Commissione Tributaria Regionale per la Toscana sez. 6 sentenza n. 182 depositata il 2 febbraio 2018
PROCESSO TRIBUTARIO – SOMME VERSATE A TITOLO DI SANZIONI PER RAVVEDIMENTO OPEROSO – NON RIPETIBILITA’
Svolgimento del processo
Per il triennio 2007-2009 la (omissis) S.p.A. (oggi incorporata nella società appellante (omissis) S.p.A.). quale controllante, e le società controllate (omissis) S.r.l. (oggi, (omissis) S.p.A. appellante). (omissis) S.r.l., (omissis) S.r.l., (omissis) S.r.l., (omissis) S.r.l., (omissis) S.r.l., (omissis) S.r.l. e (omissis) S.r.l. hanno congiuntamente esercitato l’opzione per la tassazione di gruppo di cui agli art. 117 e segg. del DPR 917/86.
Anteriormente alla scadenza del termine per il rinnovo per il successivo triennio 2010-2012, la consolidante e le consolidate si sono regolarmente scambiate tra loro il regolamento del consolidato mediante raccomandate. Per un errore nella trasmissione telematica la consolidante (omissis) S.p.a. ha inviato la comunicazione prevista dall’art. 119, comma l lettera d) TUIR per il rinnovo dell’opzione del consolidato nazionale per il triennio 2010-2012, in data 22.6.2010 anziché entro il temine del 16.6.2010.
A seguito dell’accertamento di tale ritardo, le controllate che, a livello individuale, presentavano un reddito imponibile positivo, a titolo prudenziale, hanno versato, mediante ravvedimento operoso, gli acconti ed il saldo Ires 2010. La controllante e le controllate hanno presentato i propri Modelli Unico SC/2011 relativi all’anno 2010 come se non spettasse il regime della tassazione di gruppo.
La società consolidante (omissis) S.p.a. presentava istanza alla competente Direzione Provinciale di Firenze al fine di ottenere il rimborso delle maggiori imposte pari a euro 777.022,00 che le società del gruppo avevano dovuto versare a causa della mancata opzione per il consolidato (derivanti dall’impossibilità di utilizzo di perdite infragruppo e dall’indeducibilità degli interessi passivi da parte delle singole società quale effetto delle dichiarazioni dei redditi presentate singolarmente dalle varie società), nonché della somma complessiva di euro 236.987,04 quali sanzioni ed interessi versati dalle singole società a seguito dei versamenti tardivi effettuati in relazione alle singole dichiarazioni per IRES 2010.
Nella stessa istanza le società (omissis) SRL, (omissis) A RL, (omissis) A RL, (omissis) SRL, (omissis) SRL, (omissis) SRL, (omissis) SRL, (omissis) SRL, richiedevano a loro volta, in sintonia alla richiesta della consolidante, il rimborso delle somme versate a titolo di interessi e sanzioni versati in sede di presentazione con ravvedimento operoso delle dichiarazioni annuali individuali inviando l’istanza alle Direzioni Provinciali competenti.
All’ istanza di rimborso erano allegate le dichiarazioni CNM2011 e i modelli SC2011 della controllante e delle controllate emendati tenendo conto della spettanza del regime di tassazione di gruppo.
La stessa istanza veniva reiterata in data 12/10/2012 dalla (omissis) s.r.l. alla Direzione Regionale rientrando la Società per il 2010 nella categoria dei “grandi contribuenti”.
Avverso il diniego tacito di rimborso e il provvedimento espresso di diniego, rispettivamente la società (omissis) S.r.l. e la società (omissis) S.r.l. hanno presentato ricorso avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze. Per le altre società consolidate non sono stati presentati autonomi ricorsi avverso il silenzio rifiuto opposto dalle singole Agenzie delle Entrate.
La CTP ha rigettato i ricorsi ritenendo che:
La tempestiva presentazione del rinnovo dell’opzione, così come previsto dall’art. 119, comma 1, lettera d) TUIR è condizione sostanziale per poter aderire all’istituto del consolidato fiscale.
Non possono essere invocati gli effetti della sanatoria di cui all’art. 2 comma 1, D.L. 16/12 in quanto non rientranti nell’ambito temporale di efficacia della stessa e per assenza dei requisiti.
