Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 5245 depositata il 14 novembre 2017
N. 05245/2017REG.PROV.COLL.
N. 10045/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10045 del 2016, proposto da:
Impresa CP s.p.a., in proprio e quale mandataria del costituendo R.T.I. con L. s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Gentile, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Sebini, 29;
contro
Autorità portuale di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
S. s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avvocato Alfredo Biagini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Monte Zebio, 30;
A. s.r.l., non costituito in giudizio;
per la riforma
del dispositivo di sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, I, n. 01348/2016, impugnato con riserva dei motivi;
nonché della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, I. n. 00273/2017, resa tra le parti, concernente l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva al R.T.I. costituendo tra S. s.p.a. ed A. s.r.l. e degli altri atti della gara avente ad oggetto l’“affidamento dell’esecuzione di lavori di adeguamento e ripristino della banchina Emilia nel Porto Commerciale di Venezia – Sezione di Marghera – molo “B”; nonché per la condanna dell’Autorità portuale al risarcimento del danno in forma specifica, con aggiudicazione all’appalto per cui è causa all’impresa ricorrente, previa declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, e con subentro dell’impresa nell’esecuzione del contratto stesso; in subordine ed in caso di oggettiva impossibilità del ristoro in forma specifica, per la condanna dell’Autorità portuale al risarcimento del danno per equivalente monetario.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità portuale di Venezia e di S. s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2017 il Cons. Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Varlaro in dichiarata delega di Gentile, dello Stato Di Leo, e Biagini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso in appello e contestuale riserva dei motivi ai sensi dell’articolo 119, comma 6, Cod. proc. amm., l’impresa CP s.p.a, in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con L. s.p.a. (d’ora in avanti “A.T.I. appellante”, “Impresa C.” o “A.T.I. C.”), ha impugnato il dispositivo di sentenza del 10 dicembre 2016, n. 1348 con il quale il Tribunale amministrativo per il Veneto, Sezione I, ha dichiarato inammissibile il ricorso principale, condannando altresì alla rifusione delle spese di lite la ricorrente principale.
Successivamente alla pubblicazione della motivazione della sentenza del 15 marzo 2017, n. 273 [che spiegava che era stato ritenuto fondato il primo motivo del ricorso incidentale del R.T.I. aggiudicatario S. s.p.a.- A. s.r.l. (nel prosieguo solo “A.T.I. S.”) -], l’Impresa C. svolgeva i motivi di appello.
L’A.T.I. appellante esponeva che, con bando pubblicato sulla G.U. del 25 gennaio 2016, l’Autorità portuale di Venezia aveva indetto una procedura di gara aperta, ai sensi degli articoli 53, comma 2, lettera a) e 55, comma 5, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 – applicabili ratione temporis – per l’affidamento dei “lavori di adeguamento e ripristino della banchina Emilia nel Porto Commerciale di Venezia-Sezione di Marghera, Molo “B”. L’importo a base d’asta ammontava ad € 11.253.925, 26 (di cui € 488.155,36 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso). Il criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa con i seguenti elementi di valutazione: cantierizzazione “punti 30”; varianti migliorative “punti 40”; riduzione percentuale del tempo di esecuzione “punti 10”; ribasso percentuale unico indicato nell’offerta economica “punti 20”. Con specifico riguardo alla componente tecnica, i concorrenti avrebbero dovuto inserire, all’interno della busta B, due distinte relazioni, denominate “B1” e “B2”, esplicative rispettivamente dei criteri di valutazione “cantierizzazione” e “varianti migliorative”.
Disposta l’ammissione dei partecipanti – in tutto quattordici imprese – la Commissione di gara procedeva alla valutazione delle offerte tecniche pervenute e, nel corso della seduta pubblica del 14 marzo 2016, stilava la graduatoria provvisoria, dove al primo posto figurava A.T.I. S., con un punteggio complessivo di 95,98 punti; ed al secondo posto l’Impresa C. con un punteggio pari a 76,97 punti.
Di conseguenza – espletata positivamente la verifica dell’anomalia dell’offerta presentata da A.T.I. S. – l’Autorità portuale aggiudicava, in via definitiva, la gara alla citata associazione temporanea, dandone comunicazione a tutti i concorrenti con nota del 6 maggio 2016.
