Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 1607 depositata il 15 febbraio 2023
suddivisione in lotti – carenza di una specifica e adeguata motivazione della scelta di non suddividere – illegittimità (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)
FATTO
1. Con il ricorso di primo grado, la F.G. s.r.l., società attiva nel settore dei servizi postali, ha impugnato innanzi al T.A.R. Puglia- Sezione staccata di Lecce il bando di gara, pubblicato in GURI il 16 giugno 2021 e rettificato il successivo 7 luglio, con cui AMAT S.p.a., AMAT (di seguito AMAT) indiceva la “procedura aperta n. 18/2021 per l’affidamento del servizio di spedizione e notifica atti giudiziari per la durata di tre anni”, i chiarimenti resi dalla stazione appaltante (laddove avevano precisato che era richiesta per partecipare alla gara l’autorizzazione del tipo A1, abilitante alla notifica su tutto il territorio nazionale), gli atti indittivi della procedura (inclusa “ove occorra” la delibera prot. n. 10244 del 10 giugno 2021), in uno ad ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.
1.1. In particolare, la ricorrente, con tre motivi di gravame, ha dedotto l’illegittimità del bando nella parte in cui esso:
a) all’art. 4 prescriveva, tra i requisiti di partecipazione, la titolarità della licenza individuale speciale di tipo A1, che abilita alle notifiche degli atti giudiziari in ambito nazionale;
b) stabiliva (all’art. 2) che “l’appalto è costituito da un unico lotto” e comunque non prevedeva soluzioni volte a consentire la massima partecipazione alla procedura di affidamento, in quanto, omettendo la suddivisione in più lotti, non consentiva di partecipare alla gara anche ad imprese- come la ricorrente- titolari della (sola) licenza individuale speciale A2, valida in ambito regionale;
c) prevedeva quale criterio di attribuzione del punteggio tecnico (25 punti sui 70 disponibili) il grado di copertura diretta dei codici di avviamento postale (CAP) nazionali.
In tesi, secondo la ricorrente la gara de qua, per come disciplinata, avrebbe integrato un illegittimo affidamento diretto a P.I. s.p.a., quale unico operatore che in concreto poteva parteciparvi.
1.2. Si costituivano in resistenza AMAT (la quale eccepiva l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso) e, a seguito di ordinanza di integrazione del contraddittorio, anche P.I. s.p.a., insistendo anch’essa per il rigetto del ricorso.
1.3. Il Tribunale amministrativo accoglieva l’istanza cautelare con ordinanza n. 584 del 14.10.2021, poi riformata in sede di appello dal Consiglio di Stato (con ordinanza cautelare n. 6401/2021), che riteneva prevalente l’esigenza di garantire la continuità del servizio in corso di svolgimento.
1.4. Nelle more, con provvedimento dell’8.10.2021, AMAT aggiudicava il servizio a P.I. che aveva offerto un ribasso molto elevato (circa il 44%).
2. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo, disattese le eccezioni preliminari, sollevate dall’Azienda resistente e dalla controinteressata, di inammissibilità del gravame (per omessa notifica al controinteressato, nonché per difetto di legittimazione ad agire), ha accolto il ricorso, ritenendo fondata in via assorbente la censura, spiegata nel secondo motivo, di “violazione e falsa applicazione dell’art. 51 del D. Lgs. n. 50/2016”; di conseguenza, ha annullato il bando impugnato nei termini indicati in motivazione
3. AMAT ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, deducendone l’erroneità e domandandone la riforma sia nella parte in cui ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, sia nella parte in cui lo ha ritenuto fondato nel merito.
3.1. Si è costituita F.G. che, oltre ad argomentare l’infondatezza dell’appello, ha riproposto ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi (primo e terzo) dichiarati assorbiti dalla sentenza impugnata, con i quali erano stati dedotti ulteriori vizi della legge di gara.
3.2. Si è costituita anche P.I. S.p.a., in senso adesivo alle tesi dell’appellante.
3.3. Con ordinanza n. 1561/2022, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare dell’appellante ai fini del mantenimento della res adhuc integra, ritenendo, nella comparazione dei contrapposti interessi, prevalente l’esigenza di assicurare la continuità dell’erogazione del servizio.
