Corte di Cassazione sentenza n. 11471 depositata l’ 8 aprile 2022

consorzio di bonifica – contributi di bonifica – giudicato esterno – motivazione apparente

FATTI DELLA CAUSA 

Azienda Agricola Penna in Teverina di Del Gallo  Roccagiovine Laetitia s.a.s. propone ricorso, affidato a tre motivi,  illustrati  con memoria, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria aveva respinto l’appello avverso la sentenza n.  86/2015,  pronunciata  dalla Commissione Tributaria Provinciale di Terni, di rigetto del  ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di pagamento emesso dal Consorzio di Bonifica Tevere Nera aventi ad  oggetto  i  contributi consortili per l’anno 2012.

Il Consorzio resiste con controricorso.

CONSIDERATO  CHE 

1. Col primo motivo denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 3, quarto comma, 7, quarto comma, 10, 11 e seg. del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, degli artt. 860 e 2967 cod. civ., degli artt. 7, 9, 10 19 e 20 della l. regionale 2004, n. 30, in relazione agli artt. 3, 23, 44 e 117 della La ricorrente deduce la superficialità dello scrutinio della Commissione tributaria regionale, disvelata dalle considerazioni non pertinenti rispetto all’oggetto del contendere e verosimilmente concernenti altri gravami in materia di contributi consortili ed insiste nel proporre un’interpretazione costituzionalmente orientata del novellato art. 20 della legge regionale cit. che accredita la conclusione che la imposizione dei contributi trovi sempre il proprio presupposto nel concreto beneficio fondiario arrecato al fondo gravato, altrimenti, si concretizzerebbe, in violazione dell’art. 117 della Costituzione, la illegittima istituzione di un nuovo tributo. Evidenzia, altresì, la presunzione semplice del beneficio fondiario per i terreni inclusi nel perimetro di contribuenza opera a condizione che « il Consorzio indichi una o più opere realizzate o realizzande alle quali sarà possibile ancorare il beneficio, individui il vantaggio da queste derivante e ponga i costi relativi a carico degli immobili specificamente avvantaggiati », onde mantenere la necessaria « correlazione tra il tributo e il vantaggio fondiario concreto che ne costituisce il presupposto », non essendo sufficiente ad invertire l’onere probatorio « (l)a mera ricomprensione dei beni all’interno del territorio sottoposto a contribuzione dall’Ente». Deduce la ricorrente che siffatto beneficio non può essere « meramente teorico » e che « gli ultimi due capi della sentenza impugnata, ipotizzando soltanto l’esistenza di un beneficio fondiario, risultano palesemente violativi sia delle norme vigenti in materia di bonifica sia di quelle in materia di prova ».

2. Con il secondo motivo di ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza, per apparenza della motivazione, omessa pronuncia e inosservanza degli artt. 112, 115 e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., in quanto la Commissione tributaria regionale ha omesso di pronunciare sulla « dedotta illegittimità del   criterio di assoggettamento  a tributo», essendosi limitata alla tautologica « riepilogazione delle norme e dei principi elaborati dalla giurisprudenza », trascurando di verificare « il nesso causale tra l’asserito beneficio fondiario e le opere o attività consortili», sicché la relativa questione  «è rimasta invero completamente ignorata», laddove    affatto generiche sono  le affermazioni dell’Ente relative alle« opere di presidio e manutentive», senza la individuazione del vantaggio in concreto arrecato ai fondi e senza la confutazione della eccezione della illegittimità del criterio di imposizione dei contributi all’intero comprensorio consortile, atteso che, in base alle disposizioni del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, non ogni attività consortile legittima l’imposizione dei contributi  e che  la  ratio della imposizione consiste nel vantaggio ricavato dai fondi gravati.

3. Con il terzo motivo di ricorso denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 2909 cod. civ. e all’art. 115 cod. civ., considerato che la Commissione tributaria regionale è incorsa nella inosservanza del giudicato esterno, pacifico e incontestato, costituito dalla sentenza n. 99/05/2007 resa inter partes dalla   stessa   Commissione,   la  quale,  in  esito  all’espletamento  di consulenza tecnica di ufficio, aveva accertato la insussistenza  dei benefici per i fondi litigiosi e dichiarato illegittima la imposizione dei contributi, seppure riferita ad annualità  precedenti  a  quelle  in questione,  non  avendo  allegato  l’Ente  impositore,  rispetto  al ridetto giudicato, « alcun mutamento dello stato dei luoghi successivo alla suddetta pronuncia».

RAGIONI DELLA DECISIONE 

4. Le doglianze, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, sono infondate per le ragioni di seguito

5. Costituisce principio consolidato, dal quale non v’è ragione di consolidarsi, che < <in tema di contributi di bonifica, ove i fondi siano compresi nel perimetro consortile, in difetto di specifica  contestazione del piano di classifica e ripartizione da  parte del  contribuente,  grava sullo stesso l’onere di superare, mediante prova  contraria,  la presunzione del beneficio diretto e specifico derivante dalle opere realizzate  dal  consorzio>>  (cfr. Cass.    9511/2018,  n.  24356/2018, n. 23220/2014).