Con ricorso ritualmente notificato, A.T.I. C. adiva il Tribunale amministrativo del Veneto, domandando l’annullamento, in quanto illegittimi, della nota del 6 maggio 2016 con la quale era stata disposta l’aggiudicazione della gara a favore di A.T.I. S., dei verbali della Commissione giudicatrice del 14 marzo 2016 e del 19 aprile 2016, della lex specialis di gara, con specifico riferimento ai punti 17 e 20 del disciplinare di gara, laddove erano stati definiti i criteri e la corrispondente suddivisione dei fattori ponderali, ai fini della valutazione delle offerte in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ex articoli 83 d.lgs. n. 12 aprile 2006, n.163 e 20 d.P.R. 10 dicembre 2010, n.270 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice dei contratti pubblici); nonché di ogni altro preliminare, preordinato, connesso e consequenziale agli atti impugnati.
Si costituivano l’Autorità portuale di Venezia e l’A.T.I. aggiudicataria. Quest’ultima proponeva ricorso incidentale censurando l’offerta tecnica della controparte per tre distinti motivi; e domandava l’annullamento degli atti di gara nella parte in cui non contenevano l’esclusione dell’Impresa C. e ne ratificavano la posizione di seconda graduata, ovvero non le attribuivano, per la componente tecnica dell’offerta, un punteggio pari a zero.
Con la sentenza qui appellata, il Tribunale amministrativo per il Veneto, esaminando in via prioritaria il ricorso incidentale, volto a censurare la stessa ammissione alla gara dell’offerta della ricorrente, sì da avere avente carattere “escludente” o “paralizzante” e rilevato che nessuna delle doglianze del ricorso principale aveva portata demolitoria rispetto all’intera procedura di gara, se non il quarto motivo, comunque infondato nel merito – riteneva fondato ed assorbente il primo motivo del ricorso incidentale e dichiarava inammissibile il ricorso principale. In particolare, l’aggiudicataria A.T.I. S., con il primo motivo del ricorso incidentale, aveva contestato l’ammissibilità dell’offerta dell’A.T.I. C. circa le modalità di allestimento del cantiere operativo di prefabbricazione dei cassoni galleggianti, deducendo che la proposta della ricorrente sarebbe stata incerta e “fondata su un dato futuro, eventuale e del tutto ipotetico”, ovvero la possibile definizione di un accordo con la Committente sull’esatta individuazione dell’area di allestimento del cantiere.
Avverso la pronunzia in esame proponeva appello l’Impresa C., adducendone l’erroneità sia con riferimento all’omesso esame del quarto motivo del ricorso principale, con il quale essa ricorrente aveva in realtà inteso evidenziare un profilo di illegittimità suscettibile di inficiare l’intera gara; sia in relazione all’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale, lì dove la sentenza aveva ritenuto che l’offerta tecnica dell’Impresa C. andava esclusa dalla gara perché incompleta e gravemente carente di un elemento essenziale, per non contenere la specifica individuazione dell’area dove sarebbe stato allestito il cantiere di prefabbricazione dei cassoni cellulari, rimessa ad un successivo accordo con la stazione appaltante.
L’Impresa C. riproponeva i seguenti motivi di impugnazione di primo grado:
1) violazione di legge, violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara, violazione e falsa applicazione dei punti 10 e 12 del disciplinare di gara, violazione della par condicio dei concorrenti, nonché dei principi di buon andamento e trasparenza amministrativi, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, irragionevolezza e ingiustizia manifesta, atteso che l’offerta dell’A.T.I. S. andava esclusa dalla gara, poiché la soluzione progettuale da lei proposta violava almeno tre dei quattro requisiti minimi stabiliti nel progetto definitivo predisposto dalla stazione appaltante, che, invece, andavano rispettati (con riguardo ai criteri della portata, dell’impermeabilizzazione e del “filo sponda”);
2) la Commissione giudicatrice avrebbe ignorato le incongruenze dell’offerta tecnica dell’A.T.I. aggiudicataria, esposte al motivo precedente, assegnandole illegittimamente il punteggio massimo previsto dalla legge di gara (n. 40 punti);
3) la valutazione della Commissione giudicatrice sarebbe illogica, irrazionale e sproporzionata anche per quanto riguarda il criterio della “cantierizzazione” (sulle modalità di esecuzione dei lavori e di organizzazione del cantiere), per il quale l’A.T.I. S. ha ottenuto il punteggio massimo (n. 30 punti), pur avendo indicato modalità che comporterebbero un impatto molto gravoso sotto l’aspetto delle interferenze tra le operazioni di cantierizzazione ed il traffico locale;
– l’offerta dell’A.T.I. aggiudicataria andava esclusa dalla gara anche perché inficiata da molteplici omissioni in relazione a rilevanti elementi di costo.
