La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 18091 del 25 luglio 2013 intervenendo in tema di qualificazione di rapporto di lavoro afferma che qualora un’impresa abbia stipulato, dopo un periodo di tirocinio, con il medesimo lavoratore una collaborazione coordinata a progetto: non c’è presunzione di subordinazione se l’azienda dimostra l’esistenza concreta di un progetto.
La Suprema Corte è giunta a tale conclusione ed ha precisato che le tipologie contrattuali scelte di volta in volta dalle parti rispondevano alle esigenze esistenti nel momento specifico della loro sottoscrizione e, pertanto, vista l’esistenza reale di un progetto affidato alla lavoratrice, deve essere esclusa l’esistenza di un vincolo di subordinazione fra collaboratrice e azienda.
Per cui stipulare con un lavoratore un contratto di tirocinio e, a seguire, un co.co.pro., non prova il rapporto di lavoro subordinato se l’azienda documenta l’esigenza di un progetto formativo fin dall’inizio.
La vicenda ha visto una giovane presentare un ricorso al tribunale in veste di giudice del lavoro contro un noto editore professionale al fine di riconoscere la simulazione di un rapporto unitario di lavoro subordinato, dei tre distinti contratti di tirocinio, di collaborazione coordinata e continuativa e di fornitura di lavoro temporaneo intercorsi separatamente ed in momenti successivi l’uno dall’altro e la richiesto alla condanna ed al ripristino del rapporto ed al pagamento delle relative differenze retributive.
Il Tribunale respingeva la richiesta del lavoratore. La parte soccombente proponeva ricorso in Appello i cui giudici confermavano la decisione del Tribunale e spiegando che alla luce delle risultanze documentali sarebbe stato onere delle ricorrenti, dalle medesime non assolto, quello di fornire elementi utili per dimostrare che le modalità attuative del rapporto avevano di fatto travalicato i limiti dettati dalla formale regolamentazione voluta dalle parti e che nemmeno erano emersi elementi atti a far presumere che la subordinazione esistesse fin dall’inizio per il solo fatto che non mutando le attività lavorative i rapporti erano stati diversamente qualificati nel tempo per volontà consapevole dei contraenti.
Le lavoratrici propongono ricorso per la cassazione della sentenza, le quali affidano l’impugnazione ad un solo motivo di censura articolato in più punti.
La Corte di cassazione ha respinto il ricorso ed ha quindi condiviso le conclusione raggiunte dalla Corte d’Appello che aveva escluso l’esistenza di un vincolo di subordinazione fra la collaboratrice e l’azienda.
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