Cartella di pagamento – Contributi di bonifica – Terreni – Assenza di beneficio diretto e indiretto delle opere di bonifica – Non dovuti
Svolgimento del giudizio
Il Consorzio di Bonifica Val di Chiana Romana e Val di Paglia propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 209 del 12 dicembre 2012 con la quale la Commissione tributaria regionale della Toscana, in riforma della prima decisione, ha dichiarato in parte illegittima la cartella di pagamento notificata al consorziato U.C. per contributi di bonifica 2006.
In particolare, la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che i contributi fossero dal C. dovuti unicamente per l’unità abitativa di sua proprietà, sita in località Ciconia di Orvieto; mentre non erano dovuti per i terreni, posto che il Consorzio non li aveva esattamente localizzati, né aveva fornito la prova di un loro beneficio diretto o indiretto in conseguenza delle opere di bonifica.
Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dal C..
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360, 1^ co. n. 5) cpc – insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi per il giudizio, implicante il mancato esame di punti decisivi; per avere la commissione tributaria regionale ritenuto non dovuti i contributi relativi ai terreni di proprietà del C., in quanto non localizzati. Contrariamente a tale affermazione, l’esatta localizzazione dei terreni in questione risultava sia dalla cartella di pagamento (recante gli estremi catastali e la superficie dei terreni, in Comune di Orvieto), sia dalla relazione tecnica prodotta dal Consorzio fin dal primo grado di giudizio. Da tale localizzazione, inoltre, risultava come tali terreni agricoli fossero ubicati in prossimità dei corsi d’acqua sui quali il Consorzio era intervenuto con opere straordinarie di sistemazione, ed opere periodiche di manutenzione.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360, 1^ co. n. 3) cpc – violazione dell’articolo 2697 codice civile; atteso che, essendo pacifica l’inclusione dei terreni del C. nel perimetro di contribuenza delimitato dall’ente ed approvato dalla Regione sulla base del relativo piano di classifica ex art. 19 LR Umbria 30/04 (Delib. n. 28 del 20 giugno 2003), era onere del consorziato contestare specificamente la legittimità del provvedimento di inclusione. Ovvero dare la prova della insussistenza, in concreto, di opere consortili comportanti un vantaggio (altrimenti presunto) per gli immobili inclusi (SSUU 968/98); evenienze che non si erano, nella specie, verificate.
Con il terzo motivo di ricorso il Consorzio lamenta – ex art. 360 1^ co. n. 4 cpc – violazione dell’articolo 112 c.p.c., per non avere la commissione tributaria regionale pronunciato alcunché sulla propria richiesta istruttoria di consulenza tecnica d’ufficio; con la quale si sarebbe appurato, fermo restando l’onere probatorio a carico del C., il beneficio specificamente arrecato ai terreni in conseguenza delle opere di bonifica.
2.1 Sono fondati, con effetto assorbente della terza censura, i primi due motivi di ricorso.
La commissione tributaria regionale ha ritenuto che i contributi consortili sui terreni di proprietà del C. non fossero dovuti, non essendo “possibile conoscere in quale porzione del territorio comunale siano tali terreni (…)”.
Questa affermazione non poteva fondare il decisum di non debenza.
In primo luogo, essa si pone in frontale ed insanabile contrasto con quanto dalla stessa commissione tributaria regionale poco prima osservato, e cioè che: – erano agli atti di causa “una nota tecnica riguardante specificamente il ricorso del C. ed una “perizia tecnica” disposta in altro giudizio dal tribunale di Montepulciano, attestanti sia la realizzazione in loco di opere di bonifica finalizzate ad impedire la tracimazione di corsi d’acqua e l’invasione delle strade in Comune di Orvieto, sia la collocazione “delle nuove arginature per il contenimento dei livelli di piena”, non soltanto a poche centinaia di metri dall’immobile abitativo’ del C. (in ordine al quale i contributi sono stati ritenuti dovuti), ma anche dei suoi ‘terreni agricoli’, “che sono ubicati in prossimità di corsi d’acqua”; – dalla cartella esattoriale risultava che la proprietà del C. era situata nel Comune di Orvieto per quanto concerneva non soltanto l’unità abitativa, ma anche i terreni agricoli “rappresentati nel foglio 180 del Comune di Orvieto della superficie complessiva di poco più di 6 ettari”.
Da tali risultanze emergeva, al contrario, come ad essere sufficientemente identificati ai fini di causa, anche nella loro ubicazione, fossero non soltanto l’immobile abitativo, ma anche i terreni agricoli.
In secondo luogo, la commissione tributaria regionale non ha considerato – ed in ciò si riscontra il vizio di omesso esame denunciabile alla luce della nuova formulazione dell’art. 360, 1^ co. n. 5) cpc, qui applicabile ratione temporis (nell’interpretazione datane da Cass. Sez. U., n. 8053 del 07/04/2014) – che il dato decisivo di causa era un altro (non esaminato); e cioè l’effettivo inserimento dei terreni, così identificati, all’interno del perimetro di contribuenza.
