CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 18631 depositata il 3 luglio 2023
Lavoro – Contratti di lavoro a tempo determinato – Clausole sul termine – Conversione del rapporto a tempo indeterminato – Risarcimento danni – Indennità prevista dall’art. 32 L. 183/2010 – Requisito della specificità – Accordo sindacale – Verbale di conciliazione – Dimissioni volontarie – Interesse del lavoratore – Accoglimento
Fatti di causa
1. Con sentenza resa il 22.1.2014, il Tribunale di Palermo respinse il ricorso proposto da B.A.F., volto ad ottenere l’accoglimento delle seguenti conclusioni: 1) accertare e dichiarare la nullità o comunque l’inefficacia delle clausole relative al termine apposto a tutti i contratti di lavoro a tempo determinato intercorsi con la convenuta RAI s.p.a.; 2) per l’effetto, dichiarare la conversione del rapporto a tempo indeterminato sin dalla prima stipula, con qualifica di tecnico della produzione, livello 5 ex CCL per i dipendenti della RAI, e condannare quest’ultima al pagamento, in favore del ricorrente, anche a titolo di risarcimento danni, dell’indennità prevista dall’art. 32 L. 183/2010 nella sua misura massima; 3) in via gradata, accertare e dichiarare, comunque, il diritto all’assunzione (con pari qualifica ed inquadramento sopra indicati) a tempo indeterminato a far data dal 16.11.2006, quale soggetto avente diritto alla proposta di assunzione in virtù dei “bacini” all’uopo istituiti, avendo maggiore anzianità di altri tecnici assunti a tempo indeterminato; 4) per l’effetto condannare parte avversa, anche a titolo di risarcimento danni, al pagamento delle retribuzioni lorde non percepite (sempre con la qualifica suddetta) dalla data del diritto all’assunzione, 16.11.2006, e, in subordine, dalla data di messa in mora, con offerta delle prestazioni lavorative, il 16.2.2010, o dalla diversa data ritenuta di giustizia sino alla data di deposito della sentenza, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
2. Con sentenza n. 1313/2015, la Corte d’appello di Palermo, sia pure in base a differente percorso motivazionale, respingeva l’appello proposto dal B. contro la decisione di primo grado, che confermava.
3. Con ordinanza n. 24482/2019, questa Corte Suprema accoglieva il primo motivo del ricorso principale del B. avverso detta sentenza d’appello, assorbiti il secondo motivo dello stesso ricorso e il ricorso incidentale condizionato della RAI. Cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviava alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, alla quale demandava anche il regolamento delle spese del giudizio di legittimità. In particolare, nel giudicare fondato tale primo motivo di ricorso (in cui si lamentava la violazione dell’art. 1 d.lgs. n. 368/2001, nel testo vigente ratione temporis, nonché degli artt. 1362-1363 c.c., 12 preleggi e 2697 c.c.), questa Corte considerava che: “la sentenza impugnata, pur partendo da condivisibili presupposti in diritto (v. pag. 4, terz’ultimo capoverso), è errata nella relativa applicazione alla fattispecie in esame laddove mostra di ritenere soddisfatto il requisito della specificità sulla base della sola esatta indicazione del numero di programmi televisivi ai quali sarebbe stato addetto il B.. Ed invero, a prescindere dal rilievo che tale numerica indicazione non si rinviene nella causale del termine quale riportata nella sentenza impugnata, la decisione non è coerente con la consolidata elaborazione giurisprudenziale di legittimità (v. Cass. n. 22931 del 2015, Cass. 14487 del 2015, Cass. n. 2680 del 2015, Cass. n. 27 del 2014) la quale ha costantemente escluso che ad integrare il prescritto requisito di specificità fosse sufficiente la sola indicazione del nominativo del programma al quale sarebbe stato addetto il lavoratore, con valutazione destinata, a fortiori, a valere in caso di indicazione solo numerica dei programmi in questione”.
4. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Palermo, in sede di rinvio a seguito di riassunzione da parte del B., confermava nei sensi di cui in motivazione la sentenza n. 149/2014 emessa il 22.1.2014 dal Tribunale della medesima sede, e condannava il B. al pagamento, in favore della RAI, delle spese del secondo grado di giudizio, definito con la sentenza n. 1313/2015, emessa in data 24.11.2015 dalla stessa Corte d’appello, delle spese del giudizio di cassazione, e del giudizio di rinvio, come distintamente liquidate.