6. Già le UU. della Corte, infatti, hanno avuto modo di affermare che < <quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione del contributo, determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio>> (Cass. SS.UU. n. 11722/2010).

7. Il principio si pone nel solco tracciato dalla sentenza 26009/2008 delle SS.UU. della Corte secondo cui <<in  tema  di contributi consortili, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi medesimi sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente che voglia disconoscere il debito contestare specificamente la legittimità  del  provvedimento  ovvero  il  suo contenuto, nessun  ulteriore  onere probatorio  gravando  sul Consorzio, in difetto di specifica contestazione. Resta ovviamente ferma  la possibilità da parte del giudice tributario di avvalersi dei poteri ufficiosi previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, ove ritenga necessaria una particolare indagine riguardo alle modalità con le quali il  Consorzio stesso è in concreto pervenuto alla liquidazione del contributo>>.

8. Come questa Corte (Cass. 17066/2010) ha altresì osservato, il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica – l’insussistenza del beneficio fondiario, sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio ha messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato con la conseguenza che, soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico del contribuente, spetterà al giudice tributario di disapplicare, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, il piano di classifica medesimo, in quanto illegittimo.

9. E’ stato ulteriormente precisato che <<in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del Consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del Consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente>> (Cass. n. 20681/2014. n.  21176/2014  e  nello  stesso  senso  Cass.  n. 6839/2020).

10. La impugnata decisione appare conforme con i principi esposti, poiché la Commissione tributaria regionale ha affermato che con la « nuova formulazione dell’articolo  20 della  legge  30 del  2004 adottata nel 2008 il legislatore (regionale) ha fatto  uso  corretto  del  proprio potere discrezionale mostrando di voler ampliare il concetto di beneficio derivante al fondo dalle opere consortili senza stravolgere però i cardini dell’esercizio del potere impositivo  che continuano  a rimanere i principi di eguaglianza  e proporzionalità del  tributo  a  fronte  di un vantaggio non astratto che viene recato ai cittadini interessati » dalle  predette

11. Il giudice di appello, altresì, ha affermato, sulla scorta della documentazione versata in atti, che non vi è alcun dubbio in merito all’inserimento del fondo della Azienda consorziata nel perimetro di contribuenza (coincidente con il perimetro di comprensorio)  e nel piano di classifica, donde il presunto « beneficio derivante dalle opere di difesa idraulica o presidio idrogeologico per terreni, fabbricati che sono inseriti nel perimetro di contribuzione », che va considerato oggettivamente, in termini di sicurezza del territorio, aspetto quest’ultimo che prescinde dalla prospettata necessità, ai fini impositivi, di indicare partitamente le opere di presidio e manutentive, e quindi, ha deciso la lite ponendo l’onere probatorio in questione a carico della contribuente, rilevando nel contempo l’irrilevanza, ai fini qui considerati, delle contestazioni di parte basate « unicamente sulla distanza dell’immobile dal punto in cui sono state effettuate le opere e su aspetti di tipo geografico-orografico » nonché sulla possibilità che « le eccedenze della condotta fognaria comunale si riversino nei corsi d’acqua su cui il Consorzio ha eseguito e tiene in buono stato opere di presidio », data la specificità del vantaggio derivante dalla funzione di difesa idraulica.

11. Va, altresì, evidenziato che, per quanto motivatamente ritenuto dal giudice di appello, la odierna ricorrente non risulta aver proposto specifica impugnativa o contestazione dell’approvato piano di classifica in quanto tale, essendosi limitata ad affermare, in buona sostanza, che nessun vantaggio era di fatto  derivato  alla  sua  proprietà dall’esecuzione delle opere di bonifica (non già a causa della in esecuzione delle opere previste nel piano di bonifica o della loro mancata o inadeguata manutenzione) e ciò a fronte del dato pacifico costituito dall’inserimento del fondo della contribuente nel perimetro consortile, e della inadeguata contestazione del piano di classifica e di ripartizione approvato dall’autorità regionale, gravando, quindi, sulla contribuente medesima l’onere di superare la presunzione relativa di vantaggiosità specifica, mediante prova  contraria,  adempimento  che non è stato invece assolto, donde il convincimento, raggiunto dal giudicante valutando il materiale istruttorio, del mancato superamento della presunzione.

