CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 aprile 2017, n. 9165
Prestazioni assistenziali – Assegno di invalidità – Valore della causa ai fini delle spese del giudizio – Onorari dell’avvocato
Fatti di causa
La Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Brindisi di riconoscimento dell’assegno di invalidità ex L. 118/1971 a favore di F.R. Ha osservato, circa le censure in ordine alla liquidazione delle spese effettuata dal Tribunale, che la nota spese depositata dall’appellante davanti al Tribunale rispecchiava diritti ed onorari rapportati a cause di valore indeterminabile benché nella fattispecie il valore avrebbe potuto essere determinato.
Secondo la Corte territoriale, inoltre, la liquidazione effettuata dal primo giudice era conforme al valore della causa tenuto conto che il processo si era svolto solo in tre udienze, che non tutte le voci indicate nella nota erano effettive o dimostrate e che alcune erano successive alla pronuncia della sentenza.
Avverso la sentenza ricorre in Cassazione il R. con un motivo. L’Inps ha rilasciato delega in calce al ricorso notificato.
Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.
Ragioni della decisione
Il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 cpc, vizio di motivazione per aver la Corte ritenuto che erroneamente il ricorrente aveva applicato, nella liquidazione delle spese davanti al Tribunale, lo scaglione per le cause di valore indeterminabile, ma il giudice di merito aveva, poi, omesso di indicare quale avrebbe dovuto essere lo scaglione ritenuto applicabile. Deduce che nella specie il valore della causa doveva essere determinato ai sensi dell’art. 13, 2° comma, cpc e che dunque la nota spese depositata davanti al Tribunale in base alla quale era dovuto l’importo di Euro 1.307,00 per diritti ed Euro 1.475,00 per onorari era corretta in quanto conforme alle tariffe al cui rispetto era tenuto il giudice.
Censura altresì la sentenza nella parte in cui la Corte aveva affermato che la liquidazione effettuata dal Tribunale pari a complessive Euro 900,00 di cui Euro 400,00 per diritti era conforme alle tariffe tenuto conto che il processo si era svolto in tre udienze, che non tutte le voci indicate nella nota erano effettive o dimostrate e che alcune erano successive alla pronuncia della sentenza. Riproduce la nota spese depositata in appello e rileva che le voci riportate afferivano ad attività difensive e processuali effettivamente svolte; che il Tribunale aveva immotivatamente ridotto le spese liquidate procedendo ad una valutazione complessiva impedendo il controllo di legittimità ed in violazione dei minimi tariffari.
Il ricorso va accolto nei limiti che seguono.
Da un lato infatti la pronuncia della Corte è censurabile per aver affermato del tutto apoditticamente, discostandosi dalla nota spese depositata dalla ricorrente e riprodotta nel ricorso in cassazione, in assenza di qualsiasi motivazione, la correttezza della liquidazione effettuata dal Tribunale senza neppure indicare in base a quale scaglione avesse desunto tale correttezza.
Nella liquidazione delle spese processuali il giudice di merito è tenuto ad osservare i minimi tariffari e l’inosservanza degli stessi, senza peraltro alcuna motivazione a riguardo, si pone in contrasto con il principio della inderogabilità dei minimi edittali sancita dalla L. 13 giugno 1942, art. 24 (in tal senso, Cass. ord. 11 aprile 2014 n. 8517; v. pure sul valore della causa, Cass. 26 febbraio 2014 n. 4590).
La decisione della Corte è altresì censurabile in quanto in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi, a norma dell’art. 24 della legge n. 794 del 1942. (cfr Cass. 20604/2015).
La quantificazione delle spese processuali operata dal Tribunale e che la Corte territoriale ha ritenuto corretta risulta, pertanto, anche sotto tale profilo censurabile essendo stata effettuata una quantificazione complessiva delle spese processuali senza specificare le eventuali voci ritenute non dovute e senza neppure indicare lo scaglione ritenuto applicabile.
Deve tuttavia rilevarsi che dall’esame della redazione della nota spesa depositata in atti risulta applicato uno scaglione superiore in quanto trattandosi di prestazione assistenziale, il valore della causa ai fini delle spese del giudizio deve essere effettuato con il criterio previsto dall’art. 13, primo comma, cpc per le cause relative a prestazioni alimentari e dunque in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (cfr in tal senso SSUU n. 10454/2015).
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto nei limiti sopra precisati con conseguente cassazione della sentenza impugnata.
La causa può, tuttavia, essere decisa nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto potendosi provvedere alla rideterminazione delle spese processuali del giudizio davanti al Tribunale nei termini di cui in dispositivo ed in applicazione dello scaglione corretto da Euro 5.200,01 ad Euro 26.000,00.
Il parziale accoglimento del ricorso giustifica la condanna dell’Inps a pagare 2/3 delle spese presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito determina le spese processuali relative al giudizio davanti al Tribunale in Euro 918,00 per diritti ed euro 555,00 per onorari, oltre spese generali nella misura del 12% ed accessori legge;
– condanna l’Inps a pagare 2/3 delle spese del presente giudizio liquidate per questa parte in Euro 580,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonché Euro 50,00 per esborsi.
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