Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 1052 depositata il 16 marzo 2016
N. 01052/2016REG.PROV.COLL.
N. 08776/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8776 del 2015, proposto dal Comune di Chiampo, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Ferretto, con domicilio eletto presso Giovanni Nappi in Roma, piazza Luigi Sturzo 9;
contro
C. P. s.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato Natale Bonfiglio, con domicilio eletto presso Giovanna Criscuolo in Roma, via Gianturco 1;
nei confronti di
S. s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Nappi e Ettore Notti, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, piazza Luigi Sturzo 9;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO, SEZIONE I, n. 965/2015, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento in appalto dei lavori di realizzazione di reti tecnologiche ed organizzative stabili e permanenti nell’ambito del progetto “smart town 2.0 digitalizziamo la città”
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della C. P. s.r.l. e della S. s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2016 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Antonio Ferretto, Natale Bonfiglio e Ettore Notti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La C. P. s.r.l. impugnava davanti al TAR Veneto l’esclusione dalla procedura di affidamento in appalto dei lavori inerenti al progetto denominato «smart town 2.0 digitalizziamo la città», consistenti nella realizzazione delle reti tecnologiche ed organizzative stabili e permanenti, indetta dal Comune di Chiampo con bando n. 25453 del 29 dicembre 2014, aggiudicata alla S. all’esito della selezione condotta mediante il criterio del massimo ribasso mediante offerta a prezzi unitari ex art. 82, comma 3, cod. contratti pubblici e 119 d.p.r. n. 207 del 2010 sulla base d’asta di € 1.211.713,08. L’esclusione impugnata (unitamente all’aggiudicazione), adottata dalla commissione di gara nella seduta del 12 febbraio 2015, era stata disposta perché la società ricorrente aveva presentato la domanda di partecipazione in due distinti plichi, pervenuti presso l’amministrazione rispettivamente in data 6 e 9 febbraio 2015, il secondo dei quali recante la dicitura «PLICO DI INTEGRAZIONE BUSTA B – OFFERTA ECONOMICA contenente la ‘lista delle lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dei lavori’ da aprire unitamente alla busta: offerta economica».
2. Con la sentenza in epigrafe il TAR accoglieva il ricorso, sul rilievo che a fronte dell’assenza di previsioni di lex specialis ostative alla possibilità di integrare la domanda di partecipazione entro il termine di presentazione per essa previsto (9 febbraio 2015), anche il plico contenente l’elenco dei prezzi dei lavori e forniture della C. P. era pervenuto alla stazione appaltante nel rispetto di questo limite temporale.
3. Per la riforma della pronuncia di primo grado il Comune di Chiampo ha proposto appello, nel quale oltre a contestare la statuizione di accoglimento dell’impugnativa, si duole anche del rigetto dell’eccezione di inammissibilità della stessa, in ragione dell’impossibilità, introdotta dalla novella di cui al d.l. n. 90 del 2014 (“Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”, conv. con l. n. 114 del 2014), attraverso la modifica dell’art. 38, comma 2-bis, cod. contratti pubblici, di ricalcolare le «medie nella procedura».
4. Resiste al mezzo la società ricorrente mentre vi aderisce l’aggiudicataria S..
DIRITTO
1. La Cubecurve ha eccepito in limine l’inammissibilità dell’appello, perché asseritamente ampliativo del thema decidendum del giudizio di primo grado.
L’eccezione deve essere respinta, perché generica, come controdedotto dal Comune di Chiampo. Infatti, la Cubecurve non ha chiarito sotto quale profilo l’amministrazione appellante avrebbe introdotto nuovi fatti rispetto a quelli dibattuti davanti al TAR.
2. L’appello può quindi essere esaminato nel merito.
Sull’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 38, comma 2-bis, ultimo periodo, cod. contratti pubblici, riproposta dall’amministrazione appellante, deve essere condivisa la statuizione di rigetto pronunciata dal TAR.
3. Occorre al riguardo premettere che è certamente vero, come sottolineato dal difensore del Comune di Chiampo all’udienza di discussione, che nella sentenza 26 maggio 2015, n. 2609, questa Sezione ha affermato che la non modificabilità delle medie e delle soglie di anomalia, prevista dalla citata disposizione del codice di cui al d.lgs. n. 163 del 2006 per il caso di variazioni successive alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione, ha portata generale ed è applicabile anche a cause ostative alla partecipazione alla gara diverse dal comma 1 della citata disposizione.
Tuttavia, la pronuncia ora richiamata è stata resa in una fattispecie perfettamente rientrante in quella astratta considerata dalla norma in esame (non formulata in modo chiaro, come lealmente riconosciuto dallo stesso difensore dell’appellante), in cui la ricorrente aveva contestato la mancata esclusione dalla gara di una concorrente diversa dall’aggiudicataria, per effetto della quale il ricalcolo della soglia di anomalia ex art. 86, comma 1, cod. contratti pubblici avrebbe condotto all’aggiudicazione in favore della medesima ricorrente. Ed in effetti in questa ipotesi la media dei ribassi viene ricalcolata dopo che la fase di ammissione alla gara si è conclusa, in forza dell’accertamento giurisdizionale delle concorrenti che avrebbero dovuto legittimamente parteciparvi.
