CORTE di CASSAZIONE ordinanza n. 20143 depositata il 17 agosto 2017
MASSIMA
In tema di accertamento con redditometro, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.
Fatti di causa
Nowack Christiane iutta propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana n. 505/01/2016, depositata in data 15/03/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento, emesso per IRES, IRPEF ed addizionali, regionali e comunali, dovute in relazione all’anno d’imposta 2008, a seguito di rideterminazione in via sintetica dei reddito imponibile, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva solo parzialmente accolto il ricorso della contribuente (riducendo ad “C 62.981,00” il maggior reddito accertato dall’Ufficio). In particolare, i giudici d’appello, nel respingere gravame principale della contribuente, accogliendo quello incidentae dell’Agenzia delle Entrate (così ritenendo legittimo in toto l’atto impositivo impugnato) ; hanno sostenuto che, in relazione alla prova contraria “rigorosa” che la contribuente avrebbe dovuto offrire, per contrastare la pretesa erariale, fondata sull’esistenza certa di beni-indice di capacità di spesa, nella specie, la contribuente avrebbe dovuto dimostrare “non solo di possedere liquidità” (e la stessa aveva documentato !a disponibilità di “ingenti fondi bancari”) ma anche “il collegamento tra le spese di gestione e per incrementi patrimoniali con le utilizzazioni di tali liquidità” ovvero “di possedere redditi esenti soggetti a ritenuta d’imposta o redditi esenti da imposta”, ma non lo aveva dimostrato (salvo che per le spese già ritenute giustificate dall’Ufficio, nella fase endo-procedimentale). A seguito di deposito di proposta ex art.380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; la ricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
RAGIONI della DECISIONE
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt.38 DPR 600/1973 e 2697 c.c., avendo i giudici della C.T.R. errato nel ritenere necessaria anche la dimostrazione dell’esborso finanziario sostenuto per incrementi patrimoniali, essendo sufficiente !a prova della mera esistenza della capacità di reddito e della durata della loro disponibilità.
2. La censura è fondata.
Questa Corte ha già chiarito (Cass.8995/2014; Cass.25104/2014; Cass. 14885/15; Cass. 22944/15; Cass. 1332/16) che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall’art. 38, sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”. Non è dunque sufficiente dare la prova del semplice “transito” della disponibilità economica, ma non è richiesta anche la prova che la spesa per incremento patrimoniale sia stata in effetti sostenuta con quei redditi, esenti o già soggetti a ritenuta alla fonte. La C.T.R., pur avendo rilevato che la documentazione offerta da; contribuente concerneva la disponibilità di “ingenti fondi bancari”, ha ritenuto che la contribuente non avesse dimostrato in modo rigoroso l’impiego dei suddetti redditi per la spese contestate e tale affermazione non è conforme ai suddetti principi di diritto.
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Toscana in diversa composizione, cui d manda di provvedere anche sulle
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