Avviso di liquidazione e di irrogazione di sanzioni – Revoca delle agevolazioni “prima casa”
Svolgimento del giudizio e motivi della decisione
1. I coniugi M.A. e L.T. propongono due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 277/29/11 del 16 novembre 2011 con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione e di irrogazione di sanzioni loro notificato dall’agenzia delle entrate in revoca delle agevolazioni “prima casa” (Iva ridotta al 4%) fruite sull’acquisto di un appartamento nel Comune di Sutri, località Colle Diana.
In particolare, la commissione tributaria regionale ha ritenuto che l’immobile in oggetto fosse ricompreso in area destinata dagli strumenti urbanistici vigenti a ville, parco privato, ovvero costruzioni qualificate come abitazioni di lusso ex art. 1 DM LLPP 2 agosto 1969.
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.
Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod.proc.civ..
Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.
2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, ex art. 360, 1° co.n.5) cpc, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto decisivo di causa. Ciò per avere la commissione tributaria regionale basato la propria decisione sulla mera ripetizione del disposto normativo di cui all’articolo 1 DM 2 agosto 1969 cit., senza prendere in esame le caratteristiche dell’immobile compravenduto né – soprattutto – correttamente ricostruire le previsioni degli strumenti urbanistici di riferimento; attestanti il fatto che in zona “Colle Diana” era prevista l’edificazione non soltanto di ville, ma anche di villini plurifamiliari e case a schiera. Ciò escludeva il carattere di lusso dell’immobile compravenduto.
La censura non può trovare accoglimento.
Va premesso che essa viene proposta sotto il profilo non già della violazione o falsa applicazione normativa ex art. 360, 1° co. n. 6) cpc, bensì della carenza motivazionale; con quanto ne consegue in ordine ai noti limiti di sindacabilità, nella presente sede di legittimità, della valutazione della fattispecie concreta così come operata dal giudice di merito.
Ciò posto, la commissione tributaria regionale ha basato la propria decisione sul principio giuridico secondo cui, accertata l’insistenza dell’immobile compravenduto in area destinata dagli strumenti urbanistici vigenti alla costruzione di ville ed altre tipologie costruttive di lusso, diviene poi irrilevante, ai fini del riconoscimento dell’agevolazione in oggetto, valutare le caratteristiche in concreto assunte dall’immobile; il quale deve pertanto ritenersi di lusso per il solo fatto di essere ricompreso in area interessata dalle suddette previsioni urbanistiche.
Questa interpretazione del regime di agevolazione, resa in rapporto alla definizione di immobili di lusso desumibile all’articolo 1 DM 2 agosto 1969 (facente richiamo alle “abitazioni realizzate su aree destinate dagli strumenti urbanistici, adottati od approvati, a ville, parco privato ovvero a costruzioni qualificate dai predetti strumenti come di lusso”) deve ritenersi corretta.
Ciò in ragione del fatto che in base alla lettera ed alla ratio della disposizione in esame è dirimente l’inserimento dell’immobile nell’area così qualificata, essendo per il resto ininfluenti tanto le caratteristiche intrinseche dell’immobile, quanto la sua eventualmente diversa classificazione catastale conseguente a tali caratteristiche (Cass. 2595/88).
In definitiva, ai fini di causa, l’ubicazione prevale sulla tipologia concreta attribuibile all’immobile, posto che: “in tema di benefici fiscali per l’acquisto della prima casa, l’immobile sito in zona qualificata dallo strumento urbanistico comunale come destinata a “ville con giardino” deve essere ritenuto abitazione di lusso, ai sensi dell’art. 1 del d.m. Lavori pubblici 2 agosto 1969, indipendentemente da una valutazione delle sue caratteristiche intrinseche costruttive, rilevando non già le caratteristiche di lusso intrinseche all’edificio qualificato come “villa”, bensì la collocazione urbanistica, la quale costituisce indice di particolare prestigio, e risulta, quindi, caratteristica idonea, di per sé, a qualificare l’immobile come “di lusso”. (Cass. Ordinanza n. 2755 del 23/02/2012).
Ne consegue pertanto che non può rimproverarsi al giudice di merito di non aver motivato alcunché sulle caratteristiche costruttive dell’appartamento in oggetto, dal momento che tale mancata motivazione ha riguardato un profilo non rilevante ai fini di causa e, dunque, giustamente pretermesso.
Altro è a dire sull’esatta ricostruzione della destinazione urbanistica dell’area di ubicazione dell’immobile.