5. Per quanto qui ora soprattutto interessa, la Corte territoriale respingeva il primo motivo d’appello, riproposto dal B., ritenendo incontroverso che il B., dopo aver sottoscritto il quarto ed ultimo contratto a termine (avente decorrenza 11.10.2005 e scadenza 9.6.2006), si determinò a risolverlo unilateralmente (e anticipatamente) con nota del 3.1.2006, sicché veniva in rilievo un fatto (le dimissioni) che è già di per sé idoneo a determinare la carenza di interesse rispetto ad un’azione volta alla conservazione del rapporto di lavoro. Tanto concluso sulla scorta di orientamento di legittimità, che riteneva si attagliasse al caso di specie, considerava superfluo l’esame delle doglianze che si appuntavano sui vizi genetici delle singole convenzioni negoziali intercorse tra le parti in causa in data antecedente alle dimissioni del 3.1.2006, e perciò assorbito il secondo motivo d’appello, al primo strettamente correlato.
Disattendeva, altresì, il terzo motivo d’appello, a mezzo del quale il B. sosteneva di avere, comunque, diritto all’assunzione a tempo indeterminato in base agli accordi sindacali del 2006 e del 2008.
Riteneva, infatti, pacifico che con accordo sindacale del 26.1.2006 venne istituito un bacino di reperimento (tra gli altri) dei tecnici della produzione da impegnare, mediante stipula di contratti a tempo determinato, per “le esigenze produttive della Sede Regionale per la Sicilia”. In base al tenore della norma pattizia, quindi, escludeva categoricamente che le parti sociali avessero previsto una analoga priorità, per le assunzioni a tempo indeterminato, dei tecnici della produzione. Quanto, poi, al successivo accordo del 4.6.2008, con il quale le parti sociali decisero di attuare un nuovo piano di assunzioni a tempo indeterminato, in base alle ipotesi previste dallo stesso riteneva in sintesi che il B. non potesse avvalersi di nessuna di tale ipotesi. Riteneva, perciò, del tutto irrilevante il fatto, pur dedotto dall’appellante, che tutti i tecnici della produzione vennero assunti con contratto a tempo indeterminato nel novembre del 2006.
Regolava, quindi, le spese in ossequio al principio della soccombenza.
6. Avverso tale decisione B.A.F. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
7. Ha resistito l’intimata con controricorso.
8. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., art. 1362 c.c., comma 2, art. 1366 c.c., art. 1375 c.c. e art. 1324 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3)”. Secondo lo stesso, l’offerta fatta dalla RAI in data 5.5.2006 di inserimento nel bacino per le future assunzioni e l’accettazione avvenuta da parte del B. con la sottoscrizione del verbale conciliativo del 9.6.2006 sono atti e comportamenti dai quali si evince la chiara volontà delle parti di non considerare risolti i reciproci rapporti a seguito delle dimissioni presentate il 01.03.2006 e, pertanto, alle predette dimissioni non poteva attribuirsi alcuna volontà abdicativa del diritto all’assunzione oggi rivendicato come erroneamente fatto dalla Corte di appello di Palermo in violazione dell’art. 1362 c.c., comma 2.
2. Con il secondo motivo, denuncia “Violazione degli artt. 115 c.p.c. e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c. punto 4). Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 5)”. Per il ricorrente, la Corte d’appello non prendeva in esame le prove documentali in atti ed i fatti storici portati alla sua attenzione comprovanti che le dimissioni presentate erano limitate agli effetti anticipatori della scadenza del quarto contratto a termine dedotto in causa, e non al contratto di lavoro a tempo indeterminato rivendicato giudizialmente. Ribadisce che successivamente alle predette dimissioni il B. e la RAI sottoscrivevano in data 9.6.2006 un verbale di conciliazione nel quale la RAI offriva al B. la possibilità di essere inserito nel bacino dei tecnici della produzione, dal quale reperire il personale da assumere nel periodo 2006-31.12.2012 a fronte della rinuncia da parte del B. a promuovere alcuna azione giudiziaria o stragiudiziaria diretta a far valere i diritti e le pretese relative o comunque connesse con l’attività lavorativa prestata in passato alle dipendenze della RAI.