4. Diverso è tuttavia il caso oggetto del presente giudizio.
Come infatti ben evidenziato dal TAR, nella procedura di gara qui in contestazione la media dei ribassi è stata calcolata dopo l’esclusione della C. P., contro la quale quest’ultima ha ritualmente proposto il ricorso per cui è causa. Pertanto, la relativa rideterminazione in virtù dell’eventuale accoglimento di tale impugnativa non può ritenersi effettuata «successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte», come recita l’ultimo periodo dell’art. 38, comma 2-bis, ma costituisce la doverosa rinnovazione del procedimento di gara a partire dal momento in cui si è verificato il vizio di legittimità accertato nel giudizio di impugnazione.
5. Deve allora affermarsi che, se limitata alla prima ipotesi, la norma introdotta dalla citata novella di cui al d.l. n. 90 del 2014 esibisce un fondamento di razionalità, ravvisabile nell’esigenza di assicurare un certo grado di stabilità dell’azione amministrativa. Infatti, sotto questo profilo essa appare il frutto di un bilanciamento non irragionevole tra il diritto di azione contro l’operato dei pubblici poteri costituzionalmente garantito (artt. 24 e 113 Cost.) e l’esigenza di assicurare un adeguato grado di stabilità dell’azione amministrativa, laddove le chances di aggiudicazione fatte valere in sede giurisdizionalesiano affidate in modo esclusivo alla rimodulazione delle medie dei ribassi e della conseguente soglia di anomalia, per effetto di esclusioni di imprese diverse da quella aggiudicataria.
In altri termini, se intesa nel senso di limitare gli effetti dell’invalidità del provvedimento finale della gara quando l’unica illegittimità accertata sia quella in via derivata dall’operare degli automatismi insiti nel peculiare meccanismo di determinazione dell’offerta migliore e di correlativa esclusione delle offerte anomale ai sensi del citato art. 86, comma 1, cod. contratti pubblici, la norma risulta conforme a Costituzione. Tanto più che, come debitamente sottolineato dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana nella sentenza del 22 dicembre 2015, n. 740, parimenti richiamata in discussione, ma relativa ad una fattispecie in cui venivano in rilievo i limiti della stazione appaltante nel rideterminare in autotutela la graduatoria per effetto della riammissione alla gara di imprese inizialmente escluse, la stessa norma non preclude il rimedio risarcitorio, nell’ambito del quale deve quindi ritenersi possibile una rideterminazione “virtuale dell’offerta migliore”, così non potendosi ritenere del tutto sacrificato il diritto di azione costituzionalmente garantito all’impresa che contesti in via diretta l’aggiudicazione solo in via derivata rispetto all’illegittima ammissione di altre concorrenti.
Per contro, al contrario da quanto sottolineato dal difensore dell’appellante, ritenere applicabile il divieto previsto dall’art. 38, comma 2-bis, del codice appalti, ed in particolare il citato avverbio «successivamente», come preclusivo della possibilità di rimettere in discussione gli esiti della procedura di gara, anche laddove questi siano direttamente conseguenti ad un’illegittima esclusione disposta in danno dell’impresa ricorrente, equivarrebbe a privare il rimedio impugnatorio della sua funzione tipica di mezzo di tutela contro atti illegittimi dell’amministrazione, conducendo ad esiti non consentiti in base ai citati artt. 24 e 113 della Carta fondamentale. Pertanto, la doverosa interpretazione adeguatrice delle norme primarie rispetto ai superiori precetti costituzionali, attribuita al giudice “comune”, impone (non già di disapplicare la norma, come sostiene il Comune di Chiampo) ma di escludere che nel presente giudizio l’amministrazione resistente possa invocare “il fatto compiuto” derivante dalla determinazione delle medie, quando a monte di questa si è consumata una illegittimità che abbia avuto rilievo decisivo in tale operazione aritmetica.
6. Passando alle censure contro l’accoglimento nel merito dell’impugnativa della Cubecurve, anch’esse sono infondate.
In modo pertinente il giudice di primo grado ha richiamato il precedente costituito dalla sentenza della III Sezione di questo Consiglio di Stato del 9 luglio 2013, n. 3612, nel quale si è statuito che in assenza di previsioni ostative di lex specialis è consentito alla concorrente ad una procedura di affidamento integrare la propria offerta, purché ciò avvenga nei termini inderogabilmente previsti per la presentazione di quest’ultima. Infatti, deve escludersi che per effetto di una simile evenienza, concretamente verificatasi nel caso di specie, siano vulnerate le esigenze di rispetto della par condicio, oltre che di regolare svolgimento della procedura di gara, a cui presidio è tipicamente posta la previsione di un temine per l’invio delle offerte alla stazione appaltante.
