenza n. 1847/23/16, impugnata in questa sede, respingeva il ricorso ritenendo inapplicabile alla fattispecie l’art. 12 della legge n. 212 del 2000 (mancata notifica del processo verbale di constatazione) e infondata la n. 212 del 2000 (mancata notifica del processo verbale di constatazione) e infondata la tesi del ricorrente circa la imputabilita’ dei maggiori redditi accertati pro quota al collaboratore dell’impresa familiare.
Avverso la predetta sentenza, con ano notificato il 5 luglio 2016, propone appello l’interessato, deducendo:
1. Mancata pronuncia su un punto da parte della CIP di Roma, poiche’ i Giudici di prime cure non hanno valutato il calcolo della quota di deduzione del 5% rapportata all’ammontare complessivo dei cespiti ammortizzabili della Ditta. Infatti, dall’importo indicato dall’Ufficio avrebbe dovuto essere aggiunto il valore delle due vetture a cui andava applicata la percentuale di deduzione del 5%, giungendo alla somma deducibile di E 4.906,34.
2. Illogicita’ e/o inesistenza della motivazione della sentenza.
L’appellante ripropone il motivo gia’ dedotto in primo grado circa la imputabilita’ del maggior imponibile anche in capo al collaboratore;
Nullita’ insanabile per mancata sottoscrizione da parte del Direttore provinciale di Roma II, poiche’ l’atto impugnato e’ carente della firma del Capo dell’Ufficio finanziario. Infatti la firma e’ costituita solo dalla sigla del Capo Team R3 Imprese Minori e Lavoratori Autonomi AG , per il quale non e’ allegata la delega che autorizza la sottoscrizione del provvedimento.
Chiede, infine, la sospensione del provvedimento impugnato, sussistendo il danno grave ed irreparabile in considerazione dell’elevata somma ed il fumus boni iuris.
Conclude per l’accoglimento dell’appello con ogni consequenziale, statuizione in ordine alle spese ed onorari di giudizio.
Con atto depositato il 20 ottobre 2016 si costituisce l’Agenzia delle Entrate, la quale controdeduce puntualmente ai motivi di appello.
All’Udienza del 19 dicembre 2017 la causa viene trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello non e’ meritevole di accoglimento.
L’interessato lamenta che l’Ufficio non ha dedotto il valore delle due vetture a cui andava applicata la percentuale di deduzione del 5%, ne’ che i Giudici di prime cure ne abbiano tenuto conto.
Osserva il Collegio che l’Ufficio si e’ basato sulle fatture esibite dalla parte al fine di stabilire l’importo totale dei beni strumentali della Ditta su cui applicare il 5% quale quota deducibile Infatti, non potendosi quantificare il totale di tutti i beni ammortizzabili, avendo l’interessato dichiarato che la documentazione era stata distrutta da un incendio, ha tenuto conto soltanto delle fatture esibite. Ne’ in questa sede l’interessato si e’ premurato di depositare le fatture relative alle due vetture.
D’altro canto, sarebbe stato onere dell’appellante provare il valore dei cespiti ammortizzabili tramite l’esibizione dell’apposito registro, di cui aveva l’obbligo di tenuta.
Parimenti infondata e’ la censura relativa alla imputazione al titolare della Ditta del maggior reddito accertato.
Invero, l’art. 5, comma 4, del TUIR dispone che i redditi possono essere suddivisi tra i componenti l’impresa familiare, che abbiano prestato in modo continuativo e prevalente la propria attivita’ di lavoro, nel limite del 49% dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi, presentata dall’imprenditore, proporzionalmente alla propria quota di partecipazione agli utili.
Tuttavia, l’art. 36-bis, c. 4, DPR 600/73, al riguardo, dispone che i maggiori redditi ovvero i dati contabili risultanti dalla liquidazione fatta dall’ufficio, devono essere considerati a tutti gli effetti come se dichiarati dal contribuente. Da questa disposizione discende che il maggior reddito accertato deve essere imputato interamente all’imprenditore, senza che venga coinvolto il collaboratore familiare, pur essendo anche quest’ultimo tenuto ad obblighi fiscali.
Il Collegio non ignora che una giurisprudenza minoritaria tenda ad avvalorare la tesi di una imputazione proporzionale del maggior reddito accertato, tenendo conto, in materia tributaria, dell’unitarieta’ dell’accertamento, tuttavia, considerando che l’impresa familiare e’ un’impresa individuale che segue lo schema segnato dalla normativa tributaria, e, quindi, “remunera” le prestazioni dei collaboratori con l’imputazione di parte del proprio reddito in ragione della quantita’ e qualita’ delle prestazioni rese entro un limite (49%) rapportato al reddito dichiarato, il Collegio ritiene di non condividere le interpretazioni che tendano forzare il dettato normativo.
Da ultimo, il Collegio dichiara inammissibile il motivo relativo al difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento.
Invero, nel ricorso introduttivo il ricorrente non ha contestato la legittimita’ della sottoscrizione dell’atto impugnato; pertanto, esso costituisce motivo nuovo, come tale precluso in sede di appello.
Per le argomentazioni che precedono, l’appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
Sussistono le condizioni per disporre il pagamento del doppio contributo unificato.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio Sez. 10^ – respinge l’appello.
Condanna l’appellante a rifondere a controparte le spese del grado, liquidate in euro 1.500,00 omnicomprensive, oltre il doppio contributo unificato come per legge.
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