CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON – Comunicato 11 novembre 2019
Manovra: commercialisti, nessuna attenzione per il lavoro autonomo – Postal (Consigliere nazionale): “Bene taglio cuneo fiscale, ma grave l’assenza di misure parallele per le Partite Iva”
“Per finanziare la riduzione del cuneo fiscale la manovra sposta risorse dal comparto del lavoro autonomo a quello dei dipendenti. Per le Partite Iva non c’è alcuna attenzione”. E’ quanto affermato dal Consigliere nazionale dei commercialisti Maurizio Postal, nel corso dell’audizione svoltasi oggi presso preso le Commissioni congiunte Bilancio di Camera e Senato. Oltre a Postal, della delegazione dei commercialisti faceva parte anche Pasquale Saggese, responsabile dell’area fiscalità della Fondazione nazionale della categoria.
Secondo Postal “è giusta la volontà del Governo di impiegare risorse sulla riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, con un intervento che vale circa la metà di quello fatto nel 2014 e che porterebbe quindi a 15 miliardi le risorse complessivamente impiegate in modo strutturale su questo fronte negli ultimi 5 anni. Ma non possiamo non richiamare l’attenzione sul fatto che questa condivisibile linea d’azione non viene portata avanti in parallelo ad una pari attenzione verso il lavoro autonomo, bensì spostando risorse da un comparto all’altro in modo molto netto e rilevante”. I commercialisti hanno ricordato come la manovra interviene sui regimi fiscali speciali che, a legislazione vigente, consentono alle partite IVA individuali con fatturato compreso tra 65.001 e 100.000 euro di optare per una tassazione al 20 per cento del reddito di impresa e di lavoro autonomo analiticamente determinato e con fatturato fino a 65.000 euro di optare per una tassazione del 15 per cento del reddito di impresa e di lavoro autonomo forfetariamente determinato. “L’effetto combinato dell’abrogazione del primo regime e delle modifiche recate al secondo – ha evidenziato Postal – è quello di recuperare all’Erario gettito per 209 milioni nel 2020, 1,8 miliardi nel 2021 e 1,2 miliardi nel 2022”.
“Il punto – secondo i commercialisti – non è tanto la scelta di procedere a queste abrogazioni e modifiche. Il punto di equilibrio trovato potrebbe essere accettato senza troppe recriminazioni, a patto però che almeno una parte delle risorse così recuperate fosse reimpiegata in altre misure per il lavoro autonomo ritenute politicamente più importanti e calibrate di quelle abrogate. Abrogare il regime del 20 per cento per rendere accessibile quello del 15 per cento anche a chi sceglie di fare impresa o libera professione in forma associata, eliminando così il disincentivo implicito alle aggregazioni professionali e l’incentivo implicito alle disaggregazioni delle aggregazioni esistenti che l’attuale assetto normativo determina, sarebbe una legittima scelta politica di ottimizzazione delle risorse disponibili anche nell’interesse del mondo del piccolo lavoro autonomo. Prendere invece l’intero “bottino” di gettito che si ricava dalle modifiche che riguardano il comparto del piccolo lavoro autonomo e spostarlo fino all’ultimo euro su altri comparti – ha concluso Postal – è scelta politica ovviamente altrettanto legittima, ma anche altrettanto chiara e persino sorprendentemente netta nella sua evidenza”.
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