CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 gennaio 2018, n. 216
Transazione per il prepensionamento – Incentivo all’esodo – Risarcimento del danno patrimoniale – Comportamento negligente della società – Benefici contributivi connessi all’esposizione all’amianto – Omessa informazione, al momento della cessione del rapporto, della sussistenza dei requisiti
Fatti di causa
1. Con tre separate sentenze del 13.2.2009 il Tribunale di Ascoli Piceno ha accolto, per quanto di ragione, le domande proposte da B.G., C.A. e P.F., dipendenti della S.C. spa e beneficiari di un incentivo all’esodo in virtù della stipulazione di contratti di transazione per il prepensionamento, volte ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale a causa di un comportamento negligente della società che aveva omesso di informarli, al momento della cessione del rapporto, della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dei benefici contributivi connessi all’esposizione all’amianto e pari alla differenza tra quanto percepito a titolo di indennità di mobilità e quanto avrebbero percepito a titolo di pensione di anzianità in caso di fruizione dei menzionati contributi figurativi.
2. La Corte di appello di Ancona, riuniti i separati gravami proposti dalla S.C. spa, ha confermato le suddette pronunce.
3. A fondamento della decisione i giudici di secondo grado hanno rilevato che: 1) la società era responsabile contrattualmente sia per non avere adottato misure idonee ad evitare il fenomeno dell’inquinamento da amianto, pur avendo avuto consapevolezza del relativo rischio da contaminazione, sia per avere omesso di informare i dipendenti, che si apprestavano all’esodo, della possibilità di fruire del cd. “beneficio amianto”; 2) in considerazione di tale responsabilità, si giustificavano le condanne giustamente pronunciate in prime cure.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la S.C. spa affidato a 3 motivi, illustrati con memoria.
5. Hanno resistito con controricorso G.B., A.C. e F.P..
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la società censura la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cpc, nonché dell’art. 2697 cc, in connessione con l’art. 2087 cc (art. 360 primo comma n. 3 cpc) per avere la impugnata sentenza erroneamente ritenuto sussistente la responsabilità contrattuale senza esaminare minimamente i fatti dedotti a prova dalle parti o, quanto meno, senza valutarli secondo il prudente apprezzamento richiesto dalla legge, con la conseguenza che la decisione assunta risultava priva di qualsivoglia supporto probatorio.
2. Con il secondo motivo si lamenta l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 primo comma n. 5 cpc) per non avere la gravata pronuncia motivato sull’erroneo convincimento della responsabilità della società pur risultando che quest’ultima era venuta a conoscenza, per la prima volta, dell’avvenuto superamento delle soglie di esposizione all’amianto soltanto nel 2003, in occasione di un accertamento INAIL e, quindi, non era in grado di informare i lavoratori, al momento della cessazione dei rapporti, della possibilità di fruire dei benefici contributivi connessi all’amianto; inoltre si deduce che sistematicamente erano state controllate e monitorate le condizioni dell’ambiente di lavoro dei propri stabilimenti da cui non era mai risultato il superamento della soglia legale di esposizione all’amianto.
3. Con il terzo motivo la società si duole della nullità della sentenza o del procedimento, in connessione con l’art. 112 cpc (art. 360 primo comma n. 4 cpc) per non essersi la Corte territoriale pronunciata in merito alla domanda formulata in via subordinata dalla società che aveva chiesto – in caso di ritenuta sussistenza di responsabilità omissiva – la riforma della sentenza di 1° grado nella parte in cui era stato quantificato lo spettante danno patrimoniale perché avrebbe dovuto essere detratto, dall’importo che i lavoratori avevano percepito a titolo di pensione, l’intera somma corrisposta a titolo di incentivo all’esodo e non già una minore somma.
4. Il primo motivo è inammissibile.
5. In primo luogo, infatti, in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cpc non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960): ipotesi, queste, non denunziate nel caso in esame.
6. In secondo luogo, osserva il Collegio che l’articolazione della censura, come formulata, si risolve, in sostanza, nella richiesta di riesame dell’accertamento operato dalla Corte territoriale in fatto, che non è deferibile al giudice di legittimità cui spetta solo la facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica e formale delle argomentazioni del giudice di merito, non equivalendo il sindacato di logicità del giudizio di fatto a revisione del ragionamento decisorio (Cass. 16.12.2011 n. 27197; Cass. 19.3.2009 n. 6694).
7. Il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
8. Con riguardo al primo profilo, va evidenziato che la società, oltre a non avere riportato nel ricorso il testo del dedotto accertamento dell’INAIL del 2003 o quantomeno i tratti essenziali di esso, non ha specificato neanche se, come e in che termini, in appello la questione suddetta sia stata riproposta: ciò in violazione del principio di autosufficienza.
9. Relativamente al secondo aspetto, invece, deve rilevarsi che l’asserito accertamento dell’INAIL, avvenuto solo nel 2003, successivamente cioè alle date in cui i dipendenti furono collocati in mobilità (B. e C. nel 1999 mentre il P. nel 2001) non si pone quale causa di esclusione del nesso di causalità circa la ritenuta responsabilità della società ravvisata, nella ricostruzione logica della Corte territoriale, sia nella impossibilità, per una azienda delle dimensioni della S.C. spa, di non avere avuto comunque consapevolezza del rischio da contaminazione di amianto e di non avere attivato sistemi di controllo, sia per avere omesso di informare i dipendenti che si apprestavano all’esodo, della possibilità di fruire del cd. “beneficio amianto”.
10. Il fatto, pertanto, che solo nel 2003 sia stata accertata, per i tre dipendenti, una esposizione qualificata ad amianto in misura superiore a 0,1 ff/cc, non può incidere sul ritenuto obbligo di avvisare, comunque, i dipendenti medesimi della situazione che li avrebbe potuto vedere interessati a proporre domanda per i connessi benefici contributivi.
11. Quanto, infine, ai dedotti vizi motivazionali, in particolare in ordine all’apprezzamento sulla opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, si osserva che si tratta di una valutazione del giudice di merito che, se adeguatamente motivata, sfugge al sindacato di legittimità (Cass. sent. n. 8023/2009).
12. Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha precisato con motivazione sufficiente, congrua logicamente ed immune da errori di diritto, gli elementi da cui ha tratto la conclusione della sussistenza della responsabilità, di talché la critica della società si sostanzia unicamente nell’affermazione di un convincimento diverso da quello espresso in sede di decisione.
13. Il terzo motivo è parimenti infondato.
14. Secondo il consolidato insegnamento di legittimità, costituisce vizio di omessa pronuncia l’omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda o su un’eccezione di parte o su un’istanza che richieda una statuizione di accoglimento o rigetto, tale da dare luogo all’inesistenza di una decisione sul punto per la mancanza di un provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto (Cass. 23.2.1995 n. 2085) salva l’ipotesi in cui ricorrano gli estremi di una reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva ovvero di un loro assorbimento in altre declaratorie (Cass. 25.2.2005 n. 4079; Cass. 29.7.2004 n. 14486).
15. Nel caso concreto la Corte territoriale – sia pure con motivazione succinta – ha ritenuto le condanne al risarcimento statuite nella impugnata sentenza, giustamente pronunciate sicché è chiaro desumere che vi è stato un rigetto implicito delle domande proposte in via subordinata dalla società in ordine alla quantificazione del risarcimento dei danni. Altri eventuali vizi avrebbero dovuto essere formulati non già quale omessa pronuncia e dunque come violazione di una norma sul procedimento (art. 112 cpc) bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del motivo.
16. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
17. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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