COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Lombardia sentenza n. 53 sez. 6 depositata il 21 gennaio 2020
SANZIONI – Applicazione – Rideterminazione – Riduzione discrezionale al di sotto del minimo edittale da parte del giudice tributario – Illegittimità – Sussiste
Massima:
Una volta applicate le sanzioni, è contra legem la riduzione discrezionale delle stesse al di sotto del minimo edittale, da parte del giudice tributario.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Sul ricorso proposto da D’O.R. avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate per l’anno 2004 previo esame dei conti correnti bancari, la Commissione Tributaria Provinciale di Taranto sez. 2^ – con sentenza n. 2404 resa il 16.06.2014 e depositata il 24.09.2014 – si esprimeva accogliendolo per quanto di ragione e compensando le spese, salvo quelle del consulente tecnico d’ufficio, interamente a carico del ricorrente.
Così decideva, esaminata la documentazione in atti – ivi compresa la consulenza tecnica d’ufficio ordinata – e con un’analisi generale delle esigenze finanziarie dell’azienda, determinando quanto appresso per le operazioni contestate:
1. i prelievi in contante per euro 529.173,00 venivano considerati non giustificati e ripresi a reddito in quanto contraddittori rispetto alle accampate esigenze di pagamento di personale e fornitori, tenendo anche conto degli incassi medi mensili per fatture emesse;
2. a fronte di prelievi e versamenti, contestati per mancata indicazione del beneficiario (rispettivamente per euro 920.912,00 e per euro 1.244.715,00), il contribuente giustificava, nulla obiettando in concreto I’Ufficio, tutti i versamenti allegando la rispettiva connessa fattura emessa e i prelievi limitatamente all’importo di euro 284.894,60, rimanendo quindi da riprendere a tassazione la differenza di euro 636.018,00;
3. gli assegni emessi per euro 559.454,24 venivano giustificati vista l’indicazione del beneficiario;
4. non riteneva credibili gli importi fatturati nel 2003 e incassati nell’anno in esame data la rilevanza dell’importo, che assorbiva il fatturato di quell’anno, e la mancata esposizione del mastrino dei crediti al 31.12.2003: con un abbattimento forfetario di euro 250.000,0 rimanevano da riprendere a tassazione euro 1.374.366,00.
Venivano annullati i rilievi 5) – esame dei conti dei familiari – e 6) per la modestia delle cifre e quindi, in totale, il maggiore reddito imponibile ammontava a euro 2.539.557,00.
Quanto alle sanzioni, venivano applicate dai primi giudici nel minimo edittale e con l’ulteriore riduzione del 30% trattandosi di calcoli reddituali fortemente presuntivi.
Presentava appello l’Ufficio per violazione degli artt. 32 del DPR 600/1973, art. 51 del DPR 633/1972, art. 6 del D.Lgs. 546/1992, art. 2697 c.c. e carenza di motivazione della sentenza impugnata: riteneva che le argomentazioni dei giudici di primo grado erano del tutto insufficienti e connotate da assoluta genericità ed astrattezza.
Le stesse non davano conto, infatti, dell’eventuale registrazione in contabilità delle singole operazioni ritenute giustificate.
In particolare, riteneva inadeguata e illegittima la decisione dei primi giudici,
A. per quanto ai versamenti di complessivi euro 244.715,27 e per quanto ai prelevamenti di euro 284.894,60 (a fronte dei euro 920.912,00 ripresi a tassazione), di ritenerli giustificati in mancanza di co ione specifica fatta dall’Ufficio: nelle controdeduzioni difensive e nella memoria illustrativa vi erano invece diffuse puntuali riflessioni in opposizione;
B. di considerare “modesti” i prelevamenti di euro 17.851,44 e gli incassi di euro 36.448,19 annullando sul punto la pretesa tributaria senza che il contribuente avesse fornito una qualche giustificazione;
C. di non considerare in evasione perché trascurabili i movimenti anomali sui conti dei familiari, ovvero la cifra di euro 1.500,01 tra i prelevamenti e euro 83.382,22 tra i versamenti, dato che la norma autorizzava ad estendere l’indagine su detti conti;
D. quanto alle sanzioni, immotivatamente ridotte.
Sottolineava che non poteva essere esaminata la documentazione tardivamente prodotta nel contenzioso e senza addurre una causa esimente.
