CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 aprile 2017, n. 9289
Rapporto di collaborazione autonoma coordinata e continuativa – Compensi – Competenza
Svolgimento del processo
Con sentenza del 6 novembre 2012, la Corte d’Appello di Bologna, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Bologna, nel resto confermata. riduceva nell’importo il credito recato dal decreto ingiuntivo opposto e revocato, accogliendo in questi termini la domanda proposta da F.G. nei confronti della M. & S. S.r.l. avente ad oggetto la corresponsione di compensi derivanti dal rapporto di collaborazione autonoma coordinata e continuativa svolta dal G., dapprima in nome proprio e poi in forma societaria, per l’esecuzione di indagini di mercato all’estero per la promozione della vendita di macchine per l’industria ceramica curata dalla predetta Società.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata le eccezioni di difetto di competenza del giudice del lavoro, di operatività della concordata clausola arbitrale, di difetto di legittimazione passiva del G. quale persona fisica, illegittima la condanna al pagamento della fattura n. 7/01 recante un credito non azionato in sede monitoria e della fattura n. 7/02 recante un credito estinto per avvenuto pagamento, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo emesso per una somma eccedente l’effettivo credito e rigetto dell’appello incidentale condizionato proposto dal G., non potendo questi agire per una somma ulteriore rispetto a quella azionata, non provata la domanda svolta in via riconvenzionale dalla Società.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il G., affidando l’impugnazione a tre motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso la Società.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1193 e 1967 c.c. in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, deduce a carico della Corte territoriale l’erroneità dell’imputazione del pagamento opposto dalla Società alla fattura n. 7/02, anziché alla fattura 7/01, non inclusa dal ricorrente nell’azione monitoria appunto perché ritenuta pagata.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 c.p.c. e dell’art. 645 e ss. c.p.c. nonché il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, censura la statuizione della Corte territoriale di inammissibilità dell’appello incidentale condizionato, che, al contrario, a detta del ricorrente, avrebbe dovuto ritenere ammissibile se avesse tenuto in debito conto la proposizione da parte della Società allora opponente di una domanda riconvenzionale.
Il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., dei D.M. n. 585/1994 e n. 127/2004 di approvazione delle tariffe forensi nonché del D.M. n. 140/2012 recante i parametri di liquidazione delle spese legali ed al vizio di omessa pronunzia, è volto a censurare il mancato pronunciamento della Corte territoriale in ordine all’appello incidentale proposto dal ricorrente in punto spese di lite e, comunque. la statuizione con cui la Corte territoriale in via autonoma regolava le spese anche del precedente grado di giudizio, per essere la disposta liquidazione inferiore ai minimi tariffari.
Il primo motivo deve ritenersi infondato atteso che il convincimento espresso dalla Corte territoriale per il quale l’imputazione delle somme al credito più recente, del resto risultante in modo univoco in relazione al tempo di eseguito pagamento ed agli importi versati, fosse stata in qualche modo preventivamente esplicitata dalla Società debitrice non trova nei rilievi svolti in questa sede adeguata confutazione, non riflettendo, l’accordo tra le parti cui fa riferimento il teste S., avente ad oggetto la mera sospensione del pagamento (circostanza qui non contestata), la conclusione tra le medesime di alcuna intesa transattiva insuscettibile di essere provata per testi.
Parimenti infondato, al di là dei profili di inammissibilità che si ravvisano in relazione alla mancata specificazione della causa petendi della proposta domanda riconvenzionale poi ribadita in sede di gravame in forma di appello incidentale condizionato, si rivela il secondo motivo, dovendosi condividere l’argomentazione posta dalla Corte territoriale a base della propria decisione di inammissibilità della domanda. per la quale al creditore procedente in via monitoria in sede di giudizio di opposizione al conseguito decreto ingiuntivo, stante la sua posizione di attore sostanziale. è preclusa la proposizione di domande ulteriori rispetto a quelle fatte valere con il ricorso per decreto ingiuntivo.
Il terzo motivo è invece da considerarsi inammissibile, essendo stato qui dedotto quale vizio di violazione di legge quello che semmai si configurerebbe come un error in procedendo rilevante ai sensi dell’art. 360 n. 4.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 100,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13
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