3.4. All’udienza pubblica del 13 ottobre 2022, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
4. L’appello di AMAT deduce, anzitutto, l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione all’impugnativa: ciò sul rilievo per cui le clausole contestate non avrebbero natura escludente, in quanto la ricorrente ben poteva associarsi in ATI per partecipare alla gara (con altro soggetto economico in possesso del requisito prescritto ovvero in modo da poter coprire, sommando i requisiti dati dalle licenze A2 regionali, l’intero territorio nazionale), come del resto evidenziato da AMAT in sede di chiarimenti, o, comunque, poteva dotarsi del requisito professionale mancante, considerato, oltretutto, che la stessa è già in possesso della licenza B1 per la notifica dei verbali di contravvenzione in ambito nazionale.
Pertanto, la ricorrente, che non aveva provveduto a conseguire la prescritta abilitazione, non per oggettiva impossibilità né per comprovata estrema difficoltà a sé non imputabili, ma per sua mera negligenza, per proprie carenze organizzative e, comunque, per una sua libera scelta imprenditoriale, non sarebbe poi legittimata a impugnare gli atti della gara cui non aveva partecipato né a contestare il requisito prescritto (la titolarità della licenza A1 per le notifiche degli atti giudiziari in ambito nazionale), comunque non sproporzionato né abnorme, quindi non oggettivamente escludente.
Infatti, non sarebbe illogico e neppure irragionevole richiedere, come qui avvenuto, requisiti differenti e, del caso, più qualificanti sul piano delle risorse da impiegare per svolgere un servizio che impegna l’operatore economico su ambiti territoriali diversi e più estesi.
5. Le censure non sono fondate.
5.1. Correttamente la sentenza appellata ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione all’impugnativa, fondata sull’assunto secondo cui il carattere escludente della clausola debba essere accertato in termini oggettivi sicché F.G. imputet sibi il mancato possesso del requisito richiesto dal bando.
5.2. A fondamento della sua decisione il primo giudice ha correttamente posto il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui alla regola in base alla quale, in materia di controversie aventi ad oggetto gare d’appalto, la legittimazione al ricorso deve essere correlata a una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione può certamente derogarsi in tre ipotesi tassative e, tra queste, per il caso in cui si impugnino direttamente le clausole del bando che si assume essere immediatamente escludenti (Cons. Stato, Adunanza Plenaria 26 aprile 2018, n. 4).
5.2.1. Orbene, sull’argomento la giurisprudenza amministrativa è poi pacifica nell’affermare che sono immediatamente escludenti e legittimano alla impugnativa anche l’operatore economico che non abbia partecipato alla gara non solo le clausole del bando che attengono ai requisiti di partecipazione, ma anche, in un’accezione più ampia le fattispecie di:
a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale;
b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile;
c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta;
d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente;
e) clausole impositive di obblighi contra ius.
5.3. Nella specie, non vi è da dubitarsi che le clausole del bando impugnate in primo grado sono immediatamente escludenti: sussiste, pertanto, legittimazione e interesse al ricorso, anche in mancanza di partecipazione alla gara.
5.4. Infatti, la ricorrente F.G., la quale, come operatore del settore, ha interesse a partecipare alla procedura di gara, ha lamentato (con i primi due motivi dedotti) di non potervi prendere parte, poiché non in possesso della licenza individuale speciale di tipo A1 per le notifiche in ambito nazionale e che, inoltre, il requisito di partecipazione in esame sarebbe del tutto sproporzionato per eccesso rispetto all’oggetto dell’appalto, perché a fronte di un servizio da espletarsi quasi totalmente (per circa il 90 % delle notifiche) in ambito regionale sarebbe stata sufficiente anche la licenza individuale speciale di tipo A2, limitata all’ambito territoriale della Puglia, di cui la stessa ricorrente è titolare.
5.5. Pertanto, secondo la prospettazione della ricorrente, la sua partecipazione alla gara è stata in concreto ostacolata dalla prescrizione in esame, dalla scelta di non suddividere l’appalto in lotti, nonché sul piano dei criteri di valutazione delle offerte tecniche, parimenti contestati, con il terzo motivo di doglianza, nella parte in cui premiavano l’operatore postale che poteva vantare il maggior grado di copertura sul territorio nazionale (in sostanza P.I. s.p.a., risultata poi aggiudicataria del servizio), rendendo di fatto inutile la partecipazione della ricorrente alla procedura di gara.