7. Occorre peraltro precisare che in tanto questo principio può ritenersi valido in quanto nel suo complesso la stessa offerta sia pervenuta nel rispetto del termine previsto dal bando di gara, e sempre che, come si evince dal principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, comma 1-bis, cod. contratti pubblici, invocato dall’originaria ricorrente, per effetto di ciò la volontà negoziale dell’offerente sia chiaramente percepibile e determinabile nel suo complesso.
Ebbene, queste condizioni sono rispettate nel caso di specie, dal momento che l’integrazione da parte di C. P. è consistita nell’invio della lista delle lavorazioni e forniture prevista per la esecuzione dei lavori ex art. 119 del regolamento di attuazione del codice appalti di cui al d.p.r. n. 207 del 2010 nel termine perentorio del 9 febbraio 2015, e che, come si evince anche dall’assenza di contestazioni sul punto da parte del Comune di Chiampo, nessuna incertezza sul contenuto complessivo dell’offerta della prima è in questo modo ravvisabile.
8. Inoltre, contrariamente a quanto sostiene l’amministrazione, odierna appellante, una previsione preclusiva rispetto alla possibilità di successiva integrazione dell’offerta, astrattamente ritenuta legittima nel citato precedente (relativo peraltro ad una gara ben antecedente all’introduzione del citato principio di tassatività), non è ricavabile dagli artt. 6 e 7 del disciplinare di gara.
In particolare, il divieto di offerte parziali [art. 6 lett. a)] è chiaramente ancorato a una valutazione da effettuare all’esito della scadenza del termine perentorio previsto per la presentazione delle stesse, ma non implica di per sé che ad un’unitarietà sostanziale dell’offerta possa corrispondere un duplicità della stessa sul piano documentale
Quindi, il divieto di presentazione di «altra offerta» [art. 6, lett. b)] concerne il caso in cui una medesima concorrente manifesti due autonome volontà negoziali, e non già quando ne sia integrata una iniziale, e sulla base di ciò l’espressione di consenso che presiede alla successiva stipula del contratto d’appalto sia ricostruibile in modo unitario nel suo complesso.
A seguire, le previsioni concernenti il contenuto documentale dell’offerta (contenute nell’art. 7) non possono ritenersi impeditive della possibilità che gli adempimenti tassativamente richiesti dalla stazione appaltante siano rispettati attraverso l’integrazione delle carenze da cui sia eventualmente affetto il plico iniziale.
9. Deve ulteriormente precisarsi che quanto finora affermato è estensibile anche ai casi in cui il documento non presente nel plico inizialmente presentato sia proprio quello «costitutivo» dell’offerta – come sostengono sia il Comune di Chiamo che la controinteressata S. – e cioè, come nel caso di specie, la lista dell’elenco delle lavorazioni e forniture dei lavori da eseguire, nell’ambito di una procedura da aggiudicare secondo il criterio del massimo ribasso sui prezzi unitari ai sensi dell’art. 82, comma 3, cod. contratti pubblici. Ciò che è infatti rilevante ai fini dell’art. 46, comma 1-bis, del medesimo codice è che per effetto di una simile integrazione, tempestiva, non vi sia «incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta».
10. Ebbene, una simile incertezza nemmeno viene prospettata dall’amministrazione appellante, la quale si limita anche nel presente appello:
– a paventare difficoltà nella ricostruzione unitaria dell’offerta sul piano documentale, a causa del duplice invio di plichi; evenienza tuttavia inconfigurabile alla luce della chiara dicitura apposta sull’integrazione;
– ad ipotizzare la possibilità per il concorrente di modulare il ribasso in relazione al numero di partecipanti alla gara, trascurando che questa ipotesi postula il mancato rispetto del termine di presentazione delle offerte e dunque condurrebbe all’esclusione dalla gara per questa ragione;
– a stigmatizzare comportamenti del tutto abnormi ed assolutamente non verificatisi nel caso di specie, come l’invio parcellizzato dell’offerta, mediante tanti plichi quanti sono i documenti in cui essa si articola;
– a dolersi della gravosità degli adempimenti della commissione di gara, consistenti nella riconduzione ad unità dell’offerta inviata a più riprese, ancora una volta in modo del tutto avulso da quanto avvenuto nella presente fattispecie.
11. Per tutte queste ragioni l’appello deve essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza nei rapporti tra l’amministrazione appellante e la società originaria ricorrente e sono liquidate in dispositivo, mentre vanno compensate nei rapporti tra la medesima appellante e la controinteressata, la quale ha aderito al mezzo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comune di Chiampo a rifondere alla C. P. s.r.l. le spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 5.000,00, oltre agli accessori di legge; le compensa nei rapporti tra il Comune appellante e la S. s.r.l.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/03/2016
IL SEGRETARIO
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