CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 dicembre 2017, n. 29242
Licenziamento per giusta causa – Accertamento di illegittimità – Demansionamento – Scritti anonimi dal contenuto denigratorio – Consulenza grafologica – Riconducibilità al lavoratore della condotta addebitata – Accertamento di fatto – Apprezzamento dei giudici del merito – Sindacato di legittimità – Inammissibilità
Fatti di causa
1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 9 luglio 2015, ha confermato la pronuncia del locale Tribunale che aveva respinto la domanda di accertamento dell’illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato il 25 luglio 2011 dalla Banca di Credito Cooperativo A. S. C. a M.P. ed invece parzialmente accolto la domanda di accertamento del dedotto demansionamento per i periodi dal 14 aprile 2008 al 7 settembre 2009 e dal 13 agosto 2010 al 22 giugno 2011, con condanna al risarcimento del danno alla professionalità liquidato in euro 45.630,00, oltre accessori.
Per quanto qui rileva, la Corte territoriale, come il primo giudice, ha ritenuto accertato, circa il licenziamento disciplinare, che il P. avesse vergato e poi inviato due scritti anonimi, “dal contenuto scabroso, denigratorio e profondamente offensivo per i vertici dell’istituto di credito”, uno alla moglie del Presidente della Banca e l’altro ricevuto dal medesimo; ciò sulla scorta di una consulenza grafica confortata da una serie di elementi indiziari in quanto – secondo la Corte – “gli scritti si collocano in un contesto più ampio, nel quale (essi) sono soltanto il tassello, per così dire finale, di una serie di comportamenti riconducibili alla sfera di azione del dipendente e volti a colpire la banca ed i suoi vertici”.
La Corte lombarda ha poi convenuto con il giudice di primo grado che i mutamenti di mansioni che avevano interessato il P. nei due distinti periodi lavorativi innanzi indicati avessero comportato la dequalificazione del lavoratore, inquadrato come quadro direttivo di primo livello, che aveva in precedenza svolto compiti “di discreta responsabilità ed autonomia, in quanto preposto a filiali ovvero a specifici servizi, con funzioni anche di coordinamento di altri colleghi sottordinati”.
2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso principale M.P. con quattro motivi. Ha resistito con controricorso la società, contestualmente formulando impugnazione incidentale affidata ad un motivo, cui, a sua volta, ha resistito il lavoratore con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c…
Ragioni della decisione
1. I motivi del ricorso principale del lavoratore possono essere come di seguito sintetizzati.
Con il primo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 5 della I. n. 604 del 1966, nonché degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per avere la sentenza impugnata attribuito valore probatorio esclusivo ad una consulenza grafologica priva di tale valore, così erroneamente giudicando provati i fatti costitutivi della giusta causa.
Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 2727 e 2729 c.c., ancora in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte bresciana attribuito impropriamente valore indiziario, al fine di supportare le conclusioni della perizia, a talune circostanze prive di tale valore, così corroborando la legittimità del licenziamento.
Con il terzo mezzo si denuncia violazione dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per avere la Corte territoriale totalmente omesso di valutare la sentenza del Tribunale di Brescia resa nella causa parallela promossa da G.B., licenziata contestualmente al P., passata in cosa giudicata che, se fosse stata esaminata, avrebbe dovuto far concludere i giudici d’appello nel senso di escludere che potesse ritenersi provato, anche solo presuntivamente, l’addebito.
Con il quarto motivo si eccepisce nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Cost. e 132, co. 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., per apparenza della motivazione circa la qualificazione come indizi delle telefonate e degli sms di Uka Sead nonché motivazione apparente e contraddittoria sulla sufficienza probatoria della consulenza grafica d’ufficio.
2. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la società denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 95 CCNL Quadri ed Impiegati BCC, per avere la Corte di Appello ritenuto sussistente un demansionamento del P. dal 14 aprile 2008 al 7 settembre 2009 e dal 13 agosto 2010 al 22 giugno 2011. Si sostiene che “la violazione o falsa applicazione delle norme citate risulta evidente laddove si esaminino le risultanze istruttorie che conducono, in modo inequívoco, ad un giudizio di equivalenza delle mansioni svolte nel corso degli anni dal Sig. P.”.
3. I motivi del ricorso principale non possono trovare accoglimento in quanto tutti, sotto vari profili, investono l’accertamento di fatto compiuto conformemente dai giudici di entrambi i gradi di giudizio circa la riconducibilità della condotta addebitata alla persona del P., commissione dell’azione rappresentata dall’aver redatto ed inviato gli scritti contestati che è totalmente una quaestio facti appartenente al sovrano apprezzamento dei giudici del merito e sottratta al sindacato di legittimità, tanto più nel vigore del novellato art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte con le sentt. nn. 8053 e 8054 del 2014 (con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici).
Inoltre le censure, anche laddove solo formalmente denunciano la violazione o la falsa applicazione di legge, o addirittura la motivazione apparente, nella sostanza sono tutte riconducibili al paradigma dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., in quanto mirano indubitabilmente a contestare il fatto, accertato dai giudici di merito, della redazione degli scritti anonimi ad opera del P.. Non essendo sufficiente a mutare la sostanza del vizio denunciato il mascheramento mediante l’invocazione degli altri parametri di critica vincolata imposti dall’art. 360 c.p.c. (al fine malamente occultato di superare gli sbarramenti imposti ad una rinnovata ricostruzione del fatto dalle più recenti riforme del giudizio di cassazione), i motivi in esame incontrano l’ulteriore preclusione riguardante gli appelli proposti, come nella specie il 6 marzo 2015, successivamente al trentesimo giorno dopo l’entrata in vigore della I. n. 134 del 2012, di conversione del d.l. n. 83 del 2012, laddove la sentenza della Corte bresciana conferma la decisione di primo grado ed il fatto è stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c.). Ossia il vizio di cui all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. “doppia conforme” (v. Cass. n. 23021 del 2014).
In diritto, poi, parte ricorrente muove da presupposti errati, sia perché non corrisponde al vero che la perizia grafologica sia priva di valore probatorio, atteso che la consulenza grafica è il principale strumento di accertamento dell’autenticità della grafia ed il giudice può aderire alle sue conclusioni senza essere tenuto a motivare l’adesione, salvo che dette conclusioni non formino oggetto di specifiche censure (Cass. n. 1149 del 2011; Cass. n. 3191 del 2006), sia perché la Corte territoriale ha fondato il suo convincimento anche su ulteriori elementi indiziari affidati al suo prudente e motivato apprezzamento (non certo ripetibile in questa sede di mera legittimità), in coerenza con la giurisprudenza di questa S.C. secondo cui le conclusioni raggiunte dal consulente circa la riferibilità della grafia degli scritti anonimi al P. va valutata anche in correlazione a tutti gli altri elementi concreti sottoposti al suo esame (Cass. n. 2579 del 2009; Cass. n. 8881 del 2005; Cass. n. 9631 del 2004).
4. Parimenti deve essere disatteso il ricorso incidentale il quale, con il suo unico motivo, anch’esso sotto l’involucro solo formale della violazione e falsa applicazione di legge lamenta in realtà l’apprezzamento di fatto in ordine all’assegnazione del P. a mansioni inferiori rispetto al patrimonio professionale acquisito, invocando un sindacato di questa Corte ben oltre i limiti imposti dal novellato art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., secondo i precetti imposti dalle già richiamate sentenze delle Sezioni unite civili.
5. Pertanto entrambi i ricorsi vanno respinti con compensazione delle spese del giudizio di legittimità per reciproca soccombenza.
Occorre dare atto altresì della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012, sia per il ricorrente principale che incidentale.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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