La tesi della emendabilità delle nuove dichiarazioni presentate congiuntamente all’istanza di rimborso non può trovare accoglimento in base al principio affermato dalla Cassazione secondo cui “l’affermazione di una generale ed automatica emendabilità degli errori commessi dal contribuente nella redazione della dichiarazione, tuttavia, non può ritenersi estesa alla dichiarazione dei redditi “tout court” ma deve correttamente circoscriversi all’indicazione di quei dati, relativi alla quantificazione delle poste reddituali positive o negative, che integrino errori tipicamente materiali …, ovvero anche formali …, rimanendo a tali ipotesi estranea la concreta fattispecie in esame in cui il contribuente, con la stessa dichiarazione, viene ad esercitare una facoltà di opzione riconosciutagli dalla norma tributaria.” (Cass. 7294/2012).
Nel caso di specie non è possibile dare all’istanza di rimborso presentata un potere di emendabilità della dichiarazione individuale presentata dalla società in quanto il modello previsto per il consolidato nazionale essendo stato presentato in ritardo non ha avuto alcuna efficacia ed il Modello Unico SC per l’anno di imposta 2010 è stato redatto dalla ricorrente in base alle norme ordinarie e non a quelle del consolidato, la cui opzione costituisce a tutti gli effetti la manifestazione di una volontà negoziale e non una mera dichiarazione di scienza.
Presentavano appello entrambe le società deducendo che:
La sentenza impugnata è nulla per violazione del contraddittorio, non avendo i giudici di primo grado disposto la chiamata in giudizio delle altre società consolidate che avevano presentato, congiuntamente all’appellante, l’istanza di rimborso. Contrariamente a quanto rilevato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, nel consolidato si versa in un’ipotesi di litisconsorzio necessario codificato, effetto della responsabilità solidale tra consolidate e consolidante espressamente sancito dall’art. 40-bis D.P.R. 600/73, come riconosce la stessa circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 27/E di 2011. La inscindibilità delle posizioni tra consolidate e consolidante determina un’ipotesi di litisconsorzio necessario originario, con la conseguenza che “il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è nullo per violazione del principio del contraddittorio di cui agli artt. 101 c.p.c. e 111, secondo comma Cost. e trattasi di nullità che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento anche d’ufficio” (Cass. SS.UU. 14815/2008).
La tardiva/mancata presentazione del rinnovo dell’opzione, così come previsto dall’art. 119, co. 1 lett. d) TUIR, non può essere intesa come condizione sostanziale per aderire all’istituto del consolidato fiscale perché la norma riguarda la sola comunicazione iniziale dell’opzione e non anche il suo rinnovo. In ogni caso la norma non indica alcun termine perentorio o a pena di decadenza da rispettare. Ai sensi dell’art. 152 c.p.c. i termini sono in genere ordinatori, ad eccezione di quelli che la legge dichiara espressamente perentori o quelli la cui inosservanza, sempre per espressa previsione di legge, determini la decadenza.
La perentorietà non potrebbe discendere dalla previsione contenuta nell’art. 14 del D.M. 9 giugno 2004 che disciplina le modalità operative attraverso le quali procedere al rinnovo dell’opzione, trattandosi di norma regolamentare di rango secondario.
L’unica disposizione legislativa che espressamente menziona il “rinnovo dell’opzione” è contenuta nell’art. 125 del TUIR, che prevede che “in caso di mancato rinnovo dell’opzione di cui all’art. 117 […] si applicano le disposizioni dell’art. 124, Co. 1 lett. b)” La norma non disciplina il rinnovo tardivo e non può essere interpretata arbitrariamente in modo analogico, nel senso di assimilare un mero ritardo nel rinnovo ad un mancato rinnovo.
La non essenzialità del termine si ricava anche dall’art. 1, co. 1 D.P.R. 442/1997 ai sensi del quale “l’opzione o la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili”. Tale norma (come osservato dall’Amministrazione finanziaria con la circolare n. 209 del 27/08/1998) ha modificato il tradizionale concetto dell’opzione, dando rilevanza al comportamento concreto del contribuente, a comprova del quale risulta espressamente citata la modalità di liquidazione dell’imposta. Il D.P.R. 442/1997, infatti, prevedendo che il rinnovo di un’opzione già validamente esercitata sia di norma tacito, conferma un principio di conservazione degli effetti di un’opzione che risponde, non solo a criteri di buon senso, in quanto il rinnovo è meno innovativo e, quindi, meno “pericoloso” dello stesso esercizio iniziale dell’opzione, rappresentando la normale continuazione di un comportamento già posto in essere e – salvo prova contraria – legittimo, ma anche a criteri di economia procedurale.
