Sulla base dei principi di diritto statuiti, in tema di concorso del c.d. extraneus nei reati fallimentari propri commessi dall’amministratore di fatto o di diritto della società fallita, dalla giurisprudenza di legittimità é configurabile il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento, quando la condotta di quest’ultimo sia stata efficiente per la produzione dell’evento e il terzo concorrente abbia operato con la consapevolezza e la volontà di aiutare l’imprenditore in dissesto a pregiudicare gli adempimenti predisposti dalla legge a tutela dei creditori.
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 13002 depositata il 28 marzo 2023, intervenuta in tema di reato di bancarotta fraudolente per distrazione del concorrente extraneus, ha ribadito il principio di diritto secondo cui “… nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente “extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'”intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società che può rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori (Sez. 5 -, Sentenza n. 4710 del 14/10/2019 Ud. (dep. 04/02/2020), Rv. 278156 – 02) …”
La vicenda ha riguardato l’amministratore, il liquidatore ed il commercialista di una società di capitale posta in liquidazione e poi fallita. I tre soggetti venivano accusati del reato di bancarotta fraudolente patrimoniale (veniva loro contestato di aver distratto una cospicua somma di denaro attraverso svariate disposizioni di bonifico bancario tramite home banking in favore di società con sede all’estero, quali “anticipi” su forniture mai effettuate). Il Tribunale condannava i tre imputati per i reati ascritti. Avverso la decisione dei giudici di prime cure, gli imputati proponevano appello. La Corte Territoriale riformava parzialmente la decisione impugnata. Per i giudici di appello una volta fallito il tentativo di superare la situazione di insolvenza in cui già versava la società con lo strumento del concordato preventivo risolto per grave inadempimento, il liquidatore della società, e già amministratore della stessa, unitamente al, commercialista storico della medesima, abbiano architettato di sottrarre ingenti somme di denaro dalle casse societarie, escogitando la nomina a nuovo liquidatore – soggetto dotato di “una scarsa capacità di giudizio, creduloneria, inaffidabilità” affetto da lieve deficit intellettivo tanto da avere un’amministratrice di sostegno. I due imputati avverso la decisione dei giudici di appello proponevano ricorso in cassazione.
Gli Ermellini dichiaravano inammissibili i ricorsi sulla considerazione che l’incensurabilità delle argomentazioni di cui alla sentenza gravata che, invece, avrebbero offerto un’adeguata motivazione in punto di dimostrazione della sussistenza dell’elemento soggettivo dell’extraneus rispetto alle condotte spoliative poste in essere dall’intraneus.
La pronuncia in commento assume particolare interesse, in quanto impone a tutti i professionisti di prestare la massima cautela ed attenzione nello svolgimento della professione a favore di aziende in fase prefallimentare, per evitare il rischio relativo alle responsabilità, sia civili che penali, connesse all’insolvenza aziendale.
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