5.6. In definitiva la ricorrente ha impugnato un bando di gara che le impedisce in radice la partecipazione alla procedura selettiva.
5.7. Né valgono ad elidere la natura escludente delle clausole impugnate i motivi meramente soggettivi, afferenti alla sfera organizzativa ed imprenditoriale del concorrente, per cui quest’ultimo non si è dotato del requisito di partecipazione richiesto: motivi che a ragione sono stati ritenuti ininfluenti dal primo giudice, in disparte le pur condivisibili obiezioni addotte dalla stessa ricorrente in primo grado al fine di comprovare che non era a sé imputabile il mancato conseguimento della prescritta abilitazione, nonché l’estrema difficolta di dotarsene, anche perché la licenza di tipo A1, prevista per la notifica degli atti giudiziari in ambito nazionale , richiede requisiti ben più stringenti, anche sul piano delle risorse impiegate, di quelli previsti per ottenere il possesso della licenza B1, riguardante le notifiche delle sole contravvenzioni.
5.7.1. Rileva, infatti, la natura oggettivamente escludente delle prescrizioni impugnate, da valutare in ragione dei contenuti e degli effetti che le clausole impugnate producono sul piano della partecipazione alla gara.
5.7.2. Tale natura escludente delle contestate previsioni non viene poi meno neanche per effetto della possibilità, non negata dalla lex specialis, di ricorrere al raggruppamento temporaneo di imprese per raggiungere il requisito di abilitazione alla notificazione nazionale e partecipare alla competizione in forma associata: e non solo perché- il che già sarebbe dirimente- una siffatta possibilità di raggiungere, per cumulo delle relative autorizzazioni, la copertura di livello nazionale è in concreto impedita dalla circostanza, pacifica in atti, che per plurimi ambiti regionali non vi è alcun operatore economico postale che sia in possesso della licenza A2, ma soprattutto per il fatto che non può essere suscettibile di influire sulla portata ostativa assunta dal requisito di qualificazione prescritto, rispetto alla partecipazione dell’originaria ricorrente alla procedura di affidamento in questione, una possibilità meramente eventuale, subordinata alla mera volontà e all’impegno di altri operatori economici.
5.8. Nella specie F.G. ha infatti contestato la struttura della gara in sé, assumendo che la sua conformazione in unico lotto funzionale e prestazionale, in uno al requisito professionale richiesto (l’abilitazione alle notifiche valida per l’ambito territoriale nazionale), ponga una barriera al suo ingresso in quello specifico mercato, provocata da clausole del bando per la stessa insuperabili perché escludenti e comportanti per l’interessata un immediato arresto procedimentale (Consiglio di Stato, sez. V, 26.6.2017, n. 3110).
Pertanto, le contestate clausole del bando di gara arrecano una lesione diretta e attuale all’interesse della ricorrente la quale, come operatore economico di quel segmento di mercato, si vede preclusa la possibilità di farvi ingresso mediante la partecipazione alla gara, non essendo in possesso del requisito prescritto né, allo stato, di quanto previsto dalla legge per ottenerlo.
5.9. Pertanto, stante i profili di immediata lesività riscontrabili nella lex specialis in ragione della mancata suddivisione in lotti dell’appalto e del requisito di partecipazione prescritto, non posseduto dalla ricorrente, le clausole del bando in questione potevano e dovevano essere immediatamente (id est: sin dal momento della loro pubblicazione) impugnate dalla ricorrente, a prescindere dalla sua partecipazione alla gara.
È infatti orientamento pacifico e consolidato quello per cui nelle gare pubbliche è onere dell’interessato procedere all’immediata impugnazione delle “clausole del bando o della lettera di invito che prescrivano il possesso di requisiti di ammissione o di partecipazione alla gara la cui carenza determina immediatamente l’effetto escludente, configurandosi il successivo atto di esclusione come meramente dichiarativo e ricognitivo di una lesione già prodotta” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 31 marzo 2020, n. 2183).
6. Con un secondo ordine di doglianze l’appellante sostiene l’infondatezza nel merito del ricorso di primo grado.
6.1. Secondo AMAT, la sentenza si baserebbe su un’applicazione formalistica e non condivisibile dell’art. 51 del D.Lgs. n.50/2016 che non sarebbe neppure applicabile al caso di specie.