Sul punto va però considerato che la commissione tributaria regionale – nell’accogliere l’appello dell’ufficio – ha dato conto del fatto che quest’ultimo si basava sulla nota n. 3832 del 12 aprile 2007 con la quale il Comune di Sutri riferiva che la lottizzazione “Colle Diana” era stata sottoposta a pianificazione attuativa e convenzionata prima dell’approvazione del vigente PRG comunale, “le cui previsioni sono state comunque confermate in sede di approvazione dello strumento urbanistico generale”. Ciò con riguardo ad un regolamento che, sulla base di quanto riferito dalla nota del Comune in oggetto, prevedeva esplicitamente, al punto II, “l’obbligo di costruzioni a ville”.
E’ dunque sulla base di questo dato amministrativo che il giudice di merito ha fondato il proprio convincimento circa la tipologia “di lusso” dell’immobile in questione.
Ancorché non esplicitato, non può esservi dubbio di sorta sul fatto che l’accoglimento del motivo di appello proposto, sul punto specifico, dall’agenzia delle entrate sia derivato proprio ed esclusivamente dalla positiva delibazione di questo dato di natura amministrativa; a sua volta riferito ad uno strumento urbanistico (il regolamento edilizio comunale le cui previsioni sono state recepite dal PRG) implicante la destinazione “a ville” dell’area nella quale è ricompreso l’immobile compravenduto. Ciò rendeva dunque evidente la legittimità dell’avviso di accertamento opposto, in quanto facente richiamo ad una nota dell’agenzia del territorio che si poneva in linea con quanto così confermato dal Comune di Sutri circa la destinazione dell’area alla costruzione di ville (mono o bifamiliari). Tipologia quest’ultima, necessaria e sufficiente a connotare l’intero piano di lottizzazione nel senso della edificazione di lusso ai sensi del DM cit.; ancorché, in ipotesi, non escludente altre costruzioni.
3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360, 1° co.nn.3) e 5) cpc – violazione dell’articolo 2697 codice civile e carenza di motivazione; per avere il giudice di appello individuato una seconda ed autonoma ratio decidendi in una circostanza – la natura di lusso dell’immobile in questione “anche ai sensi delle altre caratteristiche elencate nel decreto ministeriale di riferimento” – non dedotta dall’amministrazione finanziaria nell’avviso di liquidazione; da questa non provata, e non meglio specificata dal giudice di merito.
Il rigetto del primo motivo di ricorso esplica effetto assorbente sulla presente censura, proprio perché quest’ultima è volta ad inficiare una ratio decidendi che gli stessi ricorrenti individuano come ulteriore ed autonoma rispetto a quella finora esaminata. Ne consegue che, confermata la fondatezza della prima ragione decisoria, nessuna positiva conseguenza pratica potrebbe ai ricorrenti derivare dall’eventuale accoglimento della censura in esame; dovendo la sentenza impugnata trovare comunque conferma per le indicate ragioni.
4. Va detto che i presupposti della revoca dell’agevolazione permangono integri anche alla luce dello jus superveniens di cui all’articolo 10, primo comma, lettera a) d.lgs. n.23/11 (dedotto dai ricorrenti nella memoria ex art.378 cod. proc. civ.. ); il quale, nel sostituire il secondo comma dell’art. 1 della Parte Prima Tariffa allegata al d.P.R. 131/86, ha sancito il superamento del criterio di individuazione dell’immobile di lusso – non ammesso, in quanto tale, al beneficio “prima casa” – sulla base dei parametri di cui al D.M. LL.PP. 2 agosto 1969.
In forza della disposizione sopravvenuta, infatti, l’esclusione dalla agevolazione non dipende più dalla concreta tipologia del bene e dalle sue intrinseche caratteristiche qualitative e di superficie (individuate sulla base del suddetto D.M. bensì dalla circostanza che la casa di abitazione oggetto di trasferimento sia iscritta in categoria catastale A1, A8 ovvero A9 (rispettivamente: abitazioni di tipo signorile; abitazioni in ville; castelli e palazzi con pregi artistici o storici). Al fine di allineare allo stesso criterio dell’imposta di registro anche l’agevolazione “prima casa”‘ attribuita con aliquota Iva ridotta, il legislatore è poi intervenuto con l’articolo 33 del d.lgs. 175/14 che, nel modificare il n.21 della Tab.A, Parte II, all. al dpr 633/72, ha espressamente richiamato il “criterio catastale”; con il risultato che anche l’agevolazione Iva è esclusa (indipendentemente dalla sussistenza di tutti gli altri requisiti) per gli immobili rientranti in una delle suddette categorie.
Senonchè, il nuovo regime trova applicazione ai trasferimenti imponibili realizzati successivamente alla modificazione legislativa; e, in particolare, successivamente al 1° gennaio 2014, come espressamente disposto dall’art. 10 co.5 d.lgs.23/11 cit..
Il trasferimento dedotto nel presente giudizio, antecedente a questo discrimine temporale, continua pertanto ad essere disciplinato in base alla previgente disciplina; come detto incentrata sui requisiti del citato D.M..
