CONSIGLIO DI STATO – Sentenza 13 giugno 2013
Diniego visto di reingresso in Italia – Risarcimento danni
Fatto e diritto
La sig.ra A. A., cittadina del Bangladesh, in possesso di permesso di soggiorno per stranieri ha impugnato innanzi al Tar del Lazio il provvedimento del 2/1/2012 con cui l’Ambasciata d’Italia a Dhaka (Bangladesh) ha respinto l’istanza di reingresso in Italia, avanzata dall’interessata dopo un periodi di tempo trascorso nel suo Paese d’origine.
L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n. 3615/2012, resa in forma semplificata, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione ai sensi dell’art. 30 comma 6 del dlgs n. 286/98.
La sig.ra A. A. ha impugnato tale sentenza, deducendo, in primo luogo, ai sensi dell’art. 105 c.p.a., a sostegno del proposto gravame, il vizio di error in iudicando in ordine all’errata qualificazione giuridica della fattispecie concreta e sulla sussistenza della giurisdizione in capo all’autorità giudiziaria amministrativa costituita dal Tar del Lazio.
Secondo parte appellante il Tar ha errato nell’applicare la disposizione di cui all’art. 30 del dlgs n. 286 del 1998 dal momento che nella specie non si tratta di un caso di ricongiungimento familiare, ma di ordinaria richiesta di reingresso sulla quale deve determinarsi in sede di preventivo nulla osta l’Autorità di Pubblica sicurezza e successivamente l’Ambasciata, lì dove per tale ipotesi è competente a pronunziarsi, quanto alla contestazione giudiziale, il giudice amministrativo.
Nel merito della controversia, a carico dell’atto impugnato viene dedotta, variamente articolata, la censura di difetto di motivazione e di istruttoria.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero degli affari Esteri e quello dell’Interno che hanno difeso la legittimità del provvedimento impugnato, chiedendo la reiezione del ricorso.
Alla camera di consiglio del 30 aprile 2013 la causa viene introitata per essere definita ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 c.p.a.
Tanto premesso, l’appello va accolto nella parte relativa alla questione della individuazione del giudice deputato a conoscere della controversia de qua, meritando l’impugnata sentenza integrale riforma..
Dunque il Tar, con riferimento alla controversia ivi introdotta ha declinato la propria giurisdizione e tanto in ritenuta applicazione dell’art. 30 del dlgs 25 luglio 1998 n. 286 (testo unico sull’immigrazione) secondo cui (comma 6) “contro il diniego di nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari nonché contro gli altri provvedimenti…in materia di diritto all’unità familiare” l’interessato può fare ricorso al giudice ordinario.
La statuizione del TAR si rileva però errata perché fondata su un rilievo non esatto sia in fatto che in diritto, atteso che, invero, nella specie non viene in rilievo una fattispecie riguardante l’assentibilità o meno di una domanda di visto di reingresso in Italia per ricongiungimento familiare, non rilevandosi, in particolare, dagli atti di causa, elementi che espressamente e/o implicitamente provino che detto reingresso è volto a consentire alla cittadina straniera di ricongiungersi con i suoi familiari.
A conferma di ciò vale osservare, peraltro, come la stessa difesa delle Amministrazioni resistenti non offra fatti e/o circostanze di segno contrario, tant’è che , come espressamente riferito in memoria difensiva , il patrocinio erariale in ordine alla statuizione sul difetto di giurisdizione “non ha motivo di prendere posizione”.
Deve allora ritenersi avulsa dall’ipotesi normativa di cui al comma 6 dell’art. 30 del citato dlgs n. 286/98, la fattispecie qui all’esame, connotata dal fatto che il diniego di visto è legato alla pretesa sussistenza di ostative ragioni di pubblica sicurezza e, se così è, non v’è dubbio che in relazione alla impugnativa di una siffatta tipologia di provvedimento sussista la cognizione del giudice amministrativo (Cons. Stato Sez. III 30/1/2013 n. 604).
L’impugnata sentenza dichiarativa di inammissibilità del ricorso, in quanto errata va perciò riformata, con rinvio, al giudice di primo grado, al fine di definire nel merito il ricorso a suo tempo ivi instaurato avverso la determinazione qui in discussione.
Sussistono peraltro giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del doppio grado del giudizio
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie per quanto di ragione e per l’effetto, ai sensi dell’art. 105 comma 3 c.p.a., annulla l’impugnata sentenza con rinvio della causa al giudice di primo grado.
Spese e competenze del doppio grado del giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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