CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 febbraio 2020, n. 4070
Tributi – Agevolazioni per l’acquisto “prima casa” – Revoca per caratteristiche di lusso dell’immobile – Motivazione dell’atto mediante rinvio a “controlli effettuati dall’ufficio” – Motivazione lacunosa e carente – Nullità dell’atto
Fatti di causa
1. Con sentenza depositata il 15 gennaio 2015 n. 72/08/2015, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale di Bologna rigettava l’appello proposto dai contribuenti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Rimini il 22 ottobre 2010 n. 237/2/2010, con condanna dei soccombenti alla rifusione delle spese di lite. Il giudice di appello rilevava che: a) il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di due avvisi di liquidazione con i quali l’amministrazione aveva revocato, dapprima, l’agevolazione per l’acquisto della prima casa in ragione del carattere “di lusso” (ex artt. 5 e 6 del D.M. 2 agosto 1969) dell’immobile acquistato a titolo di permuta e, poi, le agevolazioni per la concessione del mutuo collegato all’acquisto della prima casa, con l’applicazione delle aliquote ordinarie in luogo delle aliquote ridotte e l’irrogazione delle conseguenti sanzioni; b) la Commissione Tributaria Provinciale aveva rigettato il ricorso del contribuente sul rilievo che l’immobile acquistato, per superficie e volume, non era meritevole dei benefici fiscali. Dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento, la Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione di primo grado, ritenendo legittimo l’operato dell’amministrazione che aveva revocato i benefici fiscali, dopo aver evidenziato che i contribuenti erano perfettamente consapevoli dei requisiti dell’immobile acquistato anche sulla scorta di una perizia redatta dall’Agenzia del Territorio.
2. Avverso la sentenza di appello, il contribuente proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 15 luglio 2015 ed affidato ad un unico motivo; l’amministrazione si costituiva tardivamente per la sola partecipazione all’udienza di discussione.
Ragioni della decisione
1. Con un unico motivo, i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 3 della Legge 7 agosto 1990 n. 241 e 7 della Legge 27 luglio 2000 n. 212, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., per carenza di motivazione degli avvisi di liquidazione (e, di riflesso, della sentenza impugnata), assumendo l’assoluta inintelligibilità dei criteri adoperati dall’amministrazione per valutare la sussistenza dei requisiti previsti per gli immobili “di lusso” dagli artt. 5 e 6 del D.M. 2 agosto 1969.
2. Anzitutto, è il caso di rilevare che è ammissibile il ricorso per cassazione, il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., purché lo stesso evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (ex plurimis: Cass., Sez. 2^, 23 aprile 2013, n. 9793; Cass., Sez. Un., 6 maggio 2015, n. 9100; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2018, n. 8915; Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2018, n. 24493; Cass., Sez. 2^, 23 ottobre 2018, n. 26790).
Difatti, il cumulo in un unico motivo delle censure di cui all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. è consentito in presenza di una diversificata e separata prospettazione delle doglianze attinenti, rispettivamente, al corretto esercizio della potestà decisionale ed all’appropriata ricostruzione del fatto controverso.
2.1 Per la verità, nella specie, un’attenta analisi delle ragioni addotte a fondamento del ricorso per cassazione evidenzia l’univoca riferibilità delle doglianze alla motivazione intesa come requisito formale degli atti impositivi, censurandosene la difformità dalla fattispecie normativa di cui all’art. 7 della Legge 27 luglio 2000 n. 212. Per cui, il richiamo (nell’intitolazione del motivo) all’art. 360, comma, 1, n. 5, cod. proc. civ. (sotto il profilo di una “conseguente insanabile difetto di motivazione della pronuncia gravata”) si rivela del tutto superfluo ed ultroneo.
2.2 Ciò posto, il motivo di ricorso (con esclusivo riguardo all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) è fondato.
2.3 Occorre preliminarmente rilevare che la verifica in ordine all’esistenza e all’adeguatezza della motivazione di un atto impositivo deve essere condotta secondo la disciplina specificamente dettata in vista del contenuto di quell’atto ed in rapporto alle relative caratteristiche e peculiarità.
Nella specie, risulta essere stato impugnato un avviso di liquidazione di imposta e irrogazione di sanzioni, con il quale l’Agenzia delle Entrate ha contestato a B.F.E. la decadenza e la revoca delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, previste dall’art. 1 della tariffa (parte 1^) allegata dal D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, sulla permuta avente ad oggetto un immobile con caratteristiche di lusso. Nel caso in esame, l’avviso di liquidazione, il cui contenuto è stato trascritto in ricorso, con ciò assolvendosi all’onere di autosufficienza, reca nel testo: <<da controlli d’ufficio effettuati risulta la decadenza dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa in quanto l’immobile oggetto di permuta (…) risulta possedere i requisiti di lusso in base ai criteri posti dagli artt. 5 e 6 del D.M. 02/08/1969>>.
