Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 19882 depositata il 10 febbraio 2023
bancarotta fraudolente per distrazione – bancarotta riparata
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 10 marzo 2022 la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del G.u.p. del Tribunale di Torino del 18 giugno 2019, appellata da S.G., ha ridotto la durata delle pene accessorie fallimentari a quest’ultimo irrogate, ha revocato le statuizioni civili rese nei suoi confronti e ha confermato nel resto la sentenza di primo grado che ne aveva affermato la responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione.
2. Avverso la sentenza di secondo grado è stato proposto ricorso per cassazione nell’interesse dell’imputato, articolando un unico motivo (di seguito esposto nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, att. cod. proc. pen.) con il quale è stato denunciato il vizio di motivazione, adducendo che la Corte territoriale – peraltro, a fronte della motivazione stringata del primo Giudice – non avrebbe compiutamente argomentato:
2.1 rispetto alle allegazioni difensive volte ad escludere la responsabilità dell’imputato per la distrazione dei cespiti della fallita O. r.l. (in particolare, acquistati dalla nuova società S. s.r.l. con cui il S.G. ha operato ed avendo quest’ultimo ammesso di aver utilizzato per l’attività di quest’ultima attrezzature di valore esiguo già della fallita) e dell’avviamento della stessa O. s.r.l. (tenuto conto in particolare della mancanza di un marchio registrato, rispetto al quale non avrebbe rilevanza la stipula di una transazione tra l’imputato e la curatela, e della corrispondenza solo parziale tra la clientela della fallita e quella della S. s.r.l.);
2.2 nonché rispetto alla sussistenza, prospettata in linea subordinata, dei presupposti di una bancarotta riparata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato, versato in fatto e generico.
1. La Corte territoriale ha confermato la decisione di primo grado rilevando come l’imputato abbia proseguito l’attività della fallita O. s.r.l. in liquidazione (di cui era stato amministratore unico e liquidatore) per il tramite di una nuova società (la S. r.l.), avente il medesimo oggetto sociale (quantunque la nuova società non si limitasse a confezionare e imballare i beni venduti, sui cui apponeva il marchio O., ma ne curasse pure la diretta produzione), gli stessi dipendenti, il medesimo bacino di clientela, la stessa sede; come in tale ultimo luogo, presso siano stati rinvenuti beni strumentali della fallita, di cui non è stato provato il pagamento, e come anzi per alcuni di essi l’imputato abbia ammesso che erano stati ceduti senza corrispettivo alla nuova sopra perché proseguisse l’attività della fallita; ancora, il Giudice di appello ha rilevato come l’imputato abbia stipul21to una transazione con la curatela avente proprio ad oggetto il citato marchio. Da ciò ha tratto, in maniera logica e congrua (non essendo stato neppure addotto compiutamente un travisamento della prova ma avendo il ricorso, peraltro dopo aver rappresentato che non era neppure stato possibile attribuire con certezza i pagamenti della S. s.r.l. in favore della O. s.r.l. alla vendita dei beni strumentali di maggior valore, richiamato gli esiti della ricostruzione contabile del consulente della difesa quali elementi probatori di segno contrario rispetto alla decisione impugnata, così devolvendo irritualmente a questa Corte – a ben vedere – un apprezzamento di merito; cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 – 01), nonché con evidenza conforme alla giurisprudenza di questa Corte, la sussistenza della contestata bancarotta fraudolenta per distrazione, sia in relazione ai beni strumentali, come esposto trasferiti ad altra società senza che consti il pagamento di un corrispettivo (cfr. Sez. 5, n. 36850 del 06/10/2020, Piazzi, Rv. 280106 – 01: «integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione qualunque operazione diretta a distaccare dal patrimonio sociale, senza immettervi il corrispettivo e senza alcun utile, beni ed altre attività, così da impedirne l’apprensione da parte degli organi fallimentari e causare un depauperamento del patrimonio sociale, in pregiudizio dei creditori»; Sez. 5, n. 31680 del 03/06/2021, Montorsi, Rv. 281768 – 01: «integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la dismissione di beni strumentali obsoleti distaccati dal patrimonio sociale in assenza di utile o corrispettivo, trattandosi di beni la cui consistenza economica, sebbene minima, esigua o ridottissima, è idonea comunque a costituire garanzia per i creditori»), sia con riguardo all’avviamento della fallita, trasferito in uno ai già menzionati fattori aziendali necessari per la prosecuzione del ciclo produttivo (cfr. Sez. 5, n. 5357 del 30/11/2017 – dep. 2018, Sirna, Rv. 272108 – 01, secondo cui «in tema di bancarotta fraudolenta, non è suscettibile di distrazione l’avviamento commerciale dell’azienda se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l’azienda medesima o quanto meno i fattori aziendali in grado di generare l’avviamento», resa in un caso in una fattispecie in cui l’imputato aveva di fatto trasferito alla società della figlia l’azienda con tutti i suoi elementi positivi – clientela, locali, autorizzazione di somministrazione, attrezzature ecc. – determinanti l’avviamento; cfr. pure Sez. 5, n. 3817 del 11/12/2012 – dep. 2013, Agostini, Rv. 254474 – 01: «in tema di bancarotta fraudolenta, non è suscettibile di distrazione l’avviamento commerciale dell’azienda se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l’azienda medesima o quanto meno i fattori aziendali in grado di generare l’avviamento, potendo peraltro quest’ultimo rappresentare da solo l’oggetto materiale della distrazione in caso di assenza di adeguata contropartita).
Quanto poi alla c.d. bancarotta riparata – che determina l’insussistenza dell’elemento materiale del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e si configura quando la sottrazione dei beni facenti parte del compendio aziendale viene annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento e così annulli il pregiudizio per i creditori o anche solo la potenzialità di un danno (Sez. 5, Sentenza n. 57759 del 24/11/2017, Liparoti, Rv. 271922 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 4790 del 20/10/2015 – dep. 2016), Budola, Rv. 266025 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 52077 del 04/11/2014, Lelli Rv. 261347 – 01) – l’impugnazione è del tutto priva di specificità, essendosi limitata ad assumere apoditticamente che l’imputato avrebbe «di fatto reintegrato» il patrimonio sociale prima del fallimento (in quanto la S. s.r.l. avrebbe versato a favore della O. s.r.l. una somma superiore di euro 14.000 rispetto al dovuto, senza tuttavia nulla specificare anzitutto sotto il decisivo profilo cronologico, non potendo giovare al riguardo il generico rimando alle allegazioni contenute nell’atto di appello (cfr. Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018 – dep. 2019, C., Rv. 275853 – 02; pure Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014 – dep. 2015, B., Rv. 264879 – 01).
2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l’evidente inammissibilità dell’impugnazione impone di attribuirgli profili di colpa (cfr. Corte , sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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