E’ applicabile al caso di specie, contrariamente a quanto rilevato dai giudici di primo grado, l’art. 2 del DL 16 del 213/2012 sulle semplificazioni che è norma procedurale volta a salvaguardare il contribuente in buona fede permettendogli di sanare comportamenti che non hanno determinato danni per l’erario, che trova applicazione anche con riferimento a ipotesi pregresse come quella di cui si discute. Nel caso di specie vi sono tutti i requisiti richiesti per la sua applicazione.
I giudici di primo grado erroneamente hanno ritenuto di non poter accogliere la tesi della emendabilità della dichiarazione attraverso l’istanza di rimborso, cui sono state allegate le dichiarazioni modificative in proprio e quale consolidante. L’appellante, così come le altre consolidate, ha validamente emendato la dichiarazione a suo tempo presentata, presentando le dichiarazioni modificative in proprio e quale capogruppo in allegato alla istanza di rimborso del 28/12/2011. E ciò, agendo in modo del tutto conforme all’ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui, non solo “la dichiarazione dei redditi non è un atto negoziale o dispositivo, bensì una dichiarazione di scienza, sicché, in caso di errore (di fatto o di diritto) commesso dal contribuente, è, in linea di principio, emendabile e retrattabile quando possa derivarne l’assoggettamento ad oneri contributivi più gravosi di quelli che, in base alla legge, devono restare a carico del dichiarante” (Cass., sez. trib., n. 21968/2015), ma la sua emendabilità può essere disposta anche per il tramite di un’istanza di rimborso. Infatti, contrariamente alla posizione assunta dai giudici di primo grado, la richiesta di rimborso, presentata entro i termini di cui all’art. 38 DPR 602/1973, è idonea a rettificare in senso favorevole la dichiarazione del contribuente quando questi ne dimostri l’erroneità, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.
In una memoria presentata dopo la fissazione dell’udienza di trattazione l’appellante (omissis) S.p.a. ha evidenziato che l’art. 7-quater del D.L. 22/10/2016 n. 193 ha differenziato le modalità richieste per il rinnovo del consolidato da quelle previste invece per l’opzione d’ingresso in tale regime. Pur essendo previsto che le modifiche si applichino dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, si deve ritenere pacifico che alle stesse debba essere riconosciuta natura interpretativa. La possibilità di usufruire del rinnovo non necessita di un’espressa comunicazione, ma avviene con opzione tacita.
Si costituivano e resistevano all’appello sia la Direzione Provinciale di Firenze sia la Direzione Regionale della Toscana. Gli appellati contestavano la fondatezza dell’appello, osservando in sintesi che:
– Non sussiste la dedotta violazione del contraddittorio in quanto è ravvisabile un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra le società del gruppo solo quando sia emesso dall’ Ufficio un avviso di accertamento unico nei confronti delle società del gruppo.
– Il termine per la presentazione della comunicazione all’ Agenzia delle entrate è un termine essenziale alla cui osservanza è condizionata l’efficacia del rinnovo dell’opzione, in conformità a quanto previsto dall’art. 14 del D.M. 09/06/2004.
– L’eccezione di inapplicabilità dell’art. 1 co. 1 D.p.r. 442/1997 è inammissibile in quanto non prospettata nel ricorso introduttivo ma solo in memorie successive. E’ comunque infondata atteso che l’ art. 1 co. 1 DPR 442/97 è stato introdotto in data anteriore all’entrata in vigore del il D.lgs. 344/2003, che disciplina espressamente l’esercizio dell’opzione nonché il rinnovo della stessa.
Correttamente la CTP ha escluso l’applicabilità della sanatoria di cui all’art. 2, comma 1, DL 16/2012 sia perché non rientrante nell’ambito temporale di efficacia della norma sia per assenza di requisiti, dovendosi escludere che la norma abbia un’applicazione retroattiva “generale”.
– Inapplicabilità del principio della emendabilità della dichiarazione con istanza di rimborso, riconosciuto dalla giurisprudenza della Cassazione, che non ha valenza generale ed illimitata e non è applicabile nei casi come quello di specie in cui la scelta di un regime di tassazione particolare richiede una vera e propria manifestazione di volontà.