6.2. Ad ogni modo non sarebbe irragionevole né arbitraria la scelta di non suddividere l’appalto in lotti funzionali tenuto conto della natura del servizio prestato e della necessità di affidarlo, per ragioni di omogeneità e unitarietà del suo svolgimento sull’intero territorio nazionale, a un medesimo operatore.
6.2.1. In particolare, tale scelta si fonderebbe sul principio di unitarietà della notifica affermato dall’art. 5, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 (a mente del quale “Il rilascio della licenza individuale per i servizi riguardanti le notificazioni di atti a mezzo della posta e di comunicazioni a mezzo della posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge 20 novembre 1982, n.890, nonché per i servizi riguardanti le notificazioni a mezzo della posta previste dall’articolo 201 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni, deve essere subordinato a specifici obblighi del servizio universale con riguardo alla sicurezza, alla qualità, alla continuità, alla disponibilità e all’esecuzione dei servizi medesimi”) per esigenze che, “in quanto serventi a superiori fini istituzionali di diritto processuale e di diritto penale, anche a tutela della parte, oltre che dell’efficacia ed efficienza delle relative funzioni pubbliche, costituendo senza alcun dubbio validi ed evidenti motivi imperativi di ordine pubblico, ben possono valere a contenere e limitare le esigenze di tutela del mercato e della concorrenza”, come statuito dal Consiglio di Stato (nel parere della Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, n.1369 del 3.8.2021).
6.3. Del resto, rammenta l’appellante, in generale la tutela della concorrenza andrebbe bilanciata con le esigenze sottese a una efficiente ed efficace erogazione del servizio, in ragione della prevalenza funzionale, nella disciplina (anche comunitaria) degli appalti pubblici, del profilo causale inerente le ragioni della domanda pubblica, al fine di evitare restrizioni sul piano della qualità delle prestazioni che l’amministrazione può richiedere (secondo un parametro di proporzionalità), specie a fronte di un servizio pubblico così delicato: tant’è che anche la direttiva 2014/24/UE prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità’ (art.58, § 4).
In tale ottica, le scelte di AMAT sarebbero espressione della discrezionalità, riconosciuta alle amministrazioni aggiudicatrici, per realizzare l’interesse generale a incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazioni oggetto di gara, di imporre, nei limiti della logicità e della ragionevolezza, determinati requisiti e anche di individuare i lotti di gara, a tutela delle esigenze dell’amministrazione sul piano dell’organizzazione del servizio.
6.4. La sentenza avrebbe poi anche violato l’art.21-octies della L. n.241/1990 per aver inteso in termini eccessivamente rigorosi e assoluti il divieto di integrazione postuma in sede processuale della motivazione ad opera della stazione appaltante, laddove non sarebbe stato, invece, illegittimo consentire che la reale motivazione del provvedimento fosse “individuata dal giudice anche in sede giudiziaria” in quanto la deroga all’obbligo della motivazione verrebbe meno non solo nel caso di atti vincolati, ma anche quando, come nel caso di specie, la scelta, apparentemente non sorretta da supporto motivazionale, derivi dalla stessa applicazione della normativa di settore.
7. Anche tali censure vanno respinte.
7.1. La sentenza ha correttamente accolto il secondo motivo di ricorso con cui si era dedotta la violazione dell’art. 51 del D.lgs. 50/2016, in quanto, a fronte di un servizio da espletarsi per la quasi totalità (oltre il 90 per cento delle notifiche) nell’ambito territoriale regionale, la legge di gara, senza alcuna motivazione a riguardo, aveva individuato un unico lotto nazionale, subordinandone la partecipazione alla titolarità della licenza individuale speciale di tipo A1.