In subordine, l’appellante deduce, con l’ultimo motivo di appello, la violazione di legge, la violazione della l. n. 241 del 1990 e dei principi di buon andamento e trasparenza della pubblica amministrazione, l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, il difetto di istruttoria e di motivazione, l’irragionevolezza e l’ingiustizia manifesta, perché le valutazioni della Commissione giudicatrice circa le offerte tecniche delle concorrenti sarebbero prive di motivazione e affette da un vizio tanto più insanabile, in virtù dell’ingiusto punteggio favorevole che sarebbe stato attribuito all’A.T.I. S., pur a fronte delle macroscopiche lacune della sua offerta tecnica.
L’appellante – rilevata nel corso del giudizio l’oggettiva impossibilità del subentro nel contratto in considerazione dello stato di esecuzione dell’appalto e dell’avanzamento dei lavori affidati – rinunciava alla domanda di ristoro in forma specifica, proposta in primo grado e riformulata nell’istanza di sospensione dell’esecutività del dispositivo di sentenza; e chiedeva la condanna della Stazione Appaltante al risarcimento per equivalente monetario del danno subito.
Si costituivano in giudizio l’Autorità portuale di Venezia e S. s.p.a.: quest’ultima depositava memorie con cui domandava di confermare la sentenza appellata, accogliendo il ricorso incidentale e dichiarando inammissibile l’appello principale ovvero, in subordine, di respingere l’appello principale in quanto infondato in fatto e in diritto.
All’udienza del 12 ottobre 2017, la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
Come bene considerato dal giudice di prime cure, prioritario rilievo rispetto alla soluzione delle questioni del presente appello assume il tema dell’ordine di esame dei ricorsi. In relazione a tale punto, il Collegio qui rileva la sentenza appellata abbia fatto retto governo della consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (con le pronunzie, richiamate anche nella sentenza impugnata, dell’Adunanza plenaria 7 aprile 2011 n. 4 e 25 febbraio 2014, n. 9, nonché con la decisione della Sezione III, 26 agosto 2016, n. 3708); ed ha, altresì, coordinato i principi che ne derivavano con la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 5 aprile 2016, n. C/689/13(Puligienica c/Airgest s.p.a.), in base alla quale il diritto eurounitario “osta a che un ricorso principale presentato da un offerente, il quale abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono tale diritto, e diretto a ottenere l’esclusione di un altro offerente, sia dichiarato irricevibile in applicazione di norme processuali nazionali che prevedono l’esame prioritario del ricorso incidentale presentato da detto altro offerente”: ciò, anche a prescindere dal numero dei partecipanti alla gara.
In base ai richiamati principi, se la partecipazione legittima alla gara del concorrente non vincitore è un fattore legittimante alla proposizione del ricorso avverso l’aggiudicazione, appare tuttavia doveroso l’esame del ricorso principale, anche a fronte della proposizione di un ricorso incidentale escludente ed a prescindere dal numero delle imprese concorrenti, quando l’accoglimento dello stesso produca, come effetto conformativo, un vantaggio, anche mediato e strumentale, per il ricorrente principale; di conseguenza e a contrario, rimane, invece, compatibile con il diritto europeo sull’effettività della tutela giurisdizionale in subiecta materia una regola nazionale che osti all’esame del ricorso principale quando dal suo accoglimento il ricorrente principale non consegua, con certezza, alcuna utilità, neanche in via mediata e strumentale.
Alla luce delle rammentate coordinate ermeneutiche, bene interpretate ed applicate, la sentenza appellata ha esaminato per primo il ricorso incidentale escludente, volto a contestare la legittimazione dell’Impresa C., mediante la censura della sua ammissione alla gara. La sentenza ha infatti ritenuto che nessuna delle doglianze della ricorrente principale avesse portata demolitoria dell’intera gara, in quanto anche l’ultimo motivo del ricorso principale – diretto a contestare l’operato della Commissione di gara per avere attribuito i punteggi alle offerte tecniche dei concorrenti senza addurre alcuna motivazione e senza che i criteri fossero articolati in sub-criteri – era in effetti rivolto verso l’offerta dell’A.T.I. aggiudicataria, che avrebbe ottenuto un punteggio ingiustificato alla luce delle asserite lacune della sua offerta tecnica, non essendo peraltro stata evocata in giudizio nessun altra delle concorrenti collocate in graduatoria.
