CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10221 depositata il 18 maggio 2016
IMPOSTA DI SUCCESSIONE – AVVISO DI LIQUIDAZIONE – MOTIVAZIONE E PROVA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’agenzia delle entrate propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 63/14/10 del 16 febbraio 2010 con la quale la commissione tributaria regionale di Roma, in riforma della prima decisione, ha ravvisato l’illegittimità per difetto di motivazione e, comunque, per eccessività di valutazione, dell’avviso di rettifica e liquidazione notificato a D.B.V. (in qualità di tutore di D.F.G.) per imposta di successione 2001; ciò, con specifico riguardo al maggior valore venale (Euro 868.374,02) dall’ufficio attribuito a tre terreni appresi pro quota all’asse ereditario, con valore dichiarato di Euro 486.381,81.
Resiste il D.B. con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo ed il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, e art. 52, commi 2 e 2 bis; nonchè insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Ciò, per avere la commissione tributaria regionale ritenuto carente di motivazione l’avviso di rettifica in oggetto, nonostante che esso facesse riferimento al metodo sintetico- comparativo utilizzato per la stima, facendo altresì richiamo alla nota dell’agenzia del territorio n. 26330 del 7 marzo 2006 (allegata) contenente precisa menzione di diversi atti di trasferimento relativi ad immobili analoghi.
1.2 I due motivi, suscettibili di trattazione unitaria, sono fondati.
In base alla previsione generale di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7 l’atto dell’amministrazione finanziaria deve essere motivato alla stregua dei provvedimenti amministrativi, L. n. 241 del 1990, ex art. 3 indicando “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione”.
Per quanto concerne, in particolare, l’imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2 stabilisce che l’avviso di rettifica e di liquidazione deve contenere, oltre all’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti presi in considerazione, nonchè delle aliquote applicate nel calcolo della maggiore imposta, anche l’indicazione “degli elementi di cui all’art. 51 in base ai quali (il valore attribuito) è stato determinato”. A sua volta, l’art. 51, commi 2 e 3 stabilisce che per gli atti che hanno ad oggetto beni immobili, diritti reali immobiliari ed aziende, per valore si intende il valore venale in comune commercio; che l’ufficio determina avendo riguardo ai trasferimenti, divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto, relativi all’immobile oggetto di accertamento o ad immobili simili; ovvero al reddito netto capitalizzato producibile dall’immobile, nonchè ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni.
Ancora, l’art. 52 cit., comma 2 bis (introdotto dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 4), stabilisce anch’esso – a pena di nullità – che l’atto debba indicare “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato”; aggiungendosi che se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.
Sulla scorta di questo disposto normativo, la giurisprudenza di legittimità si è attestata nell’affermare, anche con specifico riguardo all’imposta di registro, che “l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum”, ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere” (Cass. n. 25559 del 03/12/2014; Cass. n. 4289/15); aggiungendosi che il parametro di sufficienza e satisfattività dell’obbligo di motivazione dell’atto deve essere vagliato nell’ottica del concreto esercizio del diritto di difesa del contribuente, atteso che: “in materia tributaria, l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa, in modo da poter valutare sia l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale sia, in caso positivo, di contestare efficacemente man” ed il “quantum debeatur””; sicchè tali elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato “non solo tempestivamente, tramite l’inserimento “ab origine” nel provvedimento, ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità idonei a consentire un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (Cass. n. 7056/14, così Cass 16836/14 ed altre).
Si è inoltre osservato che la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la “funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio dell’eventuale fase contenziosa successiva, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa”, sicchè è necessario e sufficiente che tale motivazione enunci quantomeno i criteri astratti adottati nella determinazione del maggior valore, ancorchè non vengano esplicitati gli elementi di fatto utilizzati nella loro applicazione; posto che il contribuente “conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale” (Cass.25153/13, in materia di valutazione aziendale).
Si è poi posto opportunamente in luce che, una volta assolto dall’ufficio l’obbligo di enunciare i presupposti valutativi adottati e le relative risultanze, esula dal tema della motivazione – per attingere a quello, tutt’affatto diverso, della prova della pretesa tributaria – ogni questione sulla idoneità in concreto del criterio applicato in sede di rettifica (Cass. 9810/14).
Svolta questa premessa di ordine generale, va osservato come l’avviso di rettifica e liquidazione in oggetto (riportato in ricorso) risponda appieno ai parametri di motivazione imposti dalla legge, come su delineati; e ciò con riguardo sia ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche dell’imposizione, sia alla indicazione di tutti gli elementi costitutivi della pretesa volti a porre il contribuente in condizione di adeguatamente difendersi, anche in sede contenziosa.