– Nell’ipotesi in cui fosse accolta la richiesta di riconoscimento della validità del rinnovo, seppur tardivo, del consolidato, non sarebbero comunque ripetibili le somme versate a titolo di ravvedimento operoso, atteso che una volta che il contribuente abbia scelto di avvalersi del ravvedimento operoso, gli è preclusa la ripetizione delle somme versate, con conseguente inammissibilità della relativa istanza, salvo il caso di errori formali essenziali e riconoscibili.
Motivi della decisione
Violazione del contraddittorio
La richiesta di declaratoria della nullità della sentenza per violazione del contraddittorio è infondata. La situazione di litisconsorzio necessario cui fa riferimento la circolare 27/2011 si riferisce esclusivamente al procedimento di accertamento emesso nei confronti di società del gruppo e non anche alla fattispecie in esame in cui due società hanno contestato la legittimità del silenzio rifiuto e del diniego del rimborso da loro chiesto, unitamente alle società consolidate le quali – peraltro – avrebbero potuto promuovere analogo ricorso.
Essenzialità del termine per il rinnovo
La tesi dell’appellante muove da un presupposto erroneo e cioè che la perentorietà di un termine (quale quello di cui si discute) debba essere espressamente prevista dalla legge, e ciò in base al disposto dell’art. 152 c.p.c.
Questa norma, infatti, si applica solo ai termini processuali e non anche ai termini sostanziali. Non avrebbe alcun senso prevedere che un determinato atto (dichiarazione o comunicazione) debba essere compiuto entro un termine senza attribuire al rispetto del termine stesso il carattere di requisito per la produzione degli effetti propri dell’atto. Il rispetto dei termini sostanziali costituisce necessariamente requisito per la produzione degli effetti tipici dello stesso, come correttamente ha ritenuto la Commissione tributaria provinciale.
Il procedimento di rinnovo dell’opzione è compiutamente disciplinato dall’art. 14 del D.M. 09/06/2004, emesso in base al disposto dell’art. 129 T.U.I.R., che dispone che “… la comunicazione del rinnovo dell’opzione deve avvenire con le stesse modalità di cui all’alt. 5 del presente decreto entro il termine indicato nell’art. 119, comma 1, lettera d), riferito al primo esercizio successivo al triennio di efficacia dell’opzione” e cioè “entro il sedicesimo giorno del sesto mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta precedente al primo esercizio a cui si riferisce il rinnovo dell’opzione”.
Contrariamente a questo dedotto dall’appellante non si può attribuire alcun rilievo alla circostanza che l’art. 7-quater del D.L. 22/10/2016 n. 193 ha eliminato l’obbligo di chiedere il rinnovo dell’opzione. l’espressa previsione che le modifiche introdotte si applicano dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 esclude la possibilità di attribuire alla nuova disciplina natura interpretativa.
Questione relativa alla emendabilità delle dichiarazioni a tassazione ordinaria
Non ha alcun rilievo la questione relativa alla efficacia delle dichiarazioni presentate secondo le regole del consolidato, allegate all’istanza di rimborso ex art. 38 DPR 602/73, che, secondo l’appellante avrebbero avuto l’effetto di sostituire le dichiarazioni individuali presentate da tutte le società interessate in base alle regole ordinarie. Secondo l’appellante ciò comporterebbe che la tassazione effettiva dovrebbe essere quella che ci sarebbe stata in presenza di un rinnovo dell’opzione di consolidato efficace.
Sono sicuramente condivisibili le argomentazioni prospettate dal rappresentante dell’appellante nel corso della discussione orale, che ha sostenuto che nel settembre 2011 furono presentate le dichiarazioni in conformità ad un regime di tassazione ordinaria da parte delle singole società del gruppo solo per ovviare alle conseguenze di una contestazione da parte dell’Ufficio dell’omessa presentazione della dichiarazione, con gravissimi danni anche per l’immagine del gruppo; la presentazione delle dichiarazioni non rispondeva ad una effettiva volontà di assoggettare le società al regime di tassazione ordinaria, tanto che poco dopo furono presentate le istanze di rimborso con allegate le nuove dichiarazioni secondo il regime di tassazione di gruppo; ciò configura una evidente situazione di errore essenziale e riconoscibile che, secondo la stessa sentenza della Cassazione indicata dall’ Ufficio, assume rilevanza ai fini della emendabilità delle precedenti dichiarazioni.