3. Con un terzo motivo denuncia “Violazione dell’art. 100 c.p.c., dell’art. 1419 c.c., dell’art. 2118 c.c., dell’art. 32 L. 183/2010 (in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3). Violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4)”. Secondo l’impugnante, anche in ipotesi di mancata conversione del rapporto di lavoro a seguito delle dimissioni presentate dall’ultimo contratto dedotto in causa permaneva l’interesse del B. all’accertamento dell’esistenza del rapporto inter partes tra il primo ed il quarto contratto a termine ed alle conseguenze di ordine giuridico ed economico derivanti dalla nullità dei termini apposti ai precedenti tre contratti di lavoro dedotti in causa. La Corte di appello avrebbe dovuto comunque pronunciarsi e riconoscere il risarcimento del danno patito per l’illegittima precarizzazione dedotta in causa secondo gli insegnamenti rassegnati da questa Corte.
4. Con un quarto motivo denuncia “Violazione di legge, art. 91 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3)”. Premette che la Corte di appello lo condannava al pagamento delle spese di lite dei precedenti giudizi, quello tenutosi innanzi alla Corte di Cassazione e alla Corte di appello; che il giudizio di legittimità si era concluso con l’ordinanza n. 24482/2019 con la quale questa Corte aveva accolto il primo motivo del ricorso principale spiegato dal B. e dichiarato assorbito il secondo motivo e il ricorso incidentale proposto dalla RAI. Deduce che tale condanna alle spese è ingiusta ed assunta in violazione dell’art. 91 c.p.c., posto che parte soccombente era da considerarsi la RAI s.p.a. e non il B.. Del pari la condanna alle spese del primo giudizio di appello svoltosi è ingiusta ed errata poiché la pronuncia resa veniva cassata da questa Corte in accoglimento del primo motivo del ricorso proposto dal B..
5. Il primo motivo, diversamente da quanto assume la RAI nel suo controricorso, è basato esclusivamente sulla violazione delle indicate norme di diritto ex art. 360, comma primo, n. 3) c.p.c., e non anche sulla violazione dell’art. 112 c.p.c., fatta valere ex art. 360, comma primo, n. 4), c.p.c.
E’ piuttosto nel secondo motivo che si lamenta la violazione di norme processuali, nonché il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c. (non comunque la violazione dell’art. 112 c.p.c.).
6. Nondimeno i primi due motivi, in quanto all’evidenza connessi sul piano argomentativo, possono essere congiuntamente esaminati.
7. Essi risultano inammissibili.
8. Per la parte in cui nel secondo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, occorre ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno insegnato che l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ammette la denuncia innanzi alla S.C. di un vizio attinente all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza provenga dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, con la necessaria conseguenza che è onere del ricorrente, ai sensi degli artt. 366, comma 1, n. 6) e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., indicare il fatto storico, il dato da cui esso risulti esistente, il come ed il quando esso abbia formato oggetto di discussione tra le parti e la sua decisività (così Cass. civ., sez. un., 30.7.2021, n. 21973).
8.1. Ebbene, ciò che si assume non considerato dalla Corte d’appello (anche nel primo motivo di ricorso) è essenzialmente il verbale di conciliazione del 9.6.2006.
Il ricorrente, tuttavia, non ha chiaramente dedotto la decisività di tale circostanza, e certamente non ha specificato quando essa abbia formato oggetto di discussione tra le parti, al pari dell’offerta fatta dalla RAI in data 5.5.2006 di inserimento nel bacino di reperimento per future assunzioni, che aveva preceduto detto verbale conciliativo.
Per completezza, mette conto aggiungere in proposito che tali aspetti non risultano affrontati né nella sentenza attualmente impugnata, né nell’ordinanza di questa Corte n. 24482/2019, e neppure nella sentenza d’appello cassata con quest’ultimo provvedimento come nella sentenza di primo grado.
Occorre, altresì, sottolineare che dall’esposizione contenuta nel primo motivo (pagg. 11-12 del ricorso) e del secondo motivo (pagg. 13-14 del ricorso) si trae che le relative deduzioni circa la portata da annettere al ridetto verbale erano state introdotte a mo’ di premessa alla riproposizione dei motivi d’appello in sede di rinvio.
Del resto, il ricorrente per cassazione non pone in dubbio che il primo motivo di appello, sul quale si è certamente espressa la Corte territoriale di rinvio, fosse formulato nei termini riassunti (anche con citazioni testuali) nella sua motivazione (cfr. pagg. 3-4 della sua sentenza).
