La Corte di Cassazione con la sentenza n. 15226 depositata il 30 maggio 2023, intervenendo in tema di conversione dei contratti di somministrazione a termine, ha ribadito che “… in tema di successione di contratti di lavoro a termine in somministrazione, l’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della serie non si estende ai contratti precedenti, neppure ove tra un contratto e l’altro sia decorso un termine inferiore a quello di sessanta giorni utile per l’impugnativa» …”
La vicenda ha riguardato un lavoratore assunto con contratto di somministrazione a tempo determinato, il quale impugno, nel termine di 60 giorni dalla scadenza dell’ultimo contratto, in sede stragiudiziale i contratti a termine succedutosi nel tempo. Il Tribunale adito aveva dichiarato decaduto il ricorrente dalla facoltà di impugnare gli otto contratti a tempo determinato intercorsi . Il lavoratore impugnava la sentenza dei giudici di prime cure innanzi alla Corte di Appello. I giudici di appello, nel confermare la decisione impugnata, hanno ritenuto che nel caso di plurimi contratti a tempo determinato, anche succedutisi nel tempo in sostanziale continuità, l’obbligo di impugnazione in sede stragiudiziale nel termine di sessanta giorni decorre dalla scadenza dei singoli contratti e non, come ritenuto dal ricorrente, dalla scadenza dell’ultimo della sequenza. Avverso la decisione di appello, il lavoratore, proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini, nell’accogliere la seconda doglianza e nel rigettare la prima, hanno ulteriormente ribadito che “… il potenziale rinnovo per un numero indefinito di volte dei contratti di somministrazione, a differenza di quanto previsto per i contratti a termine, non autorizzava di per sé il lavoratore a nutrire alcun affidamento tale da rendere necessaria una comunicazione del datore di lavoro …”
Per i giudici di legittimità “… La circostanza che il ricorrente sia decaduto dalla possibilità di impugnare specificatamente i termini apposti ai contratti precedenti non esclude che il giudice debba tenere conto, nel valutare la legittimità del contratto tempestivamente impugnato anche alla luce del dato fattuale dell’esistenza di pregressi contratti a termine con lo stesso datore di lavoro per accertare se complessivamente l’attività “possa ragionevolmente qualificarsi «temporanea», alla luce di tutte le circostanze pertinenti, che comprendono in particolare le specificità del settore” o non denoti piuttosto un ricorso abusivo a tale forma di lavoro e perciò illegittimo …”
In particolare, i giudici di piazza Cavour hanno chiarito che “… al fine di verificare se la reiterazione dei contratti del lavoratore con lo stesso datore di lavoro abbia oltrepassato il limite legale di durata, sì da realizzare una elusione degli obiettivi della direttiva 1999/70/CE, atteso che «quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario» (CGUE, causa C- C-53/04, M.S.). …”
Sul punto la Corte di Giustizia dell’Unione ha chiarito che “… non ostasse alla direttiva (l’art. 5, par. 5, prima frase, direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008) una normativa nazionale che non limiti il numero di missioni successive di un medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice e non prescriva, ai fini della legittimità del contratto, l’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifichino tale ricorso per altro aspetto, tuttavia ha chiarito che la disposizione nazionale deve essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme. …”
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