La questione – però – è mal posta. Anche ave si potesse e dovesse riconoscere alle dichiarazioni efficacia emendante, permarrebbe comunque un ostacolo insuperabile all’applicazione del regime di tassazione di gruppo: la mancanza di una tempestiva comunicazione del rinnovo dell’opzione che costituisce, come si è detto, requisito essenziale per usufruire di tale regime di tassazione.
Applicabilità dell’art. 1 Co. 1 dpr 442/97
Non è fondato il rilievo dell’ Ufficio secondo cui tale eccezione sarebbe inammissibile in quanto nuova per non essere stata proposta nel ricorso introduttivo. Non è applicabile la preclusione di cui all’art. 57 co. 2 D.lgs. 546/92 atteso che non si tratta di proposizione di vera e propria eccezione, ma di prospettazione di argomento nuovo a sostegno del motivo proposto dalle ricorrenti di non essenzialità del rispetto del termine per la comunicazione dell’opzione, senza alcun ampliamento della causa petendi.
L’argomento – però – è infondato. E’ corretto quanto osservato al riguardo dall’Agenzia delle Entrate che il fatto che il D.lgs. 344/2003 sia successivo al DPR 442/97 dimostra la volontà del legislatore di dettare una disciplina specifica che derogasse a quanto disposto in via generale dal citato art. l relativamente alla sufficienza del comportamento concludente.
Inapplicabilità al caso di specie della sanatoria di cui all’art. 2, comma 1, D.L. 161/2012
Le puntuali osservazioni contenute nella sentenza di primo grado sono pienamente condivisibili e non sono contrastate da validi argomenti prospettati dall’appellante. Correttamente ha rilevato l’Ufficio che il fatto che la norma richieda il versamento della sanzione contestualmente all’assolvimento, pur in ritardo, dell’adempimento porta a ritenere che la sanatoria operi in relazione ad adempimenti successivi alla entrata in vigore della normativa.
Irripetibilità dei versamenti effettuati a titolo di ravvedimento operoso
E’ infondata anche la richiesta di restituzione delle sanzioni versate a titolo di ravvedimento operoso, condividendosi il costante indirizzo giurisprudenziale della Cassazione, cui ha fatto riferimento l’ Ufficio appellato, secondo cui non sono ripetibili le somme versate a titoli di sanzioni in virtù della definizione agevolata salvo il caso di errori formali essenziali e riconoscibili.
Con la sentenza n. 6108 del 30/3/2016 la Cassazione ha affermato che l’istituto del ravvedimento operoso, implicando riconoscimento della violazione e della ricorrenza dei presupposti di applicabilità della sanzione, rappresenta una scelta del contribuente per il pagamento della sanzione in misura ridotta, sicché non può essere invocato per ottenere il rimborso di quanto corrisposto, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997 o ai sensi dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000, poiché tali disposizioni si applicano esclusivamente nel caso di sanzioni imposte dalla Amministrazione.
Ma vi è di più! In relazione a quanto ritenuto da questa Commissione circa la tardività della comunicazione dell’opzione e la conseguente inapplicabilità del trattamento fiscale di gruppo, il ravvedimento operoso dell’appellante ha esplicato i suoi effetti, con la ulteriore conseguenza che le sanzioni versate sono dovute, non essendovi stato alcun errore nella determinazione delle stesse.
Né si potrebbe pervenire a diversa conclusione facendo riferimento all’art. 8 del D.Lgs. 546/1992 che attribuisce alla commissione tributaria il potere di dichiarare non applicabili le sanzioni previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali sì riferisce, trattandosi di fattispecie assolutamente diversa nei presupposti.
Sussistono eccezionali motivi per dichiarare compensate le spese, in ragione di evidenti ragioni dì equità. L’errore che ha determinato il versamento di maggiori imposte e sanzioni per importo rilevante è relativo al ritardo di soli sei giorni nell’inoltrare la comunicazione. Tale ritardo peraltro è stato determinato dal fatto che il termine (originariamente previsto al 30 giugno) nell’anno in questione è stato anticipato al 16 giugno, determinando così la tardività della comunicazione effettuata il 22 giugno.
P.Q.M.
Rigetta l’appello. Dichiara compensate le spese.
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