Con il primo motivo di appello, l’A.T.I. C. censura sul punto la sentenza; ed evidenzia come, contrariamente a quanto ivi ritenuto, con tale motivo di ricorso, proposto in via gradata rispetto ai precedenti, essa avesse in realtà inteso dolersi di un’illegittimità propria degli atti impugnati idonea ad inficiare l’intera procedura di gara: il motivo era, infatti, rivolto ad evidenziare il vizio della motivazione dell’attività valutativa delle offerte tecniche da parte della Commissione in ragione della genericità dei criteri di valutazione fissati ab origine nella lex specialis, in assenza della previsione di sub-criteri e sotto-punteggi.
Il motivo di appello in esame è infondato.
Invero, il Collegio rileva in primo luogo come la sentenza, pur ritenendo che tale censura non avesse portata demolitoria dell’intera gara, non ha tuttavia pretermesso di esaminare sul punto il ricorso principale, concludendo così per l’infondatezza di tale motivo di ricorso anche nel merito. Infatti, la sentenza appellata, da un lato, dà atto che il disciplinare di gara, contrariamente a quanti addotto dalla ricorrente, conteneva una regolamentazione alquanto analitica dei criteri di valutazione dell’offerta; sicché si doveva escludere che i concorrenti non fossero stati posti nelle condizioni di calibrarla adeguatamente; dall’altro richiama, conformandovisi, il consolidato orientamento giurisprudenziale per cui la mancata previsione di sub-criteri di valutazione non costituisce, di per sé, motivo di illegittimità della lex specialis di gara.
Tale prospettazione è condivisibile.
Infatti, in primo luogo, il Disciplinare di gara disciplinava, a pagina 27, i criteri motivazionali alla stregua dei quali la Commissione avrebbe dovuto valutare i criteri numero 1 (“cantierizzazione”) e numero 2 (“varianti migliorative”). Nello specifico, era stabilito che il Seggio di gara, per la valutazione del criterio n. 1, avrebbe dovuto “considerare migliore soluzione quella offerta per la quale la relazione dimostri che la concezione organizzativa e la struttura tecnico-organizzativa offrono una elevata garanzia della qualità della attuazione della prestazione, con l’individuazione delle criticità e di soluzioni per la loro risoluzione. In particolare sarà preferita l’offerta che garantisce la maggiore previsione sulla gestione del cantiere, limita le interferenze e fornisce strumenti di gestione accurati, precisione nei dettagli (composizione delle squadre di lavoro, imprese esecutrici e mezzi impiegati)”. Per la valutazione del criterio n. 2, invece, si sarebbe dovuto “considerare migliore proposta quella che dimostri di garantire maggiore durabilità, funzionalità”. Pertanto è insussistente l’addotta genericità sul punto della lex specialis, tale da comportare la carenza di motivazione delle valutazioni della Commissione di gara sulle offerte tecniche dei concorrenti; si deve, al contrario, ritenere che, nel caso di specie, siano stati piuttosto bene predefiniti da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice i criteri di valutazione, in modi sufficientemente precisi e dettagliati, sì da delimitare il giudizio della Commissione e consentire di ricostruire l’iter logico-giuridico seguito da questa nella valutazione delle offerte tecniche, controllandone logicità e congruità.
In secondo luogo, il Collegio condivide e intende dare continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale la mancata previsione di sub-pesi e sub-punteggi per ciascun criterio di valutazione qualitativa dell’offerta non è indice di indeterminatezza dei criteri di valutazione: ciò in quanto la possibilità di individuare sub-criteri è, infatti, meramente eventuale, com’è palese dall’espressione «ove necessario» dell’art. 83, comma 4, del Codice dei contratti pubblici. Inoltre la giurisprudenza ha chiarito come “la scelta operata dall’Amministrazione appaltante, in una procedura di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, relativamente ai criteri di valutazione delle offerte, ivi compreso il peso da attribuire a tali singoli elementi, specificamente indicati nella lex specialis, e ivi compresa anche la disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri, è espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l’interesse pubblico; e come tale è sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili, non consentendo ai concorrenti di calibrare la propria offerta” (Cons. Stato,. V, 18 giugno 2015, n. 3105; III, 2 maggio 2016, n. 1661; V, 8 aprile 2014 n. 1668). L’evenienza va, tuttavia, per quanto detto in relazione all’analiticità dei criteri di valutazione come indicati dalla lex concorsualis, esclusa nel caso oggetto di giudizio.
