CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 febbraio 2018, n. 4600
Tributi – TIA – Delibera comunale – Determinazione della tariffa – Criteri – Modulazione tra utenze domestiche e non domestiche – Legittimità
Esposizione dei fatti di causa
1. La società T. di S.M. e C. s.a.s. impugnava l’avviso di liquidazione emesso dalla società T.M. s.r.I., per conto del Comune di Tarquinia, afferente il pagamento della TIA per gli anni 2006 e 2007 sostenendo che l’imposta non era dovuta in quanto la delibera comunale che aveva previsto la ripartizione della tariffa tra utenze domestiche e non domestiche era illogica poiché era stata adottata in violazione dell’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 numero 22 e degli articoli 2 e 3 del d.p.r. 27 aprile 1999 numero 158. La commissione tributaria provinciale di Viterbo rigettava il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale del Lazio sul rilievo che l’articolo 49 del decreto legislativo numero 22/1997 non dettava alcun criterio di riparto tra le diverse utenze, domestica e non domestica, ed il d.p.r. 158/1999, all’articolo 4, comma 2, prevedeva un’agevolazione per le utenze domestiche di talché si doveva ritenere che il Comune di Tarquinia avesse correttamente previsto l’applicazione della TIA in modo che gravasse per il 40% sulle utenze non domestiche e per il 60% sulle utenze domestiche.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato ad un motivo. Il Comune di Tarquinia si è costituito in giudizio con controricorso illustrato con memoria.
3. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’art. 49 del decreto legislativo 22/1997 ed in relazione al d.p.r. 20 numero 158/1999. Sostiene che la delibera adottata dal Comune di Tarquinia, in applicazione della quale era stato emesso l’avviso di liquidazione impugnato, è illegittima in quanto ha previsto l’addebito a carico delle utenze non domestiche di costi ad esse non imputabili. In particolare essa prevede l’addebito del 40% del costo del servizio alle utenze non domestiche laddove, invece, nel comune di Tarquinia la percentuale delle utenze domestiche è pari al 93,047%, a fronte di utenze non domestiche pari al 6,953%, percentuali lontane dal rapporto 60%/40% determinato dal Comune. Conseguentemente la delibera con cui il Comune di Tarquinia ha determinato la ripartizione tra utenze domestiche e non domestiche è da ritenersi illegittima ed un tanto è confermato dal fatto che il tribunale amministrativo regionale, adito dalla contribuente, ha annullato detta delibera sul rilievo che non appariva giustificata, nel calcolo tariffario, l’imputazione alle utenze non domestiche del costo pari al 40% della produzione complessiva di rifiuti del territorio di Tarquinia e sul rilievo che nel Comune stesso erano in vigore coefficienti utilizzati nel regime della Tarsu i quali, però, conducevano all’attribuzione della tassa alle utenze non domestiche nella misura del 30,32% del totale, sicché la percentuale di riparto indicata dal Comune nella misura del 40% non corrispondeva all’aliquota effettiva e non appariva nemmeno sorretta da sufficiente ed adeguata motivazione.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Preliminarmente osserva la Corte che l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto del requisito della sommaria esposizione dei fatti è infondata. Invero la errata indicazione del numero della sentenza impugnata ed il riferimento al nome di altra persona, indicata in C.F. in luogo della odierna ricorrente, appare essere frutto di un mero refuso che non è di ostacolo alla comprensione del fatto e dei motivi di doglianza.
2. Il motivo di ricorso è infondato. La contribuente assume la illegittimità della delibera comunale, in applicazione della quale è stato emesso l’avviso di liquidazione impugnato, e ne chiede la disapplicazione a norma dell’art. 7, comma 5, del d. Ivo 546/92, che costituisce espressione del principio generale dell’ordinamento, contenuto nell’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, dell’applicazione degli atti amministrativi costituenti il presupposto per l’imposizione solo se legittimi. Occorre, dunque, accertare incidentalmente se la delibera adottata dal Comune di Tarquinia, con cui è stata prevista l’imputazione alle utenze non domestiche del costo pari al 40% della produzione complessiva di rifiuti, sia viziata sotto il profilo dell’eccesso di potere o della violazione di legge.
