CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 ottobre 2017, n. 23386
Tributi – Irpeg, Irap, maggiori ritenute – Riqualificazione del contratto di subappalto – Intermediazione di manodopera illecita
Fatti di causa
In relazione all’anno d’imposta 2002 l’Agenzia delle entrate recuperò nei confronti della società maggiore materia imponibile ai fini irpeg, irap, maggiori ritenute irpeg e iva, in esito, per quanto ancora d’interesse, alla riqualificazione del contratto di subappalto stipulato con la S.I.C. s.r.l. come intermediazione di manodopera illecita.
La contribuente impugnò il relativo avviso di accertamento, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale.
Quella regionale, invece, ha accolto l’appello dell’Agenzia ravvisando nel rapporto intercorso tra le due società una mera fornitura di manodopera.
Contro questa sentenza propone ricorso la contribuente per ottenerne la cassazione, che affida a tre motivi di ricorso, cui l’Agenzia non replica.
Ragioni della decisione
1. – Il primo motivo, col quale la società deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo dell’accertamento del tipo di rapporto intercorso con la s.r.l. S.I.C., è inammissibile.
Si contesta la statuizione contenuta in sentenza riguardante la rilevanza, ai fini della qualificazione del rapporto, della mancanza di apporto da parte della contribuente di alcun materiale da costruzione. E lo si fa in base alla considerazione che, di contro, l’impiego della sola attrezzatura minuta è significativo in considerazione della tipologia di attività svolte.
Ma, così argomentando, si finisce per proporre una diversa lettura delle risultanze processuali.
2. – Inammissibile è altresì il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360, comma 1°, n. 4, c.p.c., col quale la società si duole dell’omessa pronuncia sulle conseguenze sul piano tributario, oggetto di contestazione sin dal ricorso introduttivo.
Nessuna omissione di pronuncia è difatti configurabile, perché non risulta omessa la statuizione indispensabile per la soluzione del caso concreto.
La statuizione v’è stata, in base all’affermata sussistenza della mera fornitura di manodopera (in termini, anche sulla distinzione rispetto al vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, vedi, tra varie, Cass. 8 giugno 2014, n. 13866).
3. – Infondato è, invece, il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c., col quale la società denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 I. n. 1369/60, 23 del d.P.R. n. 600/73, 3 e 19 del d.P.R. n. 633/72 e 11 del d.lgs. n. 446/97, sostenendo che tra gli effetti menzionati dall’art. 1 l. n. 1369/60 non debbano essere annoverati quelli tributari.
La questione è stata difatti già risolta da questa Corte (vedi, tra varie, Cass. 20 ottobre 2016, n. 21289), la quale ha stabilito che, in caso di intermediazione illecita di manodopera a norma della I. n. 1369/60, i lavoratori sono considerati ex tunc a tutti gli effetti, anche tributari, alle dipendenze dell’utilizzatore, con la conseguente esclusione, già in astratto, di qualsivoglia operazione avente ad oggetto le loro prestazioni di lavoro. Il che per conseguenza elide l’insorgenza del presupposto impositivo dell’iva.
3.1. – E, visto che i lavoratori per legge sono considerati alle dipendenze dell’imprenditore che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni, soltanto sull’utilizzatore gravano gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo, nonché fiscale, scaturenti dal rapporto di lavoro, sicché egli non può portare in deduzione ai fini irap, quale componente negativa di reddito, le spese per il personale dipendente, ai sensi dell’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 446/97.
3.2. – A tanto si è aggiunto che sull’imprenditore appaltante o interponente che abbia utilizzato effettivamente le prestazioni, incombono, oltre che gli obblighi di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro, altresì gli obblighi in materia di assicurazioni sociali e quelli fiscali del datore di lavoro; sicché a carico del medesimo soggetto, in ragione di detto rapporto, sussistono gli obblighi del sostituto d’imposta, stabiliti dall’art. 23 del d.P.R. n. 600/73, per le ritenute d’acconto sulle retribuzioni (Cass. 31 maggio 2013, n. 13748; conf., 17 ottobre 2014, n. 22020).
4. – Il ricorso va quindi respinto.
Nulla per le spese, in mancanza di attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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