8.2. Si deve, inoltre, ricordare che, secondo un consolidato indirizzo di legittimità, in materia di ricorso per cassazione i motivi – a pena di inammissibilità, devono investire questioni comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo ammissibili in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, fatta eccezione per le questioni rilevabili d’ufficio (così, ex plurimis, Cass. civ., sez. trib., 8.4.2022, n. 11468; id., sez. I, 2.9.2021, n. 23792).
Nel caso in esame, invece, il tema involto dall’offerta della RAI in data 5.5.2006 e dal successivo verbale di conciliazione in data 9.6.2006 e dei relativi risvolti non risulta assolutamente trattato in sede di rinvio, né in precedenza, notandosi che anche i motivi del precedente ricorso per cassazione del B. e del correlativo ricorso incidentale della RAI, dichiarati assorbiti nell’ordinanza di questa Corte, non riguardavano affatto tali questioni.
8.3. Infine, a torto nello sviluppo del primo motivo del ricorso attuale, l’impugnante sostiene che: “La Corte di Appello di Palermo errava, altresì, a ritenere insufficiente l’impugnativa posta in essere dal B. il 02.03.2012 (cfr. pag. 4 della pronuncia resa)”.
Invero, nel passo motivazionale cui allude il ricorrente la Corte del rinvio ha piuttosto riferito che il Tribunale aveva <in definitiva, ritenuto estinto per mutuo consenso il rapporto di lavoro intercorso tra le parti, attraverso un percorso motivazionale che ha tenuto conto della cessazione di fatto “del rapporto di lavoro il 3.01.2006 (per dimissioni volontarie)” in uno al decorso del tempo intercorso tra tale data e l’impugnativa “del 2.03.2012”>.
I giudici del rinvio, invece, hanno anzitutto ritenuto “incontroverso che il B., dopo aver sottoscritto il quarto (e ultimo) contratto a termine … si determinò a risolverlo unilateralmente (e anticipatamente) con nota del 3.1.2006” e che tale fatto, vale a dire, le dimissioni, “è (già) di per sé idoneo a determinare la carenza di interesse rispetto ad un’azione volta alla conservazione del rapporto di lavoro”.
E’ di tutta evidenza, perciò, che, mentre il primo giudice aveva concluso che il rapporto inter partes si fosse estinto per mutuo consenso, la Corte distrettuale in sede di rinvio ha ritenuto che le sole dimissioni del lavoratore avessero determinato la carenza d’interesse del lavoratore rispetto ad un’azione volta alla conservazione del rapporto di lavoro, tanto che il precedente di legittimità cui la stessa Corte s’è riferita (Cass. n. 7318/2019) era appunto in tema di dimissioni. E ciò diversamente anche da quanto dedotto dalla RAI, la quale, nel proprio controricorso, sia pure in modo non lineare, assume che anche la Corte in sede di rinvio avrebbe ribadito “la sussistenza della risoluzione per mutuo consenso … “(cfr. pag. 13 di tale atto).
In ogni caso, anche il primo motivo di ricorso è inammissibile, oltre che per le questioni nuove in esso poste, anche per non essere specifico in termini di aderenza a quanto effettivamente considerato dalla Corte territoriale.
9. E’ invece fondato, per quanto di ragione, il terzo motivo.
9.1. Questa Corte, infatti, ha ritenuto che le dimissioni del lavoratore da un contratto a tempo determinato, facente parte di una sequenza di contratti similari succedutisi nel corso del tempo, esplicano i propri effetti sul rapporto intercorso tra le parti ma non elidono il diritto all’accertamento dell’invalidità del termine apposto al primo contratto di lavoro, permanendo l’interesse alle conseguenze di ordine economico che da tale nullità parziale scaturiscono (così Cass. civ., sez. lav., 13.8.2020, n. 17110, la quale, in fattispecie analoga a quella in esame, riguardante più contratti a termine intercorsi proprio con la RAI, nel respingere il ricorso per cassazione da quest’ultima proposto in quel caso, ha confermato la sentenza di merito che già aveva ravvisato, nelle dimissioni rassegnate dal lavoratore, la volontà di interrompere il contratto a termine in corso, e non quello a tempo indeterminato scaturente dalla nullità – non ancora accertata – del termine apposto al contratto di lavoro, desumendola dalla circostanza che, a breve distanza di tempo, il lavoratore aveva stipulato con il medesimo datore di lavoro diversi altri contratti a termine).