Esaurito l’esame dell’unico motivo di appello con potenziale portata demolitoria dell’intera gara, il Collegio ritiene fondata e assorbente la censura (di cui al primo motivo del ricorso incidentale proposto in primo grado da A.T.I. S.) diretta a evidenziare l’indeterminatezza dell’offerta tecnica e volta a prospettare la conseguente inammissibilità della soluzione progettuale della CP: detta conclusione si fonda sulla circostanza in base alla quale l’individuazione dell’area di allestimento del cantiere di prefabbricazione dei cassoni galleggianti è di fatto rimessa a successive intese tra le imprese e la committente che possono individuarla anche al di fuori dell’area di competenza dell’Autorità portuale di Venezia.
La sentenza impugnata ha richiamato, in particolare, l’Allegato 8 alla relazione B.2, dove si afferma (a pagina 2, paragrafo 5.1) che “il cantiere operativo per la realizzazione dei cassoni verrà allestito in corrispondenza di un tratto di banchina adeguata da definire a seguito di intese tra le imprese e il Committente, anche al di fuori dell’area di competenza dell’Autorità portuale di Venezia”: e da tale affermazione ha ricavato un giudizio di genericità delle previsioni dell’offerta della ricorrente principale circa l’area nella quale verrebbe allestito il cantiere di prefabbricazione dei cassoni cellulari, tale da comportare “l’incertezza assoluta, sul punto, dell’offerta stessa” e la conseguenza che la stessa avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
L’A.T.I. appellante, in relazione a tale profilo, deduce che la doglianza in esame afferisce alle modalità di cantierizzazione che, secondo la lex specialis di gara, andavano esplicitate nella relazione B1; al contrario, la frase sulla quale la sentenza ha fondato le conclusioni in merito all’incompletezza dell’offerta tecnica dell’Impresa C., era contenuta in un documento allegato ad un’altra relazione – la B2) – dove il concorrente era chiamato ad esporre la componente dell’offerta tecnica afferente le “varianti migliorative” e, nello specifico, in un allegato alla stessa relazione contenente l’illustrazione delle “migliorie della sicurezza di cantiere”, come tale concernente un argomento differente e neutro rispetto alla cantierizzazione. Asserisce, inoltre, l’appellante che la propria offerta tecnica sul punto non può essere stimata incompleta o indeterminata, e pertanto inammissibile in quanto, come chiarito nella relazione B1, l’offerta di cantierizzazione dell’Impresa C. prevedeva in modo inequivoco che la parte finita dell’opera (ovvero i cassoni galleggianti cellulari) sarebbe stata realizzata all’esterno dell’area di cantiere e della Laguna; ed ancora che i cassoni sarebbero stati trasportati esclusivamente via mare e, pervenuti alla posizione di progetto, affondati. Peraltro, anche nella relazione B2, ove è contenuta la frase posta a fondamento della doglianza avversaria, si chiarisce – a riprova dell’insussistenza dell’addotta incompletezza dell’offerta tecnica formulata dall’appellante – che la realizzazione dei cassoni sarebbe avvenuta mediante “prefabbricazione all’interno di appositi bacini, fino al loro affondamento nel sito finale”, previo trasferimento via mare. Il riferimento ad un’area esterna al cantiere, da individuarsi successivamente mediante intese con la Stazione appaltante, sarebbe stato motivato solo dalla manifestata disponibilità dell’offerente di lasciare una “porta aperta” alla Committenza e di valutare eventuali diverse richieste di quest’ultima: ciò sulla base di pregresse esperienze, maturate in altri affidamenti di lavori, dove le stazioni appaltanti avevano, per motivi occupazionali, evidenziato l’interesse alla realizzazione delle opere in aree attigue al cantiere. In ogni caso, la specificazione, neppure richiesta dal bando, non era d’interesse per la stazione appaltante nella fase della valutazione dell’offerta tecnica; essa avrebbe potuto avere semmai rilievo solo durante la fase esecutiva dell’appalto. Non si tratterebbe, peraltro, di un elemento essenziale tale da rendere, in caso di assenza, incompleto o indeterminato il contenuto dell’offerta tecnica; correttamente, quindi, la stazione appaltante non avrebbe escluso l’appellante dalla gara; il contrario avviso del giudice di prime cure si tradurrebbe pertanto in un inammissibile sindacato sostitutorio avente ad oggetto valutazioni rientranti nella discrezionalità tecnica della Commissione esaminatrice. E comunque, non poteva in alcun modo concludersi, come ha fatto la sentenza in accoglimento del ricorso incidentale, per l’indisponibilità dell’area in oggetto da parte dell’Impresa C.: quest’ultima aveva infatti un’ampia scelta, potendo la realizzazione i cassoni avvenire in una qualsiasi delle aree in cui da cinquant’anni essa realizza i cassoni prefabbricati. Ad ogni modo, il bacino a suo tempo prescelto dall’impresa appellante era quello di Taranto, da tempo nella sua disponibilità.