7.2. Innanzitutto, giova evidenziare che, a sostegno della necessità di suddivisione dell’appalto de quo in lotti, l’odierna appellata F.G. ha richiamato:
– il parere dell’AGCM pubblicato il 21 novembre 2021 che, in analoga fattispecie (concernente una procedura di affidamento del servizio di notifica di atti giudiziari e sanzioni amministrative, ove le notifiche da effettuarsi in ambito regionale erano solamente il 60 % delle totali) ha affermato, in ossequio al principio del favor partecipationis, la necessità di prevedere nella legge di gara la ripartizione territoriale dei lotti, l’uno riguardante l’ambito regionale che avrebbe richiesto, come requisito di partecipazione, il possesso della licenza individuale speciale di tipo A2, l’altro relativo alle restanti Regioni, per il quale era necessaria l’abilitazione di tipo A1, con validità nazionale (o, in subordine, il possesso della qualificazione di “fornitore di servizio universale”);
– la decisione di Cons. Stato, V, 27 luglio 2020, n. 4578, che, in analogo caso, avente ad oggetto una gara per servizi di notifica degli atti giudiziari ove era stato previsto un lotto unico e un requisito restrittivo della partecipazione, ha ritenuto “l’articolazione dell’appalto in un unico lotto …non ragionevole né rispettosa del principio di libera concorrenza, nel duplice senso, oggettivo (come astratta possibilità di contendersi il mercato in posizione di parità) e soggettivo (per la creazione di posizione di ingiustificato favore di un concorrente, unico in grado di conseguire il massimo punteggio attribuibile in relazione ai criteri contestati)”.
7.2.1. In primo luogo, deve osservarsi che il parere reso dall’Autorità, lungi dal fornire argomenti alle tesi di AMAT (secondo cui nella vicenda esaminata dall’AGCM una suddivisione dei lotti poteva giustificarsi in ragione della differente e maggiore consistenza del lotto nazionale, con conseguente minor rischio di non aggiudicazione di quest’ultimo rispetto alla gara indetta da AMAT), evidenzia il carattere proconcorrenziale che è generalmente alla base della regola della suddivisione in lotti, volta, in uno all’individuazione dei requisiti di idoneità richiesti per gli stessi, ad ampliare la platea dei potenziali partecipanti alla gara e a impedire rendite di posizione a favore degli operatori maggiormente strutturati.
7.2.2. Parimenti, come nella fattispecie decisa dalla sentenza di questa Sezione, anche nel caso in esame l’articolazione dell’appalto in un unico lotto, insieme alla previsione di un requisito di partecipazione sproporzionato per eccesso rispetto ai contenuti del servizio da eseguire, non è ragionevole né rispettosa dei principi di proporzionalità e libera concorrenza, oltre a essere viziata per difetto di motivazione.
7.3. La sentenza appellata ha, dunque, correttamente applicato i principi in materia, evidenziando come:
– per un verso il decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice dei Contratti pubblici), rispetto alla previgente disciplina di legge (di cui all’art. 2 comma 1 bis del D. Lgs. n. 163/2006 che faceva riferimento alla facoltà delle stazione appaltanti di suddividere gli appalti in lotti funzionali “ove possibile ed economicamente conveniente”, all’indicazione, nella determina a contrarre, della motivazione circa la mancata suddivisione dell’appalto in lotti e all’obbligo per le stazioni appaltanti di prevedere criteri di partecipazione alle gare “tali da non escludere le piccole e medie imprese”), ha rafforzato il già introdotto favor per la suddivisione dell’appalto in lotti, facendo assurgere lo stesso ad obbligo derogabile solo in forza di specifica motivazione;
– per altro verso, la deroga a tale principio, che esprime la preferenza dell’ordinamento (nazionale e comunitario) verso il frazionamento, per esigenze di tutela della concorrenza, necessita, per espressa e specifica previsione normativa, di una motivazione rafforzata, che trova nell’atto indittivo della procedura di gara la propria naturale collocazione.
7.4. Orbene, l’appellante AMAT sostiene che non avrebbe dovuto disporre la suddivisione in lotti della procedura di gara e che, comunque, non doveva motivare una scelta siffatta.
7.5. Così non è.
L’art. 51 del D. Lgs. n. 50/2016, al comma 1, dispone che: “Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese. È fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti”.
7.5.1. In primo luogo, va rilevato che la regola della suddivisione in lotti risponde all’esigenza di apertura del mercato ed opposizione alla creazione di posizioni monopolistiche o, comunque, di predominio, obiettivo ritenuto meritevole dal legislatore per la convinzione- che v’è sottesa- che per questa via si possa migliorare l’efficienza del servizio all’utenza e, dunque, in ragione delle stesse preoccupazioni che l’appellante assume a fondamento della sua critica alla regola della suddivisione in lotti (si veda negli stessi termini Cons. Stato, V, 20 settembre 2021, n. 6402).