A sua volta, l’ora cit. decisione richiamava in termini Cass. civ., sez. lav., 27.1.2016, n. 1534, sentenza, quest’ultima, che pure riguardava altra fattispecie simile e nella quale, in base al medesimo principio di diritto su riportato, trovò invece accoglimento il ricorso per cassazione nella specie proposto dal lavoratore nei confronti della RAI.
9.2. Come già notato, la Corte d’appello di Palermo, in sede di rinvio, si è riferita a Cass. civ., sez. lav., 14.3.2019, n. 7318, riportandone anche diversi passi (cfr. pagg. 4-5 dell’impugnata sentenza), ma non considerando che anche tale decisione aveva esplicitamente richiamato sempre Cass. n. 1534/2016 (cfr. il § 6.2. della parte motiva di Cass. n. 7318/2019).
Erroneamente, perciò, la stessa Corte ha reputato un globale difetto d’interesse del lavoratore volto alla conservazione del rapporto di lavoro.
Ed è, altresì, erroneo il punto in cui la Corte ha creduto superfluo l’esame delle doglianze relative ai vizi genetici di tutti i singoli contratti a termine intercorsi tra le parti, compresi, quindi, i tre contratti che avevano preceduto l’ultimo contratto a termine, rispetto al quale il lavoratore aveva rassegnato le proprie dimissioni ante tempus, così dichiarando assorbito l’esame del relativo secondo motivo d’appello.
Tale motivo, invece, che peraltro riguardava il thema decidendum già affrontato nell’accoglimento del primo motivo del precedente ricorso per cassazione del B., doveva invece essere esaminato.
Il lavoratore, infatti, come nei casi considerati nelle decisioni su citate, nonostante le dimissioni rassegnate per l’ultimo contratto a termine, serbava interesse all’accertamento dell’invalidità dei termini apposti ai primi tre contratti in relazione alle conseguenze di ordine economico e giuridico che da tale nullità possono scaturire.
10. Pertanto, stante il giudicato interno circa ogni questione relativa all’ultimo contratto a termine, per effetto dell’inammissibilità dei primi due motivi del ricorso per cassazione in esame, nonché stante il giudicato interno circa le domande subordinate fondate sugli accordi relativi ai c.d. bacini di reperimento, in difetto di motivi di ricorso riferibili alla reiezione del terzo motivo d’appello a riguardo, l’impugnata sentenza dev’essere cassata in relazione al terzo motivo accolto, con assorbimento del quarto motivo di ricorso circa il regolamento delle spese processuali, e con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, la quale, in differente composizione, oltre a dover di nuovo regolare le spese anche di questo giudizio di cassazione, dovrà, applicando i principi di diritto sopra richiamati nella presente decisione e nella precedente ordinanza n. 24482/2019 di questa Corte, esprimersi nel merito della validità dei termini apposti ai primi tre contratti di lavoro subordinato a tempo determinato intercorsi tra le parti ai fini sopra specificati.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiarati inammissibili il primo ed il secondo motivo, e assorbito il quarto.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, sentenza n. 2529 depositato il 26 gennaio 2024 - Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è, di per sé solo, sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad…
- Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 16412 depositata il 15 luglio 2007 - La correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria e' assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 agosto 2021, n. 23196 - In tema di dirigenza medica, va distinto il termine apposto all'incarico conferito al dirigente medico legato all'azienda sanitaria da contratto a tempo indeterminato, con il termine finale del…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 marzo 2022, n. 7440 - In tema di divieto d’intermediazione di manodopera, in caso di somministrazione irregolare, schermata da un contratto di appalto di servizi, va escluso il diritto alla detrazione dei costi dei…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 giugno 2020, n. 11379 - Nell'impiego pubblico contrattualizzato la domanda con la quale il dipendente assunto a tempo determinato, invocando il principio di non discriminazione nelle condizioni di impiego, rivendica il…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 524 depositata l' 11 gennaio 2023 - Il credito al trattamento di fine rapporto, se, in effetti, è esigibile soltanto con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, matura (ed è, come tale, certo nell’an e…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…