Le deduzioni formulate dall’A.T.I. C., ad avviso del Collegio, non meritano accoglimento.
Invero, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non pare revocabile in dubbio che l’ATI C. non abbia individuato in fase di offerta l’area di allestimento del cantiere, e che ciò sia stato rinviato non solo a un momento successivo all’aggiudicazione della gara, ma anche al raggiungimento di un’eventuale ed ipotetica intesa con l’Autorità portuale. Sicché la determinazione di tale elemento dell’offerta è rimessa a un evento non soltanto futuro, ma del tutto incerto; tanto più ove si consideri il riferimento alla contemplata possibilità che l’area in oggetto venga individuata non solo all’esterno del cantiere, ma anche all’esterno della Laguna e, dunque, al di fuori dell’area di competenza dell’Autorità portuale, così ventilando anche la concreta eventualità di stipulare un accordo con soggetti terzi rispetto alla stessa stazione appaltante.
Nessuna rilevanza assume, in tale quadro, la circostanza che l’affermazione richiamata dalla sentenza, a sostegno della prospettata incompletezza dell’offerta tecnica, sia contenuta nella Relazione B.2 dedicata alle varianti migliorative, anziché nella Relazione B.1 dedicata alla cantierizzazione. Infatti la Relazione B.2 integra proprio le varianti migliorative che il concorrente, in caso di aggiudicazione, si obbliga ad eseguire; sicché essa diviene una vera e propria proposta contrattuale, con carattere integrativo della Relazione B1. Ad ogni modo, il giudice di prime cure non ha omesso di esaminare, come prospettato dall’appellante, anche la Relazione B1 al fine di valutare se potesse scorgervisi una sufficiente individuazione dell’elemento in questione, condivisibilmente ritenuto essenziale ai fini di un’adeguata e congrua valutazione sull’idoneità tecnica dell’offerta; ed ha, a ragione, concluso, all’esito di tale analisi, per l’assoluta insussistenza di ogni indicazione sul punto.
Non convincono, infatti, le addotte specificazioni, che l’Impresa C. deduce possano ricavarsi proprio dalla Relazione B1 dedicata all’allestimento del cantiere ed asseritamente non valorizzata dalla sentenza, in punto di localizzazione dell’area di realizzazione dei cassoni galleggianti. Invero, le precisazioni in oggetto attengono, a ben vedere, alle modalità di esecuzione per lo svolgimento dell’attività di cantierizzazione e non al locus individuato per la realizzazione di tali lavorazioni: elemento la cui determinazione risulta, in effetti, non soltanto generica ed imprecisa, ma del tutto insussistente. Devono, pertanto, condividersi le conclusioni dell’impugnata sentenza nel senso che “nessuna rilevanza hanno le modalità di trasporto via mare ed il successivo affondamento dei cassoni, poiché si tratta di elementi che non contribuiscono all’individuazione dell’area in cui si procederà alla realizzazione dei cassoni stessi”.
Allo stesso modo, nessun rilievo decisivo può rivestire la successiva indicazione, avvenuta soltanto in fase di giudizio, in merito all’individuazione di Taranto quale bacino prescelto dall’Impresa C. per tali lavorazioni e nella sua effettiva disponibilità. La stessa anzi si palesa, da un lato, quale inammissibile integrazione postuma dell’offerta tecnica; e, dall’altro, conferma la genericità della medesima offerta per l’assenza di indicazioni in fase di gara su un elemento essenziale.