Infatti, la suddivisione in lotti di una procedura di gara favorisce l’apertura del mercato alla concorrenza, rendendo possibile la presentazione dell’offerta anche da parte delle piccole e medie imprese (c.d. P.M.I.), poiché consente alla stazione appaltante di richiedere requisiti di partecipazione che, in quanto parametrati su singoli lotti, sono inevitabilmente meno gravosi di quelli che, in termini di capacità economica e prestazionali, sarebbero richiesti per la partecipazione all’intera procedura di gara; requisiti questi ultimi dei quali sono in possesso solo imprese di grandi dimensioni.
In definitiva, l’apertura alla concorrenza è realizzata rendendo possibile la formulazione di un’offerta che, invece, per una procedura unitaria, non sarebbe neppure proponibile.
7.5.2. Come poi correttamente osservato dal primo giudice, il rafforzato favor per la suddivisione dell’appalto in lotti è dovuto alla crescente attenzione riservata dal legislatore europeo all’accesso al mercato delle commesse pubbliche da parte delle P.M.I., costituendo la riduzione del valore dei contratti un efficace incentivo alla partecipazione degli operatori di mercato di più ridotte dimensioni alle procedure di affidamento.
Ed infatti la Direttiva 2014/24/UE, al Considerando 2, dopo avere premesso che “gli appalti pubblici …..costituiscono uno degli strumenti basati sul mercato necessari alla realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva garantendo contemporaneamente l’uso più efficiente possibile dei finanziamenti pubblici”, afferma che tra le proprie primarie finalità vi è quella di aggiornare la precedente Direttiva 2004/18/CE “in modo da accrescere l’efficienza della spesa pubblica, facilitando in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici e permettendo ai committenti di farne un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale”.
Il considerando 78 precisa, poi, che “le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti” e che “se l’amministrazione aggiudicatrice decide che non è appropriato suddividere l’appalto in lotti, la relazione individuale o i documenti di gara dovrebbero contenere un’indicazione dei principali motivi della scelta dell’amministrazione aggiudicatrice. Tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”.
L’art. 46 della stessa Direttiva afferma, infine, che “Le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati e possono determinare le dimensioni e l’oggetto di tali lotti. … Le amministrazioni aggiudicatrici indicano i motivi principali della loro decisione di non suddividere in lotti; tali motivi sono riportati nei documenti di gara o nella relazione unica di cui all’articolo 84”.
7.5.3. Si tratta, insomma, di una misura pro-concorrenziale (che, come chiarito dalla giurisprudenza, trova applicazione anche alle procedure di affidamento di contratti di concessione di servizi, per i quali analogamente si pone l’esigenza di massima apertura del mercato che tale regola è diretta a garantire: cfr. Cons. Stato, sez. III, 22 novembre 2018, n. 6611; sez. V, 21 marzo 2018, n. 1811), espressamente volta ad assicurare la maggiore partecipazione possibile alle gare di imprese di non grandi dimensioni.
La giurisprudenza è assolutamente concorde nel dare la esposta lettura della disposizione in esame, rimarcando più volte non solo la legittimità, ma anche il rispetto del principio del buon andamento nella divisione di un pubblico appalto in lotti, con il rammentare che in materia di appalti pubblici è senz’altro principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto regola diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese e funzionale alla tutela della concorrenza (Cons. Stato, V, 7 febbraio 2020 n. 973); della quale vi è violazione anche in caso di previsione di lotti di importo spropositato (Cons. Stato, V, 6 marzo 2017, n. 1038) e riferiti ad ambiti territorialmente incongrui (così Cons. Stato, sez. V, 27 novembre 2020, n. 7455; ma di identico tenore: sez. III, 21 gennaio 2021, n. 4762; III, 12 febbraio 2020, n. 1076; V, 11 gennaio 2018, n. 123).
7.5.4. L’art. 51 consente, inoltre, alla stazione appaltante di derogare alla regola della suddivisione in lotti per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito.
Infatti, poiché l’art. 51, comma 1, del codice è norma giuridica costruita nella forma linguistica della proposizione prescrittiva (di modo che colui che non si adegua al precetto, non manifestando ad esso adesione, deve giustificarsi per evitare la sanzione, fornendo la prova di trovarsi in uno dei casi in cui la regola fa eccezione, come già chiarito da Cons. Stato, V, 6402/2021), in coerenza, il legislatore onera la stazione appaltante di motivare la scelta di non suddividere la procedura di gara in lotti, ossia di non adeguarsi al precetto.
