Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 4479 depositata il 14 novembre 2019
bancarotta fraudolente per distrazione – nozione di avviamento commerciale – sequestro preventivo per la successiva confisca – Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta è necessario che la distrazione sia riferita a rapporti giuridicamente ed economicamente valutabili, con la conseguenza che non può costituire oggetto di distrazione l’avviamento commerciale di un’azienda ove questo venga identificato come prospettiva di costituire rapporti giuridici solo teoricamente immaginabili
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Trapani, in funzione di giudice del riesame adito ai sensi dell’art. 324 proc. pen., ha confermato il decreto di sequestro preventivo, adottato dal giudice per le indagini preliminari nei confronti, tra gli altri, di Z.M. e L.L., avente ad oggetto le quote sociali e il compendio aziendale della P. s.r.l, ipotizzando i reati di bancarotta fraudolenta per distrazione e di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (capi 39 e 40 dell’incolpazione provvisoria).
1.1 Si addebita a Z.M. e L.L., nelle rispettive qualità, di avere distratto l’avviamento e l’intero compendio aziendale della fallita (beni e merci) cedendolo, al prezzo vile di 1.000,00 euro, alla P. s.r.l. società appositamente costituita il 9 novembre 2018, per proseguire di fatto l’attività della fallita nei medesimi locali, con i medesimi dipendenti (capo 39).
In tal modo i beni ceduti sono stati sottratti anche al soddisfacimento dei debiti, ammontanti ad euro 214.948,75, maturati dalla fallita verso l’erario a titolo di imposte per gli anni 2017 – 2018 (capo 40).
1.2 Il sequestro è stato disposto ai sensi dell’art. 321, comma 2 cod. proc. pen., in quanto finalizzato alla confisca delle “cose pertinenti” ai reati di bancarotta fraudolenta per distrazione e di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
I giudici di merito ritengono sussistenti anche i presupposti di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., sul rilievo che sussiste il pericolo che la libera disponibilità dei beni aziendali e delle quote sociali della P. s.r.l. consenta la reiterazione di condotte analoghe.
2. Avverso il provvedimento ricorrono Z.M. e L.L., con il medesimo atto a firma dei comuni difensori, proponendo un unico motivo con il quale denunciano violazione di legge e vizio di motivazione sotto plurimi profili.
2.1 Anzitutto le ricorrenti lamentano il “travisamento della prova” circa il ruolo di amministratore di fatto della fallita svolto da Z.P..
2.2 In secondo luogo deducono che non sarebbe configurabile la distrazione dell’avviamento.
L’affitto di ramo d’azienda dalla fallita alla P. s.r.l. è avvenuto in maniera chiara e trasparente, l’operazione, perfettamente lecita, mirava a consentire la prosecuzione dell’attività commerciale, unica fonte di sostentamento per la famiglia delle ricorrenti.
2.3 Il provvedimento impugnato non illustrerebbe le ragioni per le quali le quote sociali e i beni aziendali della P. s.r.l. debbano considerarsi profitto del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, né specifica quale sia il nesso di pertinenzialità tra beni sequestrati e reato contestato.
2.4 Infine emergerebbe una carenza motivazionale anche sul rapporto tra reato tributario e beni sottoposti al vincolo reale.
3. Con memoria depositata in data 11 novembre 2019, i difensori di Z.M. evidenziano:
- che la misura cautelare reale si fonda sulla ipotizzata distrazione dell’avviamento della fallita, tuttavia l’avviamento rileverebbe solo nel caso di trasferimento di azienda a titolo oneroso, ipotesi estranea al caso di specie;
- che il presunto delitto di evasione non sarebbe “trasmissibile” alla Gran Bazar G.M. s.r.l. alla luce di quanto affermato dal Tribunale del riesame di Trapani che, con la pronuncia dell’ottobre 2018, ha escluso la continuità tra le società riconducibili al nucleo familiare delle ricorrenti;
- che lo strumento cautelare -che ha investito l’intero compendio aziendale della P. s.r.l. – non sarebbe funzionale allo scopo di cui all’art. 321, comma 1 cod. proc. pen., giacché impedirebbe l’esercizio stesso dell’attività commerciale di per sé lecita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato
2. Il provvedimento, non sempre perspicuo nella individuazione degli istituti processuali e sostanziali in rilievo, richiede una premessa di inquadramento
2.1 Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità: «Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta è necessario che la distrazione sia riferita a rapporti giuridicamente ed economicamente valutabili, con la conseguenza che non può costituire oggetto di distrazione l’avviamento commerciale di un’azienda ove questo venga identificato come prospettiva di costituire rapporti giuridici solo teoricamente immaginabili» (Sez. 5, n. 9813 del 08/03/2006, Franceschini, Rv. 234242; Sez. 5, n. 3817 del 11/12/2012, dep. 2013, Agostini Rv. 254474; 5, n. 26542 del 19/03/2014, Riva, Rv. 260689; Sez. 5, n. 31677 del 04/04/2017, Amato, Rv. 270866).