Chiedeva le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Il contribuente non si costituiva.
OSSERVA
La decisione dei primi giudici merita conferma, eccetto per quanto esposto dall’Ufficio ai punti B), C) e D) dell’appello.
Per quanto ai motivi d’appello sub A), a fronte di un disposto chiaro dei primi giudici, l’ Ufficio si riporta alle osservazioni fatte in primo grado mentre il richiamo in sentenza era proprio ad una esplicitazione di critica alle giustificazioni rese dal contribuente. Si pongono due ordini di considerazioni: innanzitutto, trattandosi di questione di merito attinente le singole movimentazioni bancarie, l’Ufficio doveva polarizzare l’attenzione, specificatamente osservando, sulle esimenti addotte dal contribuente fin dal primo grado.
In ogni caso, laddove ritenesse di averlo fatto o in mancanza, doveva contrastare la decisione dei primi giudici fornendo a questa Commissione d’appello l’indicazione delle movimentazioni sospette e rinnegando con specifiche argomentazioni le causali controverse.
Ciò non è stato fatto e rimane generico l’appello sul punto: anche a voler considerare non meglio analitica la decisione di primo grado – o errata ne l’affermazione del principio di non contestazione – l’atto di appello rimane carente nell’indicazione delle operazioni giustificate dal contribuente (adeguatamente o meno).
L’ufficio doveva insistere nella critica analitica per riaffermare la pretesa accertativa.
Laddove la contestazione sia da intendersi complessiva, è necessario comunque con l’appello riproporre analiticamente l’accertamento discutendo le giustificazioni addotte dal contribuente. Insomma, vista l’incompletezza dell’appello, rimangono non contestate, e quindi da confermarsi, le affermazioni e decisioni dei primi giudici sul punto.
Per quanto ai punti B) e C), l’appello dell’Ufficio va accolto dato che gli stessi primi giudici ritengono valido l’accertamento sui conti dei familiari, evidentemente ritenuti connessi, e la modestia degli importi non costituisce motivazione adeguata; peraltro, si tratta di cifre rilevanti, il che comprova ulteriormente la connessione dei conti dei familiari con i conti aziendali.
Parimenti, va accolto l’appello per quanto al punto D) in quanto le sanzioni non possono essere ridotte al di sotto del minimo, una volta applicate, mentre i primi giudici discrezionalmente le avevano rideterminate contra legem.
Quanto alla pur condivisibile affermazione dell’Ufficio sulla impossibilità di ingresso di documentazione laddove il contribuente non sia fornito di una scusante per la ritardata esibizione, la stessa rimane totalmente generica.
Si aggiunga che, soprattutto in materia di accertamenti bancari, gli Istituti di credito hanno i loro tempi per evadere la pratica e, in ogni caso, una ricerca contabile della documentazione associata all’operazione può essere piuttosto lunga.
In ragione dell’alternativa soccombenza dell’Ufficio riguardo le eccezioni presentate in appello, esistono motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione accoglie per quanto di ragione l’appello dell’Ufficio e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiara valido l’accertamento anche per i prelevamenti di euro 17.851,44 e per gli incassi di euro 36.448,19 che vanno ripresi a reddito, come pure per i movimenti anomali sui conti dei familiari, per euro 1.500,01 tra i prelevamenti e per euro 83.382,22 tra i versamenti.
Le sanzioni restano non riducibili al di sotto del minimo di legge.
Si conferma per il resto. Spese compensate.
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