12. Le doglianze della contribuente, a ben vedere, ancorché supportate da perizia di parte muovono da una nozione di vantaggio fondiario non consentita dall’art. 20 I. r. n. 30 del 2004 (il quale precisa che il beneficio di bonifica tratto dall’immobile per interventi di bonifica sul territorio, può concernere un solo immobile o una pluralità di immobili) e dalla giurisprudenza di questa Corte che ha posto in evidenza l’erroneità della critica basata sul riferimento al “beneficio generico”, laddove, semmai, più correttamente si deve discutere di “beneficio generale”, che in quanto tale non può definirsi “generico”, bensì costituisce esso stesso un beneficio “specifico” derivante dall’opera consortile e da considerarsi oggettivamente, in termini di sicurezza del territorio, aspetto quest’ultimo che prescinde dalla prospettata necessità, ai fini impositivi, di indicare partitamente le opere di presidio e manutentive (Cass. 19414/2021 e n. 14714/2014, in motivazione, che risolve anche lo specifico problema della permanenza dell’obbligo contributivo consortile quand’anche la raccolta delle acque reflue e meteoriche avvenga per il tramite del servizio fognario comunale).

12. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una «motivazione apparente» allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché costituita da argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice; sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile.

13. In entrambi i casi, e purché il vizio risulti dal testo  della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra errar in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (tra le altre, Cass. n. 16057/2018, n. 9097/2017, n. 22232/2016, n. 16599/2016; SS. UU. n. 8053/2014).

14. Nel caso di specie, va certamente esclusa la configurabilità del suddetto vizio in quanto il giudice di appello ha compiutamente illustrato le ragioni in fatto ed in diritto per cui ha inteso confermare la decisione di primo grado e respingere i motivi di gravame.

15. L’Azienda consorziata denuncia, con l’ultimo motivo dì impugnazione, la violazione e falsa applicazione degli 2909 c. c. e 115 c.p.c., per avere la CTR disatteso la eccepita rilevanza, sul piano decisorio, di pronunce – passate in giudicato – rese in  fattispecie analoghe e, segnatamente, richiama la sentenza  n. 99/05/2007, resa inter partes dalla stessa Commissione tributaria regionale, che seppure con riferimento ad annualità pregresse, ha accertato, sulla base della espletata consulenza tecnica d’ufficio, l’insussistenza del beneficio fondiario, ed evidenzia che neppure è  stato  allegato  dall’Ente impositore alcun mutamento dello stato dei luoghi.

16. Il giudice di appello, sul punto, motiva la decisione osservando sinteticamente che si tratta di sentenze che “non risultano basate su circostanze di fatto identiche a quelle a cui si riferisce l’atto impositivo oggi impugnato”.

17. La censura va disattesa perché l’eccezione di giudicato esterno, relativamente ad un accertamento che si è formato in un processo diverso, opera solo con riferimento ai fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile e tendenzialmente permanente mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo (Cass. 25516/2019).

18. In definitiva, ogni tributo periodico è costituito da elementi stabili e da elementi variabili, ma solo con riferimento agli elementi stabili il giudicato può esprimere portata vincolante esterna (Cfr. n. 1300/2018; Cass. n. 18923/2011).

19. Nel caso di specie, gli elementi posti a base dell’eccezione di giudicato non sono definibili nel senso suddetto in quanto la preclusione deriverebbe, in buona sostanza, da sentenze relative ad annualità diverse, fondate sulla valutazione delle prove offerte in quei giudizi circa le condizioni della zona ove è collocato il terreno e le opere di bonifica realizzate e manutenute dal Consorzio, valutazione che investe non un elemento costitutivo della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente e condizionante, comune ai vari periodi di imposta (ad esempio, la qualificazione giuridica di un rapporto), ma piuttosto circostanze risultanti dal materiale probatorio raccolto in un determinato giudizio, delle quali appare difficile sostenere l’immutabilità, che la invocata decisione utilizza per risolvere una situazione fattuale in uno specifico periodo d’imposta (Cass. 22941/2013, n. 1837/2014).

20. La sentenza passata in giudicato, a ben vedere, viene invocata dalla ricorrente al fine di dimostrare la effettiva sussistenza di circostanze fattuali frutto di un accertamento giudiziale antecedente e ausiliato dall’attività di un esperto, appartenente allo stretto merito probatorio, non già per la sua valenza di regola di diritto cui conformarsi.

21. In ogni caso, il giudicato tributario non può operare in relazione alla valutazione delle prove addotte in giudizi relativi a diverse annualità, non potendosi precludere ad ogni giudice tributario il potere di esaminare autonomamente e discrezionalmente le prove offerte nella specifica controversia sottoposta al suo da quello a conclusione del quale è stata pronunciata la sentenza (Cass. n. 15159/2020).

22. Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto, con ogni conseguenza anche in ordine alle spese di giudizio che seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M. 

La Corte rigetta il ricorso e condanna  la ricorrente  al pagamento delle spese del giudizio che liquida  in euro    500,00, oltre euro 200,00 per esborsi e rimborso spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art.13, comma  1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.