Come è noto, l’art. 7 della Legge 27 luglio 2000 n. 212 prescrive espressamente che negli atti dell’amministrazione devono essere indicati <<I presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione>>. Ne consegue che la qualificazione di un immobile come “di lusso”, da cui scaturisce la perdita delle agevolazioni fiscali, impone la motivazione dell’atto con cui l’amministrazione provvede in termini che esplicitano in maniera intellegibile le specifiche giustificazioni. La conoscenza di tali presupposti deve poter consentire al destinatario di valutare l’opportunità di impugnare l’atto impositivo e, in tal caso, di specificare, come è richiesto dall’art. 18 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, i motivi di doglianza. Il contribuente deve avere contezza delle ragioni dell’amministrazione e, quindi, essere messo in grado di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento, e, in caso di ricorso, di approntare le proprie difese con piena consapevolezza, nonché per impedire all’amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate. Pertanto, l’amministrazione non può produrre successivamente nuovi documenti ad integrazione della motivazione, in quanto ciò si risolverebbe nell’arbitrario allungamento dei termini dell’accertamento, oltre ad essere in contrasto con i principi enunciati. Ed invero, la motivazione dell’atto impositivo mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nella successiva fase contenziosa ed, altresì, consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. E’, pertanto, necessario a tal fine che l’atto stesso contenga gli elementi essenziali, comprensivi dell’allegazione dei documenti richiamati in motivazione (nella specie gli atti relativi ai controlli effettuati dall’Ufficio e la documentazione eventualmente allegata), se non già noti al contribuente, per renderlo idoneo a svolgere la funzione a cui è destinato (in termini specifici: Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2017, n. 11623).
2.2 Nella motivazione della sentenza impugnata si deduce, per un verso, che <<I contribuenti (…) fin dall’atto della stipula di compravendita [recte: permuta] e mutuo erano a perfetta conoscenza del problema avendo inteso profittare dei benefici fiscali concessi dalla legge e non potevano non conoscere quali reali requisiti l’immobile acquistato avrebbe dovuto avere>> e, per un altro verso, che, «in più, l’Ufficio, quando ha successivamente ritenuto di contestare l’intervenuta decadenza dai benefici inizialmente ottenuti ha allegato una perizia dell’Agenzia del Territorio, consultando la quale [i ricorrenti] ben potevano avere notizia delle ragioni della contestazione>>.
Ancora, il giudice del gravame evidenzia che, <<trattandosi di avviso di liquidazione emesso a seguito della supposta, intervenuta decadenza da benefici fiscali, la motivazione del medesimo non avrebbe potuto essere particolarmente analitica visto che, per le ragioni espresse in precedenza, i contribuenti non potevano non essere a conoscenza delle ragioni della contestazione e che, per converso, il fondamento “tecnico” della decadenza – la perizia dell’Agenzia del Territorio – era stato posto nella possibilità di conoscenza dei contribuenti stessi>>.
2.3 E’, dunque, palese che l’amministrazione ha tentato di integrare ex post, colmandone la lacunosità, l’apparente (e carente) motivazione dell’avviso di liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale (attraverso il rinvio ad imprecisati “controlli”, dei quali non si fornisce alcuna descrizione e contezza nel corpo dell’atto impositivo) mediante la produzione di una perizia tecnica nel giudizio tributario di prime cure, dalla quale soltanto è stato possibile desumere le informazioni relative alle caratteristiche, all’ubicazione, alle dimensioni ed alla consistenza dell’immobile acquistato. E proprio su tali elementi probatori è stato espressamente fondato il rigetto dei ricorsi proposti dai contribuenti dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale.
2.4 Tuttavia, siffatta operazione non può essere ritenuta idonea all’integrazione del contenuto motivazionale dell’atto impositivo, atteso che non è consentito all’amministrazione di sopperire con integrazioni in sede processuale alle lacune dell’avviso di liquidazione per difetto di motivazione (ex plurimis: Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2018, n. 2382; Cass., Sez. 6^, 21 maggio 2018, n. 12400; Cass., Sez, 5^, 12 ottobre 2018, n. 25450; Cass., Sez. 5^, 24 maggio 2019, n. 14185).
Dunque, la “sanatoria” giudiziale non solleva dal difetto di motivazione degli atti impugnati, in quanto anche in questo caso sarebbe stato necessario specificare puntualmente nell’avviso di liquidazione dell’imposta gli estremi degli atti, oltre che la specifica denominazione, provvedendo eventualmente alla trascrizione del contenuto degli stessi per chiarezza espositiva sotto il profilo motivazionale (ex plurimis: Cass., Sez. 5^, 29 novembre 2016, n. 24220; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2017, n. 11623).
2.5 In conclusione, ne discende la nullità per difetto di motivazione dell’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni per le imposte di registro, ipotecaria e catastale (in ordine alla permuta), con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva revocato le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, dal momento che la motivazione dell’atto faceva testuale riferimento a “controlli d’ufficio effettuati”, le cui risultanze non erano state allegate, né erano precedentemente note ai contribuenti, né erano state riprodotte nell’avviso stesso.
Ed analogo vizio è riscontrabile anche con riguardo all’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni per l’imposta sostitutiva sulle operazioni di credito a medio e lungo termine (in ordine al mutuo), sul quale si riverbera di riflesso (in via mediata e derivata) la già censurata carenza di motivazione.
4. Dunque, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 1, ultima parte, cod. proc. civ., con pronuncia di accoglimento degli originari ricorsi dei contribuenti (la cui riunione era stata disposta nel giudizio tributario di prime cure).
5. Possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio del merito, tenuto conto dell’andamento del medesimo e della progressiva evoluzione della giurisprudenza di questa Corte sulle questioni trattate, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi introduttivi dei contribuenti; compensa le spese dei giudizi di merito; condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 7.000,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.
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