Fermo dunque restando il pregresso regime impositivo sostanziale, si ritiene – dando con ciò continuità a quanto stabilito, in identica fattispecie, da Cass. ord. 13235/16 – che una diversa soluzione si imponga invece per quanto concerne le sanzioni applicate con l’atto qui impugnato.
In proposito, si ravvisano i presupposti per l’applicazione del secondo comma dell’articolo 3 d.lvo 472/97, secondo cui, in materia di sanzioni amministrative per violazioni tributarie: “salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato”.
La ricorrenza del principio di legalità e di favor rei in materia tributaria – già ampiamente valorizzato, in presenza di sanzioni amministrative di sostanziale valenza penale, anche ex artt. 49 della Carta dei diritti fondamentali UE, e 7 CEDU – si impone, nella specie, sotto il profilo che tali sanzioni vennero inflitte per avere il contribuente dichiarato che l’immobile acquistato possedeva, contrariamente al vero, qualità intrinseche “non di lusso” (sempre secondo i suddetti parametri ministeriali); vale a dire, per aver reso una dichiarazione che, per effetto della modifica normativa, oggi non ha più alcuna rilevanza per l’ordinamento.
In altri termini, il mendacio contestato – costituente l’espresso fondamento della sanzione, così come stabilito dal quarto comma dell’articolo 1, Parte Prima, Tariffa d.P.R. 131/86 cit. – non potrebbe più realizzarsi, in quanto caduto su un elemento (caratteristiche non di lusso dell’immobile) espunto dalla fattispecie agevolativa.
E’ vero che la modifica normativa non ha abolito né l’imposizione (nella specie individuabile nel recupero a piena tassazione dell’agevolazione indebitamente fruita), né le conseguenze sanzionatorie derivanti dalla falsa dichiarazione; e tuttavia, è proprio l’oggetto di quest’ultima, costituente elemento normativo della fattispecie, ad essere stato cancellato dall’ordinamento. Tanto che, in base al regime sopravvenuto, l’agevolazione ben potrebbe sussistere (in assenza di iscrizione nelle categorie catastali ostative) anche in capo ad immobili abitativi in ipotesi connotati dalle caratteristiche la cui mancata o falsa dichiarazione ha costituito il motivo della sanzione.
Il che rende del tutto peculiare la presente fattispecie rispetto a quelle con riguardo alle quali è stato affermato che – in difetto di “abolitio criminis” – permane a carico del contribuente tanto l’obbligo del versamento dell’imposta dovuta prima della modificazione normativa, quanto quello sanzionatorio (Cass. 25754/14; Cass. 25053/06).
Va poi considerato come ci si trovi qui di fronte ad una situazione di favore per il contribuente ancor più radicale ed evidente di quella (prevista nel terzo comma dell’articolo 3 d.lvo 472/97) del sopravvenire di un regime sanzionatorio semplicemente più mite. Perché qui non di questo si tratta, ma proprio di riformulazione ex novo della fattispecie legale di non spettanza dell’agevolazione; fondata su un parametro (quello catastale) del tutto differente da quello, precedentemente rinvenibile, fatto oggetto di mendacio.
In maniera tale che l’amministrazione finanziaria mantiene, come detto, la potestà di revocare l’agevolazione in questione per il solo fatto del carattere di lusso rivestito – al momento del trasferimento, e sulla base della disciplina all’epoca applicabile – dall’immobile trasferito; senza però avere titolo per applicare delle sanzioni conseguenti a comportamenti che, dopo la riforma legislativa, non sono più rilevanti; non certo in quanto tali (false dichiarazioni), ma in quanto riferiti a parametri normativi non più vigenti.
In definitiva, l’applicazione dello jus superveniens induce al parziale accoglimento del ricorso, limitatamente alla non debenza delle sanzioni applicate con l’atto opposto.
Conclusione, quest’ultima, che deriva da una scelta interpretativa di favore suscettibile di essere attuata, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio; e quindi anche in sede di legittimità (tra le altre: Cass. 1856/13; Cass. 4616/16; Cass.16679/16 e Cass. ord.13235/16 cit.).
Ciò perché, stante l’avvenuta contestazione da parte del contribuente della legittimità della revoca dell’agevolazione, è per ciò solo escluso che sia divenuto definitivo il provvedimento di irrogazione delle sanzioni che da tale revoca consegue. Né – trattandosi di eliminazione delle sanzioni, e non di loro rimodulazione all’esito di una determinata opzione per il regime più favorevole concretamente applicabile – si richiedono accertamenti fattuali di sorta.
All’esito del giudizio, sussistono i presupposti per l’integrale compensazione delle spese dei gradi di merito e legittimità.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione;
– cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e, decidendo nel merito, dichiara non dovute le sanzioni;
– compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.