In conclusione, il principio della suddivisione in lotti, prevista dall’art. 51 del codice può, dunque, essere derogato, attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669) ed è espressione di scelta discrezionale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081), il cui concreto esercizio deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 21 marzo 2019, nr. 1857; Consiglio di Stato, Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1222; Consiglio di Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044; Consiglio di Stato, Sez. III, 22 febbraio 2018, nr. 1138; Cons. Stato, Sez. III, 13 novembre 2017 n. 5224; Sez. V, 6 marzo 2017, nr. 1038).
7.6. Acclarato dunque che nella procedura in esame ricorrevano i presupposti fattuali che consentivano di far applicazione della regola della suddivisione in lotti, prevista dalla legge per la più sicura realizzazione della finalità enunciata in apertura dell’art. 51 cit. (“…favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese”) e che- secondo la univoca interpretazione fornita dalla giurisprudenza – l’attenuazione di tale precetto è subordinata all’esternazione di una specifica e congrua motivazione che dia conto dei vantaggi economici e/o tecnico – organizzativi derivanti dall’opzione del lotto unico, esplicitando le ragioni per cui detti obiettivi siano prevalenti sull’esigenza di garantire l’accesso alle pubbliche gare ad un numero quanto più ampio di imprese e in particolare alle imprese di minori dimensioni (Cons. Stato, Sez. III, 21 marzo 2019, n.1857 e Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044), deve qui rilevarsi come, nel caso di specie, gli atti di gara sono, invece, del tutto privi di ogni esternazione delle ragioni alla base della opzione per l’articolazione della gara in un lotto unico.
Infatti, il bando impugnato non reca alcuna motivazione in ordine all’omessa suddivisione dell’appalto in lotti né essa si evince dal complesso degli atti di gara dai quali emerge, piuttosto, che l’affidamento ha ad oggetto un servizio di spedizione e notifica degli atti giudiziari, che ricade prevalentemente (ossia per “circa il 90%” dei casi) nel territorio della Provincia di Taranto, così che risulta astrattamente configurabile la suddivisione dell’appalto in almeno due lotti “funzionali”, ossia quello regionale e quello nazionale.
7.7. Per converso, le esigenze rappresentate dall’Azienda appellante – quanto alla necessità di non pregiudicare la complessiva qualità del servizio integrato di notifica, assicurandone l’affidamento a un unico operatore al fine di garantire l’unitarietà dell’invio, quale condizione vantaggiosa che consentirebbe anche di ottimizzare le attività degli uffici incaricati, evitando altresì che un operatore economico forte possa ritenere di scarsa utilità economica la partecipazione ad un lotto esclusivamente nazionale, poco appetibile per numero di prestazioni – costituiscono, invero, mere deduzioni difensive e inammissibili integrazioni postume, neanche implicitamente indicate, di una motivazione del tutto carente sotto tale profilo.
7.7.1. Tuttavia, nel processo amministrativo la motivazione deve precedere e non seguire il provvedimento, a tutela, oltre che del buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) e dell’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario, degli stessi principi di parità delle parti e giusto processo (art. 2 c.p.a .), nonché di pienezza della tutela secondo il diritto europeo (art.1 c.p.a.): valori, questi, che convergono nella centralità della motivazione quale presidio del diritto costituzionale di difesa, ai sensi degli artt. 24 e 113 Cost. (Consiglio di Stato, V, 4 dicembre 2020, n.7681).
Ne consegue che la motivazione del provvedimento non può essere validamente integrata in giudizio, costituendo la stessa, come affermato dalla Corte Costituzionale (Ord. n. 58 del 17 marzo 2017) nell’esaminare la questione di legittimità dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della L. n. 241 del 1990, “il presupposto, il fondamento, il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 3 L. n. 241 del 1990) e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, L. n. 241 del 1990, il provvedimento affetto dai cosiddetti vizi non invalidanti”.