L’avviso In oggetto, Infatti, richiama l’allegata nota dell’agenzia del territorio prot. n. 26230/05, recante a sua volta un elenco dettagliato e specifico degli elementi di confronto utilizzati dall’ufficio a sostegno dell’adozione del metodo sintetico- comparativo di stima; insiti in molteplici e convergenti stime di terreni similari dedotti in atti risalenti ad epoca sostanzialmente coeva alla data di apertura della successione in questione.
Non trova dunque alcun riscontro obiettivo quanto sostenuto dalla commissione tributaria regionale in ordine alla carenza motivazionale dell’avviso; dando quest’ultimo sufficiente contezza non soltanto del metodo adottato, ma anche dei parametri quantitativi comparativamente utilizzati dall’ufficio per la rettifica di valore.
Sicchè ricorrono entrambi i vizi qui lamentati.
2.1 Con il terzo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4; per avere la commissione tributaria regionale ritenuto agricoli i terreni in oggetto sulla base della sola classificazione catastale, e senza considerare la loro edificabilità, in quanto inseriti in zona (OMISSIS) del PRG del comune di (OMISSIS), con indice di edificabilità fondiaria di 2,00 mc/mq.
2.2 Anche questa censura – mirata a sovvertire una autonoma ratio decidendi, basata sulla vincolatività nella specie del calcolo automatico su rendita catastale deve trovare accoglimento; posto che la preclusione alla rettifica di valore non riguarda, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 52, comma 4 i “terreni peri quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria”. Si tratta di previsione che va riguardata altresì alla luce dell’intervento normativo attuato con il D.L. n. 223 del 2006, convertito nella L. n. 248 del 2006 (art. 36), che – ai fini dell’applicazione della disciplina contenuta in varie fonti regolatrici della materia tributaria – ha introdotto (con norma interpretativa avente efficacia retroattiva) una nuova nozione legale di area edificabile; nel senso che “un’area è da considerare edificabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo” (Cass. Sez. Un. n. 25505/2006 e n. 25506/2006).
Ora, nel caso di specie la rettifica di valore doveva dunque ritenersi ammissibile, posto che l’inserimento dei terreni caduti in successione in zone urbanistiche di PRG dotate di indici di edificabilità fondiaria risultava dalla nota dell’agenzia del territorio già posta a fondamento dell’avviso contestato.
3.1 Con il quarto motivo di ricorso si lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla valutazione dalla commissione tributaria regionale, secondo cui il valore rettificato dall’ufficio doveva comunque ritenersi eccessivo, trattandosi asseritamente di terreni decentrati, privi di servizi ed acquisiti jure successionis per metà dal contribuente (che già li possedeva per la restante metà).
3.2 Pure questa doglianza, volta anch’essa a caducare un’ulteriore ratio decidendi autonomamente adottata dalla CTR con riferimento al merito della stima, deve trovare accoglimento.
Va premesso che l’agenzia delle entrate non chiede di rivedere la valutazione fattuale operata dal giudice territoriale (il che sarebbe, nella presente sede di legittimità, effettivamente inammissibile), bensì di cogliere un vizio di ordine logico, insito nella motivazione con la quale la commissione regionale ha ritenuto congruo il valore dichiarato dal contribuente in ragione del fatto che quest’ultimo era già proprietario della metà dei beni, limitandosi – con la successione – ad acquisire porzioni residue che, in quanto tali, dovevano ritenersi “di scarsissimo pregio e valore commerciale”. Là dove – e qui è in effetti riscontrabile il vizio logico lamentato questo stesso elemento fattuale (acquisizione jure successionis della metà residua dei terreni) doveva sì rilevare ma, sulla base di un ragionamento di notorietà, in senso esattamente opposto a quello adottato dalla sentenza impugnata. Vale a dire, nel senso dell’incremento di valore (non già del suo deprezzamento) arrecato dall’accorpamento ed integrazione, per effetto della successione ereditaria, della piena proprietà.
Ed era su tale presupposto che il giudice di merito doveva poi procedere nell’osservanza dell’onere motivazionale posto a suo carico – a valutare la congruità del maggior valore accertato, in maniera non apodittica, ma con riguardo ai parametri (ubicazione, servizi, edificabilità, atti similari ecc…) concretamente risultanti dall’avviso di accertamento e dall’allegata nota tecnica.
La sentenza va dunque cassata, con rinvio ad altra sezione della commissione tributaria regionale di Roma, la quale provvederà ad una nuova valutazione di merito tenendo conto dei principi testè indicati.
P.Q.M.
LA CORTE – cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale di Roma.
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