CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 22176 depositata il 24 luglio 2023

Tributi – Avviso di pagamento – Consorzio di bonifica – Contributo irriguo – Beneficio fondiario diretto e immediato – Approvazione piano di classifica – Avviso carente di  motivazione – Motivazione per relationem – Preventivo onere di denuncia – Accoglimento

Rilevato che

1. Il Consorzio di (Omissis) ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la CTR della Campania, in causa su avviso di pagamento emesso da esso ricorrente nei confronti del consorziato C.L. in relazione ai contributi per disponibilità irrigua per gli anni 2014 e 2015, ha affermato che era onere del Consorzio provare che il terreno del consorziato avesse tratto beneficio dalle opere del consorzio, che l’avviso era carente di motivazione in quanto non indicava la coltura praticata sul fondo del contribuente, che era inammissibile “ai sensi dell’art. 57, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto (prospettante una) eccezione che non ha formato oggetto di domanda nel giudizio di prime cure”, il motivo di appello proposto dal Consorzio per far valere che la CTP infondatamente aveva ritenuto necessario che nella motivazione dell’avviso fosse indicato il tipo di coltura praticato sul fondo del consorziato.

2. C.L. è rimasto intimato.

Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso viene lamentata la violazione degli artt. 2697 c.c., 860 c.c., 10 e 11 R.D. 215 del 1933 per avere la Commissione tributaria regionale posto a carico della Consorzio l’onere di provare l’esistenza di utilità per il fondo del consorziato, laddove invece, essendo incontroversa la pubblicazione del piano di classifica e la non contestazione del piano da parte del consorziato, detto onere era affatto inesistente.

2. Il motivo è fondato.

2.1. In ordine alla ripartizione dell’onere della prova sulla esistenza del beneficio fondiario diretto e immediato che, ai sensi degli artt. 860 c.c. e 10 del R.D. n. 215 del 1933, costituisce il presupposto della debenza dei contributi consortili, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità ormai consolidatosi, il consorzio di bonifica è esonerato dalla prova del beneficio tutte le volte in cui sussista un piano di classifica, approvato dalla competente autorità, recante i criteri di riparto della contribuenza degli immobili compresi sia nel perimetro consortile sia nel comprensorio di bonifica (cfr., tra le altre, Cass., sez. 5, n. 11431 dell’8/04/2022; Sez. 5, n. 20359 del 16/07/2021; Sez. 5, n. 8079 del 23/04/2020; Sez. 5, n. 21176 del 2014; n. 4671 e 9099 del 2012; tutte nel solco delle pronunce n. 26009, 26010 e 26012 del 2008, nonché n. 11722 del 2010 rese dalle Sezioni unite di questa corte). Non è, perciò, onere del consorzio fornire la prova di avere adempiuto a quanto indicato nel piano di classifica, approvato dall’autorità regionale, dovendo intendersi presunto il vantaggio diretto ed immediato per i fondi del consorziato in ragione della pacifica comprensione degli immobili nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente, da fornirsi mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo dell’assenza di qualsivoglia beneficio diretto e specifico per i fondi di proprietà del contribuente (si vedano le già citate pronunce n. 21176 del 2014 e n. 9099 del 2012). Da tali premesse deriva che il consorziato è tenuto ad assolvere compiutamente all’onere di allegazione, formulando la contestazione in modo specifico, e che, inoltre, deve indicare specificamente e sollecitare l’esperimento dei necessari mezzi di prova (Sez. 5, n. 9100 del 2012).

Nel caso di specie essendo incontroversa l’avvenuta approvazione del piano di classifica e l’inclusione dell’immobile nel perimetro di intervento consortile, il beneficio era presunto, cosicché gravava sul consorziato l’onere di offrire la prova contraria dell’insussistenza del beneficio.

3. Con il secondo motivo di ricorso viene lamentata la violazione degli artt. 21 e 24 del regolamento del Consorzio nonché degli artt. 3, comma 6, e 8 del regolamento regionale del 22 maggio 2017, n. 1 e dell’art. 7 della l. 212/2000 per avere la CTR erroneamente ritenuto che nella motivazione dell’avviso avrebbe dovuto essere indicata la coltura praticata sul fondo del contribuente essendo la quantificazione del contributo (per disponibilità di risorse idriche) correlata al tipo di coltura.

4. Con il terzo motivo di ricorso viene lamentata la violazione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 per avere la CTR dichiarato inammissibile il motivo di appello con cui il Consorzio aveva censurato la decisione di primo grado per avere la CTP ritenuto necessario che la motivazione dell’avviso contenesse l’indicazione della coltura praticata sul fondo.

5. I due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente in quanto interconnessi, sono fondati.

5.1. La questione del contenuto della motivazione dell’avviso apparteneva all’oggetto del giudizio, essendo stata eccepita dal consorziato la carenza di motivazione come uno dei motivi dell’originario ricorso. Inoltre (come emerge dalla trascrizione della sentenza di primo grado a pagina 9 del ricorso per cassazione), la CTP aveva affermato specificamente che la motivazione presentava “un chiaro difetto” in quanto non vi era indicata la coltura praticata sul fondo del contribuente.