Per “avviamento” si intende la maggiore capacità di produrre utile di un’azienda già funzionante (rispetto ad una di nuova costituzione).
Esso è rappresentato dal maggior valore che viene attribuito ad un’azienda rispetto alla somma algebrica di tutte le singole attività e passività che compongono il patrimonio (Sez. 5, n. 9115 del 06/06/2012, Rv. 622947): su di esso incidono numerosi fattori tra i quali si annoverano la clientela, la organizzazione aziendale, l’ubicazione, l’abilità gestoria dell’imprenditore.
2.1.1 La giurisprudenza di legittimità esclude la possibilità di ravvisare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale nella distrazione dell’avviamento in sé.
«La distrazione, invero, è la condotta che determina il depauperamento del patrimonio della società e un bene immateriale quale è l’avviamento commerciale in sé considerato, a prescindere dalla gestione dei rapporti patrimoniali e contrattuali sottostanti, rappresenta una potenziale capacità di reddito, una aspettativa, ma non un reddito: né presente , nè futuro nella forma del credito. In tale veste, la sua dispersione oggettiva, per l’autonoma scelta dei clienti di fruire dei prodotti della nuova impresa del medesimo imprenditore, non costituisce un fatto addebitabile a quest’ultimo né sotto la forma della distrazione, né sotto la forma della distruzione, né sotto la forma di comportamento doloso rilevante a titolo di bancarotta impropria» (Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, Riva, in motivazione).
2.1.2 Di contro si ritiene configurabile una condotta distrattiva in relazione a concreti ed individuabili atti di disposizione patrimoniale, privi di utilità per la società cedente, o a cessioni (senza corrispettivo o a corrispettivo vile) di rapporti contrattuali in essere, fonti di attuali situazioni creditorie.
Difatti è condiviso in giurisprudenza il principio per cui possa costituire oggetto di bancarotta per distrazione la cessione del ramo di azienda che renda non più possibile l’utile perseguimento dell’oggetto sociale senza garantire contestualmente il ripiano della situazione debitoria della società (Sez. 5, n. 10778 del 10/01/2012, Rv. 252008; da ultimo Sez. 5, n. 34464 del 14/05/2018, Innocenti, Rv. 273644), ossia la cessione senza corrispettivo di concreti fattori della produzione, economicamente valutabili e tali da comportare, con il loro distacco, un concreto e quantificabile depauperamento del patrimonio destinato alla garanzia dei diritti dei creditori.
2.1.3 Nel caso in esame nonostante l’improprio riferimento alla distrazione de “l’avviamento commerciale” della Bazar G.M. s.r.l., la descrizione del fatto lascia comprendere come la condotta distrattiva abbia riguardato l’intero compendio aziendale, di fatto trasferito, al corrispettivo vile di 1.000,00 euro, dalla fallita alla P. s.r.l., società appositamente costituita il 7 novembre 2018, nella imminenza del fallimento, al fine di rilevare gli elementi attivi della Bazar G.M..
In tali termini il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale è senza dubbio configurabile.
2.2 Il sequestro in esame colpisce i beni aziendali che, secondo l’addebito provvisorio, sarebbero stati trasferiti dalla fallita alla nuova società appositamente costituita, nonché le quote sociali di detta seconda società.
