CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 dicembre 2017, n. 31086
Tributi – Accertamento – Redditometro – Disponibilità di beni indicatori – Onere di prova contraria
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Chieti. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di L.D.C. avverso l’avviso di accertamento IRPEF, per l’anno 2007; che, nella decisione impugnata, la CTR ha osservato come il redditometro costituisse una presunzione semplice, inidonea ad invertire l’onere della prova;
Considerato
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 4° DPR n. 600/1973 nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.;
che, infatti, una volta reputato applicabile il redditometro, la presunzione legale relativa avrebbe potuto essere superata solo attraverso la dimostrazione di una prova contraria, volta alla dimostrazione del possesso dei di redditi o disponibilità idonei a giustificare il reddito sinteticamente accertato; che l’intimata non si è costituita;
che il ricorso è fondato;
che, in tema di accertamento dei redditi con metodo sintetico ex art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973, la disponibilità di beni indicatori integra, nella versione ratione temporis vigente, una presunzione di capacità contributiva “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle relative somme (Sez. 6-5, n. 17487 del 01/09/2016);
che pertanto, ha errato la CTR nell’affermare che “è l’Agenzia delle Entrate a provare il maggior reddito derivante dal redditometro e non deve basarsi esclusivamente sulle presunzioni previste dai decreti ministeriali” e dunque nel non ritenere la sussistenza di una presunzione legale, idonea ad invertire l’onere della prova, da porre perciò a carico della contribuente;
che, dunque, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Abruzzo, in diversa composizione, affinché si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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