Ciò posto, ha errato la CTR ad affermare il motivo relativo alla carenza motivazionale dell’avviso – perché priva dell’indicazione della coltura praticata sul fondo – era inammissibile siccome prospettante una questione nuova. Per di più, contraddittoriamente, la CTR ha anche affrontato la ridetta questione affermando, con la CTP, la necessità che nell’avviso fosse precisato il tipo di coltura data la correlazione dell’ammontare del contributo al tipo di coltura. Tale affermazione contrasta con contenuto, trascritto alle pagine 9 e 10 del ricorso per cassazione, dell’art. 8 del regolamento del Consorzio secondo cui il contributo per il prelevamento di acqua da parte del consorziato che non abbia dichiarato entro il 30 novembre dell’anno di riferimento il tipo di coltura praticato, è individuato in quello dovuto per la seconda delle tre fasce contributive previste dall’art. 21 del medesimo regolamento ossia “la fascia di consumo con maggiore idroesigenza”.

Data la pubblicità legale, in concreto indiscussa, del regolamento per la gestione e la conservazione degli impianti irrigui consortili, al quale l’avviso faceva riferimento, data la previsione regolamentare sopra citata, emerge l’errore in cui è incorsa la CTR laddove ha ritenuto che nella motivazione dell’avviso avrebbe dovuto essere precisato il tipo di coltivazione “secondo la quale era stato determinato il contributo”: la motivazione dell’atto impositivo, secondo la disciplina generale di cui all’art. 7 della l. 212 del 2000, deve contenere i dati necessari a consentire al contribuente di comprendere le ragioni della pretesa rivoltagli e può essere anche una motivazione per relationem; ad altro atto; questo atto, ove soggetto a pubblicità legale, si presume conoscibili cosicché non vi è necessità che sia riprodotto nell’atto richiamante o che sia allegato all’atto richiamante; nessun deficit motivazionale era in concreto ravvisabile nell’avviso in questione.

Va aggiunto, sotto il profilo della motivazione come effettiva sussistenza dei presupposti della pretesa impositiva, che, in linea generale, il consorziato a cui sia richiesto un contributo per disponibilità irrigua in relazione ad una data tipologia di coltivazione, può negare in assoluto la sussistenza del beneficio, a tal fine essendo gravato dagli oneri di allegazione e di indicazione e sollecitazione dei necessari mezzi connessi alla presunzione contraria derivante dall’avvenuta approvazione del piano di classifica e dall’inclusione dell’immobile nel perimetro di intervento consortile (v. sopra punto 2.1.).

Pertanto, il consorziato può contestare la misura del contributo – sempre che detta contestazione non si riduca ad una obiezione su eventuale errore di calcolo – purché si sostanzi nell’allegazione della pratica di una tipologia colturale diversa da quella presuntivamente indicata nell’area dal regolamento e caratterizzata da una minore idro-esigenza rispetto a quella individuata nell’atto impositivo.

Ove sussista un preventivo onere di denuncia – imposto, nella specie, dall’art. 8 del regolamento consortile – con la quale il consorziato è tenuto a dichiarare, ogni anno entro una certa data, il tipo di coltura in concreto praticato, l’omesso assolvimento di detto onere impedisce al consorziato di superare, in giudizio, la presunzione delle esigenze idriche indicata dall’ente impositore, a maggior ragione se si intenda superare la presunzione legale attraverso generiche allegazioni non corroborate da alcuna documentazione.

È allora necessario che si accerti se effettivamente la parte contribuente abbia dichiarato nella denuncia originaria o in quella di variazione l’effettiva coltura praticata e che questa sia debitamente riscontrata in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione; con la precisazione che la mancanza del primo di questi requisiti e cioè la denuncia o la variazione non è emendabile in giudizio.

Il consorziato non può negare il tipo di coltura presuntivamente praticata nell’area in cui è ubicato il suo fondo, se non allegando e dando prova di avere presentato la dichiarazione con indicazione di un tipo colturale diverso e di minore idro-esigenza.

Ciò posto, nel caso di specie, per quanto emerge dalla sentenza e dal ricorso per cassazione, l’odierno intimato non ha mai adempiuto agli oneri di allegazione suddetti essendosi limitato ad una contestazione sul contenuto della motivazione dell’atto, intesa come motivazione-discorso.

5. In conclusione tutti i motivi di ricorso devono essere accolti. La sentenza impugnata deve essere cassata. Non vi sono accertamenti in fatto da svolgere e pertanto la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario.

6. Le spese del merito sono compensate in ragione dell’evolversi della situazione processuale.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide nel merito con il rigetto del ricorso originario; compensa le spese del merito; condanna C.L. a rifondere al Consorzio di (Omissis) le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.