Neppure può condividersi la tesi dell’appellante in merito alla possibilità per la stazione appaltante di ricorrere, nel caso di specie, all’istituto contemplato dall’art. 46, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006: rimedio che consente all’Amministrazione aggiudicatrice di chiedere ai concorrenti chiarimenti sulle proprie offerte, senza che ciò comporti richiesta o accettazione di alcuna modifica sul punto. Ciò per l’ovvia ragione che nessun chiarimento utile l’Impresa C. avrebbe potuto fornire circa l’individuazione dell’area di allestimento del cantiere, non essendo rinvenibile in merito la formazione di una volontà certa e determinata dell’A.T.I. appellante, in quanto detto profilo risultava rimesso a una successiva determinazione mediante un’intesa con l’Autorità portuale di Venezia, ovvero stipulabile, nel caso di aree collocate all’esterno della laguna ed al di fuori della competenza della Committente, finanche con terzi soggetti. Del resto, tale eventualità non era contemplata in via meramente alternativa ad una effettiva e concreta determinazione dell’area in esame già in fase di gara.
Si deve pertanto concludere per l’incompletezza del contenuto dell’offerta tecnica formulata dall’A.T.I. C., a causa della carenza di un elemento essenziale. Ciò in conformità del consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale “posto che l’offerta costituisce l’atto con cui un soggetto propone di obbligarsi ad effettuare determinate prestazioni, e che è fisiologicamente rivolta a provocare un’eventuale accettazione da parte del destinatario (accettazione a sua volta foriera, secondo lo schema logico del “sinallagma”, di ulteriori reciproche obbligazioni), non appare revocabile in dubbio che essa debba essere connotata dalla massima precisione espressiva. La precisione del contenuto della proposta costituisce, in altri termini, elemento essenziale di caratterizzazione della offerta. Ne consegue che un’offerta formulata in modo impreciso (o vago, sommario, generico) non può che essere considerata inidonea – siccome affetta da un vizio che la rende inefficace (se non addirittura radicalmente invalida) – ad adempiere alla sua funzione. Ciò a maggior ragione allorquando l’offerta venga formulata nell’ambito (e nel contesto) di una procedura concorsuale (id est: di una gara), e sia dunque destinata a costituire oggetto di una valutazione comparativa volta alla stesura di una graduatoria di merito” (Cons. giust. amm. Sic., 18 gennaio 2017, n. 23).
Ne consegue che l’offerta formulata dall’A.T.I. appellante, non soddisfacendo i requisiti sopra rammentati, avrebbe dovuto ritenersi inammissibile e, pertanto, andava esclusa dalla gara. Tale conclusione non viola il principio di tassatività delle cause di esclusione nelle gare pubbliche, già codificato nell’art. 46, comma 1-bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, applicabile ratione temporis al caso di specie, posto che l’incompletezza dell’offerta tecnica, carente di un elemento essenziale al fine della valutazione della sua idoneità da parte della Commissione giudicatrice, è tale da ingenerare un’incertezza assoluta del suo contenuto che ne rende doverosa l’esclusione dalla gara. In tal senso è del resto orientata la costante giurisprudenza amministrativa (si vedano ex multis Cons. Stato, V, 14 aprile 2016, n. 1494; V, 11 dicembre 2015, n. 5655; V, 27 marzo 2015, n. 1601).
L’appello principale va pertanto dichiarato in parte infondato e in parte inammissibile, in accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale.
Restano assorbiti i restanti motivi comunque inidonei a fondare una pronunzia di tipo diverso.
Le spese della presente controversia seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello principale, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge in quanto infondato, in parte lo dichiara inammissibile, in accoglimento dell’appello incidentale, nei termini di cui in motivazione.
Condanna l’appellante principale al pagamento, in favore dell’Autorità portuale di Venezia e della S. s.p.a. delle spese di lite che sono forfettariamente liquidate in complessivi € 2.000 (duemila) per ciascuna di dette parti, oltre oneri accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Angela Rotondano, Consigliere, Estensore
Stefano Fantini, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Angela Rotondano | Giuseppe Severini | |
IL SEGRETARIO
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