7.8. Ribadito dunque che il difetto di motivazione del provvedimento non può essere in alcun modo assimilato alla violazione di norme procedimentali o a vizi meramente formali e che tale principio vale, a maggior ragione, per il caso in cui l’integrazione giudiziale sia fondata su scritti difensivi, in quanto non promananti dall’organo della competente amministrazione, e riguardi altresì un’attività connotata da ampia discrezionalità quale è, per quanto affermato dalla giurisprudenza sopra citata, quella inerente la valutazione delle ragioni che possono supportare la mancata suddivisione in lotti di un pubblico appalto, deve, quindi, concludersi che nella specie la mancanza di motivazione in ordine alla omissione della suddivisione dell’appalto in lotti si pone in contrasto con la chiara disposizione dell’art. 51 del D. Lgs. n. 50 del 2016, di derivazione eurounitaria.
7.8.1. Tale carenza sul piano motivazionale non può poi neanche essere supplita dalle considerazioni dell’appellante secondo cui un restringimento della concorrenza sarebbe, nella specie, volto ad assicurare un miglioramento della qualità del servizio offerto (al contrario, per una generale riflessione sul punto si rinvia alle articolate considerazioni di cui a Cons. Stato, V, 20 settembre 2021, n. 6402, sul rapporto di “proporzionalità inversa” esistente tra il rafforzamento dell’oligopolio- con il conseguente deleterio effetto della “concentrazione che paralizza la virtuosa dinamica concorrenziale”– e il miglioramento della qualità del servizio).
7.8.2. Né può ritenersi che l’assenza di supporto motivazionale in ordine alla scelta di articolazione della gara in un lotto unico possa essere colmata per effetto delle previsioni della normativa di settore (da cui secondo l’appellante dovrebbe ricavarsi la necessità di svolgimento del servizio, nella sua interezza, ad opera del medesimo affidatario).
7.8.3. Infatti, al riguardo deve anzitutto ribadirsi che l’amministrazione è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, solo quando tale scelta non sia eccessivamente quanto irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito.
Nel caso di specie, poi, l’eventualità che non fosse garantita la qualità dei servizi offerti all’utenza, oltre ad essere comunque esclusa dallo stesso criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tale per cui non avrebbe potuto ben collocarsi in graduatoria quell’impresa che non avesse offerto validamente il servizio richiesto, era altresì in concreto impedita, come osservato dall’originaria ricorrente, dal fatto che il servizio in questione possa essere comunque svolto, sia per il lotto nazionale che per quello regionale, dal medesimo operatore economico (ovvero quello titolare della licenza abilitativa), in grado di assicurare la piena certezza legale della conoscenza dell’atto da parte del destinatario attraverso un procedimento lineare, con il massimo livello di garanzia del suo buon esito.
7.9. In definitiva, a fronte dell’onere motivazionale rafforzato di cui al primo comma dell’art. 51 citato, l’Amministrazione, nel caso in esame, non ha fornito alcuna motivazione negli atti impugnati circa la necessità di prevedere un unico lotto di gara, ancorando poi la partecipazione al possesso di un requisito di partecipazione che prevede l’abilitazione alle notifiche di atti giudiziari in ambito nazionale, sebbene l’oggetto della procedura concorsuale riguardi, per la quasi totalità dei casi, atti che devono essere notificati nell’ambito della Regione Puglia.
Pertanto, come rilevato dalla sentenza appellata, la previsione del bando di gara – con cui si è inteso limitare la partecipazione alla procedura concorsuale alle sole imprese in possesso della licenza individuale speciale di tipo A1, relativa alle notifiche di ambito nazionale – non è in alcun modo motivata negli atti di gara con riferimento a particolari esigenze della specifica procedura, né sono chiarite, ex art. 51, comma 1, D. Lgs. n. 50/2016, le ragioni per cui non si può ricorrere alla suddivisione del servizio da affidarsi in lotti distinti per ambito territoriale.
Da ciò deriva che gli atti di gara impugnati sono viziati per carenza di una specifica e adeguata motivazione della scelta di non suddividere in lotti distinti l’affidamento dei servizi di notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari, ovvero della scelta di non suddividere l’oggetto dell’affidamento in più lotti di recapito distinti in base ad aree omogenee di territorio, aventi, rispettivamente, natura regionale e nazionale, al fine di dimostrare l’esistenza di un adeguato bilanciamento tra gli interessi concorrenziali, da un lato, e quelli di unitarietà del processo di notifica, dall’altro, come definiti dalla normativa di settore.
8. In conclusione, l’appello va integralmente respinto e la sentenza di primo grado deve essere confermata.
9. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone compensarsi tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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