2.2.1 È indubbio che i beni della fallita oggetto di distrazione costituiscano “profitto” del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, suscettibili come tali di confisca facoltativa ai sensi dell’art. 240, comma primo cod. pen. e dunque assoggettabili a sequestro preventivo ex art. 321, comma 2 cod. proc. pen.
2.2.2 Circa le quote di una società, ne è legittimo il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321, comma 1 cod. pen. qualora detta misura sia destinata ad impedire la protrazione dell’ipotizzata attività criminosa, poiché ciò che rileva in questi casi non è la titolarità del patrimonio sociale ma la sua gestione supposta illecita, e si può, d’altra parte, riguardare il sequestro preventivo come idoneo ad impedire la commissione di ulteriori reati, pur se in maniera mediata ed indiretta, dal momento che esso priva i soci dei diritti relativi alle quote sequestrate (Sez. 5, n. 16583 del 22/01/2010, Ca-rione, Rv. 246864) ed è legittimo il sequestro di un’intera azienda allorché vi siano indizi che anche taluno soltanto dei beni aziendali sia, proprio per la sua collocazione strumentale, in qualche modo utilizzato per la consumazione del reato, a nulla rilevando che l’azienda in questione svolga anche normali attività imprenditoriali (Sez. 6, n. 27340 del 16/04/2008, Cascina, Rv. 240574; Sez. 6, n. 29797 del 20/06/2001, Paterna, Rv. 219855).
3. Il ricorso per cassazione ex art. 325 cod. proc. pen è consentito solo per violazione di legge, dunque sono inammissibili tutte le censure afferenti al vizio di motivazione.
4. Sono irrilevanti, e quindi generiche, le doglianze concernenti l’attribuibilità o meno a Z.P. della veste di amministratore di fatto della fallita, poiché le condizioni generali per l’applicabilità delle misure cautelari personali, previste dall’art. 273 cod. proc. pen., non sono estensibili, per le loro peculiarità, alle misure cautelari reali, essendo preclusa per queste ultime, in sede di verifica della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, ogni valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati e sulla gravità degli stessi (Sez. U n. 18954 del 31/03/2016, Capasso in motivazione).
5. Del pari generiche sono le censure afferenti alla configurabilità del reato di cui all’art. 216 legge fall. in riferimento alla distrazione dell’avviamento commerciale, considerato che, al di là della infelice formulazione del capo di incolpazione provvisorio, il sequestro impugnato ha ad oggetto i beni aziendali “distratti” (cfr. sopra paragrafo 2) ed è funzionale alla confisca “diretta” del profitto del reato.
6. La questione sul difetto assoluto di motivazione in punto di pertinenzialità tra quote sociali e reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale è anch’essa generica, poiché non si confronta con l’argomento, speso dai giudici di merito, per cui:
- la nuova società sarebbe stata appositamente costituita per distrarre i beni della fallita;
- l’apposizione del vincolo cautelare sarebbe necessaria al fine di impedire la protrazione dell’ipotizzata attività criminosa.
7. È infondata l’ultima doglianza, concernente la sussistenza del vincolo pertinenziale tra i beni sequestrati e il reato tributario di cui al capo 40).
Il sequestro concerne, come detto, i beni aziendali che si trovavano nel patrimonio della fallita e che sono stati trasferiti alla nuova società con gli atti dispositivi sopra richiamati.
Detti beni sono stati considerati “cose pertinenti al reato” di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 74 del 2000 e ne è stato disposto, quindi, il sequestro finalizzato alla confisca diretta ex art. 240, comma primo, cod. pen.
Va ricordato che, in tema di delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, i beni alienati per far venir meno le garanzie di un’efficace riscossione dei tributi da parte dell’Erario, sono suscettibili di sequestro preventivo per la successiva confisca ai sensi dell’art. 240, comma primo, cod. pen., in quanto costituiscono lo strumento per mezzo del quale è stato commesso il reato (Sez. 3, n. 3095 del 23/11/2016, dep. 2017, Pugliese, Rv. 268986; Sez. 3, n. 34798 del 04/06/2009, Bassova, Rv. 244781).
8. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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