L’art. 49, comma 4, del d. Ivo 22/1997 prevede: ” La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio”. Il successivo comma 10 prevede: ” Nella modulazione della tariffa sono assicurate agevolazioni per le utenze domestiche e per la raccolta differenziata delle frazioni umide e della altre frazioni, ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio che resta a carico dei produttori e degli utilizzatori. E’ altresì assicurata la gradualità degli adeguamenti derivanti dalla applicazione del presente decreto”. Il d.p.r. 27 aprile 1999, n. 158 (Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione dei ciclo dei rifiuti urbani ), art. 2, prevede: ” La tariffa di riferimento rappresenta l’insieme dei criteri e delle condizioni che devono essere rispettati per la determinazione della tariffa da parte degli enti locali. La tariffa di riferimento a regime deve coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani e deve rispettare la equivalenza di cui al punto 1 dell’allegato 1″.
L’art. 4 prevede: “La tariffa, determinata ai sensi dell’articolo 3, è articolata nelle fasce di utenza domestica e non domestica. L’ente locale ripartisce tra le categorie di utenza domestica e non domestica l’insieme dei costi da coprire attraverso la tariffa secondo criteri razionali, assicurando l’agevolazione per l’utenza domestica di cui all’articolo 49, comma 10, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22” Ciò premesso, la delibera comunale di cui si tratta che, a fronte della produzione da parte delle utenze non domestiche del 30,32% del totale dei rifiuti, ha addebitato alle utenze stesse il 40% del costo del servizio di smaltimento, non pare viziata né sotto il profilo dell’eccesso di potere né sotto quello della violazione di legge. Invero l’eccesso di potere si configura ogni qual volta l’autorità amministrativa persegue un fine diverso da quello per il quale le è stato riconosciuto dall’ordinamento il potere di emanare l’atto; oppure ogni qual volta siano presenti le cosiddette figure sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza: il travisamento o l’erronea valutazione dei fatti, l’illogicità o contraddittorietà dell’atto, la motivazione insufficiente o incongrua, la contraddittorietà tra più atti, l’ingiustizia manifesta. Ritiene questa Corte che la ricorrente erri nel far derivare l’illegittimità della delibera dalla sua illogicità o da violazione di norme di legge in quanto il Comune, nel prevedere l’addebito del 40% del costo del servizio alle utenze non domestiche a fronte della produzione del 30,32% della produzione totale dei rifiuti, ha perseguito il fine di favorire le utenze domestiche sgravando le stesse di parte del costo sostenuto per lo smaltimento dei rifiuti che esse producono. L’agevolazione delle utenze domestiche, invero, è prevista dall’art. 49, comma 10, del d. Ivo n. 22 del 1997 e dall’art. 4 del d.p.r. 27 aprile 1999, n. 158 e la realizzazione di tale fine non può che avvenire mediante il porre a carico delle utenze non domestiche i costi non addebitati a quelle domestiche, posto che la legislazione prevede che la tariffa di riferimento a regime debba coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani.
Non assume rilievo, allo stato, il fatto che il Tribunale Amministrativo Regionale abbia annullato la delibera di che trattasi ritenendola illegittima, posto che la sentenza non è definitiva. Neppure rilevano, ai fini di sostenere l’illogicità o l’ingiustizia manifesta della delibera, i dati esposti dalla ricorrente nel ricorso afferenti le superfici, le utenze ed il numero di persone per ciascuna utenza, dovendosi considerare rilevante il solo dato della produzione dei rifiuti da parte delle utenze non domestiche che, secondo quanto dichiarato dal Comune, senza che la contribuente abbia addotto argomenti a sostegno della non attendibilità del dato stesso, si attesta nel 30,22%.
3. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al Comune di Tarquinia le spese processuali che liquida in euro 3.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.
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