Circostanza, quest’ultima, che il C. non aveva mai contestato, limitandosi ad opporre la cartella di pagamento sostenendo l’inesistenza di beneficio diretto derivante dalle opere di bonifica ed il criterio di quantificazione del contributo; non anche l’ubicazione dei suoi terreni all’interno di tale perimetro. Senonché, assunto come dato pacifico di causa l’inserimento dei terreni nell’area di contribuzione, doveva la commissione tributaria regionale fare applicazione di una diversa regola di diritto; il che comprova la sussistenza anche del vizio di applicazione normativa denunciato con la seconda censura.
2.2. La commissione tributaria regionale, in particolare, non ha tenuto conto del fatto che l’attività di bonifica idraulica dei territori in oggetto (comprensiva anche della manutenzione e dello sviluppo delle opere infrastrutturali di mantenimento) muoveva – ai sensi della LR Umbria n.30/04 – dalla previa approvazione da parte della Giunta Regionale di un ‘piano di classifica’, individuante i benefici derivanti agli immobili dei consorziati, con l’elaborazione dei relativi indici di quantificazione. La ripartizione dei contributi tra i vari consorziati è poi fatta oggetto dell’approvazione di un ‘piano di riparto’ che tiene conto della concreta incidenza delle opere di bonifica in ciascuno dei sub-comprensori nei quali è suddiviso l’intero territorio affidato al Consorzio; ed al cui interno si collocano gli immobili dei singoli consorziati, i quali vengono autonomamente in rilievo sulla base delle caratteristiche fondamentali di ciascuno (ubicazione; superficie; destinazione ecc…).
Orbene, su tale premessa, va qui richiamato quanto già stabilito da questa corte di legittimità, secondo cui: – l’adozione di tali strumenti, segnatamente del piano di classifica, ingenera una presunzione di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal Consorzio per i fondi ricompresi nell’area di intervento; – qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve essere provata ad onere del Consorzio che la deduca, secondo la regola generale di cui all’articolo 2697 cod.civ.; – qualora, invece, non vi sia stata impugnativa del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato.
Già le SSUU hanno avuto modo di affermare, in particolare, che: “quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione dì uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell’ “an” del contributo, determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio” (SSUU n. 11722 del 14/05/2010).
Tale principio si pone nel solco di SSUU n. 26009 del 30/10/2008, secondo cui: “in tema di contributi consortili, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi medesimi sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente che voglia disconoscere il debito contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando sul Consorzio, in difetto di specifica contestazione. Resta ovviamente ferma la possibilità da parte del giudice tributario di avvalersi dei poteri ufficiosi previsti dall’art. 7, d.lgs. n. 546 del 1992, ove ritenga necessaria una particolare indagine riguardo alle modalità con le quali il Consorzio stesso è in concreto pervenuto alla liquidazione del contributo”.
Cass. 17066/10 ha altresì osservato che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica – l’insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato. Con la conseguenza che – soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico del contribuente – spetterà al giudice tributario di disapplicare, ex art. 7, 5^ co., d.lgs. 546/92, il piano di classifica medesimo, in quanto illegittimo.
Questo principio è poi stato ribadito da Cass. n. 20681/14 e da Cass. n. 21176/14, secondo cui: “in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del Consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del Consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente”.
Orbene, la decisione qui impugnata confligge con i principi così affermati, poiché la commissione tributaria regionale ha deciso la lite ponendo l’onere probatorio in questione a carico del Consorzio; nonostante che la parte contribuente non avesse, né principalmente né incidentalmente, proposto specifica impugnativa o contestazione del piano di classifica in quanto tale. Essendosi infatti essa limitata ad affermare che, nonostante l’inclusione del proprio fondo nel sub-comprensorio costituente il perimetro di contribuenza, nessun vantaggio era di fatto alla sua proprietà derivato dall’esecuzione delle opere di bonifica.
Come si è detto, in tale situazione era invece onere della stessa parte contribuente superare la presunzione di miglioramento e vantaggiosità di per sé scaturente, per i fondi ricompresi nel sub-comprensorio di bonifica e contribuzione, dal piano di classifica che essa non aveva specificamente contestato in quanto tale; non nello stesso giudizio tributario, e nemmeno nella competente sede amministrativa.
Stante il riscontrato vizio motivazionale e di violazione normativa sul riparto dell’onere probatorio, segue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Toscana.
Quest’ultima – in applicazione del suddetto principio di diritto – riconsidererà la fattispecie nella corretta distribuzione dell’onere probatorio tra le parti; il cui apporto dimostrativo dovrà essere dalla commissione territoriale vagliato, per regola generale ex artt. 115 e 116 cod.proc.civ., nella valutazione complessiva del quadro istruttorio e, pertanto, anche delle prove contrarie offerte (senza, con ciò, accollarsi un onere non spettantegli) dal Consorzio di bonifica. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione.